Ci pensavo l’altro giorno: mi sento fortunata a sapere quale possa essere il sapore di un bacio – anche se non ancora dato – e so quale sia il profumo capace di avvolgere quando ci si stringe in un abbraccio. Anche in questo caso potrebbe essere non ancora dato ma lo so immaginare. Immaginare, per me, equivale a creare e, benché mi renda conto di quanto possa essere pericoloso, è un potere importante, fondamentale, vitale e al quale non riesco a rinunciare. L’abbiamo sentito tutti: ci hanno chiesto di limitarci nel contatto per le prossime feste. Questo, lo dico subito, non è un post polemico contro questa richiesta. È un post che scrivo per dire, in primis a me stessa, quanto io sia fortunata.
Niente baci e niente abbracci

Questo doveva essere il titolo che volevo dare a questo post ma poi l’ho cambiato. Nel cercare un’immagine che facesse da copertina al post, ho pensato subito a quella foto che vedere ora e che io ho scattato un paio di anni fa a St. Pancras, a Londra. Ho sempre adorato le stazioni, gli aeroporti, i porti e anche i caselli delle autostrade. Ho sempre amato – e amo – quei posti in cui la gente può darsi appuntamento e può incontrarsi. Quante volte, nella mia vita, l’ho fatto: saluto qualcuno in aeroporto e lo ritrovo in stazione. E così via, ad libitum e con mille variazioni. I non-luoghi sono spesso i migliori posti per incontrarsi perché sostituiamo la loro mancanza di identità con la nostra emozione di quel momento. Li riempiamo quali fossero caraffe da cui bere qualcosa che potrebbe avere 7 gusti più uno, come le caramelle di Harry Potter. Niente baci e niente abbracci per Natale, ha detto Conte. Niente affettività da febbraio 2020, con poche rare e pochissime eccezioni. Giorni fa ne parlavo mentre mi trovo qui, nel magico mondo della Fortezza in Umbria, e mi dicevo quanto io mi senta fortunata a non essere un’adolescente, ma nemmeno una ventenne, in questo tempo di pandemia.
Sai la Madeleine di Proust?

Quando si parla di qualcosa capace di portarci via ancora di più di un tappeto volante o del TARDIS del Doctor Who, la prima cosa che mi viene in mente è il famoso paragone – ormai abusato (anche da me, perdonatemi) – della madeleine di Proust. Ne parlavo già durante il primo lockdown, raccontandovi dei cibi di cui avevo una grande nostalgia. Ora mi chiedo che cosa possa restare a chi non ha nemmeno ancora costruito la propria affettività, il proprio modo di amare, di entrare in contatto, di provare piacere, di volere bene. E di nuovo mi dico che sono fortunata ad avere 42 anni,ora. E sono fortunata ad avere amato, sofferto, vissuto, baciato, toccato e chissà quante altre cose. Tutte quelle azioni, in me, sono presenti e mi basta chiudere gli occhi per risentire la sensazione che mi hanno regalato. E, di nuovo, ho il potere di immaginare.
Immagina che…

Immaginare, dicevamo. Potere grande, potere puro, potere che sa curare l’anima soprattutto quando l’immaginazione è condivisa. Immaginare è nutrimento, immaginare è incontrarsi, legarsi, scoprirsi, parlarsi. Qualsiasi sia la situazione, qualsiasi sia ciò che vogliamo. Provate a immaginare, giocate a immaginare. Sedetevi in un posto dove state bene, chiudete gli occhi e provate a fare il gioco che segue:
- Immaginate il profumo della casa dei vostri nonni, magari di domenica, con le lasagne in forno.
- Immagina il profumo di un bosco, scegliete voi dove collocarlo: il mio ha due profumi. Il primo è della terra umida sotto le latifoglie e poi mi sposto al profumo di resina delle conifere.
- Immaginate il sapore di un bacio, del bacio più bello… che probabilmente è quello che non avete ancora dato e che prima o poi darete. Un po’ come già scriveva Nazim Hikmet. Ora è solo vostro, nella vostra immaginazione e potete metterci dentro il sapore che volete.
- Immaginate il profumo di un abbraccio, che probabilmente è uno di quelli che vi manca di più. O di quelli lunghi, dati dopo anni e anni… e che non finiscono mai.
- Immaginate il tremore spontaneo dato da una carezza che tocca appena la vostra pelle. Chi ve la sta facendo? Probabilmente la cosa più difficile è proprio rispondere a questa domanda.
- Immaginate il vostro sorriso nel giorno più felice della vostra vita: sceglietene uno e scattate una foto dentro la vostra testa. [Io sono fortunata anche in questo: ho una foto reale di quel giorno]
Ci mancheremo ancora tanto, un po’ tutti, un po’ in tanti modi. Ma è lì, nell’immaginazione, che ci incontreremo… nel mezzo dell’unica festa che non può mai finire. E questa, permettetemelo, è una citazione della citazione dell’originale. Come se fosse una sorta di catena. E solo scriverla mi rende felice.
PS: riprendo a scrivere Amore e Pandemia, che dite!?
La foto senza caption è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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