Eccolo qui: il magone. Lo sapete che sono soggetta spesso a magone e mi viene da dirvi e dirmi di mettercela via perché è così ora, è stato così e così sarà in futuro. Il magone è qui, nella mia anima e nel mio cuore. Come accade per Manchester e Tenerife (anche ieri ho citato i miei amori. Perdonatemi), parto perché so che tornerò. Se non fosse così, sarei disperata. Davvero. Disperata perché oggi c’è anche un po’ di timore dentro il mio cuore. Quel timore di aver avuto l’impressione giusta al momento giusto. Quel timore che ti fa dire “cazzo, e adesso?“. Quel timore che ti fa dire this must be the place. Avevo già parlato dell’Umbria in termini di casa. Perché, come dico sempre, quando sei felice… facci caso. E la Giada risponde “quando sei felice, facci casa“. Aiuto.
Una, mille, centomila certezze

Passiamo la vita in cerca di certezze: l’uomo giusto, il momento giusto, il vestito giusto, la casa giusta. E quando ci arriviamo? Non siamo mai sicuri che quelle siano le cose giuste per noi perché – udite udite – il “giusto” probabilmente non esiste. Mi spiego meglio: non esiste un solo giusto perché non siamo mai sempre gli stessi. Gli eventi, ciò che viviamo, i viaggi che facciamo, i libri che leggiamo, le persone che incontriamo, amiamo o non sopportiamo ci cambiano. Volente o nolente è così e riconoscerlo è la prima mossa utile per vivere meglio. Detto ciò, mi sono chiesta più volte (e continuerò a farlo) quale fosse e dove fosse il mio posto nel mondo. E qui, signori miei, io inizio a tremare.
Quel rumore…

Le sensazioni, come le parole, sono importanti. Ci sono delle sensazioni che, spesso, ci confondono e – ve lo dico – io sono la regina della confusione in quell’ambito. Poi ci sono delle sensazioni diverse: quelle sì che sono certezze. Altro che “quello giusto“! Le sensazioni diverse sono quelle che ti trapanano l’anima silenziosamente, tranne quando arrivano a toccare i mattoni forati del cuore e lì fanno un “toc” sordo e deciso. Fanno quel rumore per farsi notare e per scuoterti come se fossi un ulivo dal quale tirare giù i frutti maturi. Quelle sensazioni sono sempre state potenti per me e, malgrado provassi, non riuscivo a non ascoltarle. E allora ecco il timore, ecco l’inquietudine. Ecco quella sensazione che ti fa chiedere se sia meglio ubbidire o no.
Sono le sensazioni a scegliere

Quali sono quelle sensanzioni? Aiuto, Giovy, respira. Respira con la pancia. Rilassati da dentro. Fai una lista. Rileggiti e respira. Rileggiti e pensa a come ti sentivi in quel momento.
- C’è stata quella volta che ti sei detta “ora è il tempo dell’università“. E hai fatto bene.
- C’è stata quella volta che sei andata a vivere da sola, all’estero. E ci hai messo due minuti a decidere. E hai fatto bene.
- C’è stata quella volta che hai preso la macchina e ti sei fatta ore di strada per inseguire il cuore. Al di là di come sia andata, hai fatto bene.
- C’è stata quella volta che hai deciso che la tua Super Yaris dovesse andare in pensione. Hai pianto, hai combattuto contro quella sensazione. Ma poi l’hai ascoltata. E hai fatto bene.
- C’è stata quella volta… ops tutte quelle volte in cui hai prenotato un volo, sei partita. E hai fatto bene. Soprattutto quando prenotavi il volo per tornare in quei luoghi quando ancora dovevi lasciarli.
- Ci sono stati milioni di baci e abbracci dati perché te lo sentivi. A prescindere da quello che poi sia o non sia stato. E quindi? Hai fatto bene.
- C’è stata quella volta che sei uscita di casa, in 10 minuti, hai comprato il divano blu che usi ancora oggi. E hai fatto bene.
Ce ne sono state tante di sensazioni, occasioni colte, vite vissute. E ora?
This must be the place
Qui, mia gente, sono felice. Qui sono io. Guardo le colline e mi sembra di conoscerle da tempo. Guardo il cielo e sembra essere il mio cielo. E gli alberi mi parlano. Mi parlano tanto. This must be the place perché quando sei felice facci caso e facci casa. Lo sapete chi l’ha detto, in origine “Quando siete felici, fateci caso”? La frase è di Kurt Vonnegut, un grande autore conosciuto soprattutto per un libro chiamato Mattatoio 5 e che racconta del bombardamento di Dresda. Quella frase, al plurale, è sua e io l’ho solo presa in prestito e l’ho fatta mia. Ora come ora, sono in una fase della mia vita in cui non ho un posto, ma una casa da lasciare tra qualche mese. Non ho un compagno, ma un cuore che batte per la vita e che ha voglia di cose belle. Non ho una famiglia vicina, perché noi Bedflowers siamo tutti sparsi per il mondo. Non ho le mie persone vicine, perché loro sono In der Ferne, come vi raccontavo. I only own my mind, I am mine. Non a caso ho questa frase tatuata sul braccio sinistro da un mese a questa parte. Quando la guarderò, magari a 80 e passa anni, ripenserò a questo momento della mia vita e, come per magia, probabilmente sarò ancora in un altro posto. Dentro di me mi diro “ti ricordi, Giovy, quella volta in cui hai pensato di trasferirti in Umbria?“. Ecco, this is it This must be the place.
[Non ho ancora deciso, ma la spinta è quella. Vi terrò al corrente]
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