
Questa non è un’altra puntata di Amore e Pandemia. Questa sono io, piena di nostalgia fino al midollo, nostalgia per alcuni sapori che hanno sempre fatto parte dei miei viaggi e che ora, ahimé, non gusto da tanto. Non vivo in una città cosmopolita… altrimenti avrei già rimediato. Quello che posso fare, nell’attesa di tornare a viaggiare, è ricreare quei sapori in casa è, visto che mi riesce bene (almeno credo), raccontarvi di quei sapori che ho conosciuto nel mondo e che ho portato nel mio personale microcosmo fatto di emozioni e viaggi da ricordare. Oggi vi porto alla scoperta di quel cibo di cui ho nostalgia.
Come la madeleine di Proust, cibo per l’anima

Dai, diciamo la verità: ci siamo passati tutti per “un momento alla Proust“ assaggiando qualcosa che ha fatto parte della nostra vita e che ci ricorda momenti felici. Visto che siamo in “scripta veritas“, andiamo avanti con le confessioni: avete mai mangiato una madeleine? Io sì. Me le comprava la mia nonna, come le caramelle che io chiamavo “fruttini” e i Kinder Delice che trovavo sempre nella sua dispensa. La madeleine non è un dolce che appartiene molto alla tradizione italiana ma potrebbe, senza problemi. A me ricorda certe merende, proprio con il tè come faceva Proust. A proposito di Proust, cosa diceva davvero?
Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva ? Che senso aveva ? Dove fermarla ?
Marcel Proust – Dalla parte di Swann – Alla ricerca del tempo perduto
Dopo aver ripassato un po’ di sana letteratura francese – detto tra noi, Proust andrebbe letto e riletto almeno una volta l’anno dall’adolescenza all’eternità – è ora di fare un viaggio dentro la mia personale nostalgia gastronomica, alla scoperta di quel cibo che mi manca tanto.
Caffè e brioche al bar
Lo so: i bar sono aperti ma non ho l’abitudine di andarci. E, allora, perché metti nel cibo di cui hai nostalgia caffé e brioche, direte voi? Perché mi mancano certi caffé e certe brioche. Mi mancano quelle prese al mattino, a Tenerife, con mio padre. È come se fosse una sorta di rito che viviamo assieme, un’abitudine padre-figlia che non pensavo avremmo mai preso. Ma è così. Mi mancano i caffé e le brioche gustate in piedi, in aeroporto, con la valigia ben salda ai miei piedi e la borsa piena di cose, passaporto compreso. Io adoro le brioche con la marmellata di albicocche ma, in certe occasioni, prediligo la crema. Le brioche del bar – visto che questo post è ispirato a Proust – mi fanno ricordare quando ero piccola e andavo in campeggio con i miei. Un ricordo indelebile e che sa proprio di estate.
Pane e burro salato, come in Nord Europa

Pane e burro, o meglio… pane e burro salato. Come “costuma” in nord Europa. Mia nonna avrebbe detto così. Alzi la mano chi, da piccolo, faceva merenda con pane, burro e zucchero? Mia nonna – sempre lei – me lo preparava ogni tanto e io mi impiastricciavo tutte le mani ogni volta. Ma il gusto di quella merenda è indimenticabile. Da adulta, ho iniziato a subire il fascino del burro salato, tanto caro a certi posti in nord Europa e in luoghi come la Gran Bretagna e l’Irlanda. Una mia passione? Mangiarlo col pane a colazione. Lo so che lo vendono anche in Italia ma non lo compro perché altrimenti la mia nostalgia (e il colesterolo) non avrebbe mai fine. Mi piace immaginarmi sulla terrazza del Ribersborgs Kallbadhus di Malmö, mentre guardo il ponte di Øresund e lascio che il vento del Baltico mi avvolga.
Fish & Chips e Malt Vinegar
Fish & chips come se non ci fosse un domani. Quando entro in un chippy – a prescindere da dove sono in quel momento – la scena è sempre quella “Fish & Chips supper without peas“. Chi sta al di là della friggitrice mi guarda e mi fa due domande. La prima è “cod or haddock?”. La seconda è sempre “salt and vinegar?”. Le mie risposte sono sempre cod e yes. Il fish & chips per me è una sorta di rito che identifica ogni viaggio verso Gran Bretagna e Irlanda. Anche certi territori lontani si difendono bene: la British Columbia, in Canada, è rimasta British dal punto di vista del cibo dato che il fish & chips è piatto nazionale (assaggiatelo al mercato di Granville Island a Vancouver). A Seattle, poi, è proprio di casa: osservate il menù di un luogo storico come Ivar’s. Mi manca la senzazione di entrare in chippy mentre fuori piove e mentre mi chiedo “mangio qui o vado fuori?“. Mi manca il croc che fa il pesce al primo morso. Mi manca quel “ma come… è già finito” quando il piatto resta vuoto.
Ravioli cinesi come se non ci fosse un domani. E anche noodle
Amo i ravioli cinesi come poco altro cibo al mondo. Amo i ravioli cinesi perché, lo sappiamo tutti, li possiamo trovare praticamente ovunque. Amo i ravioli cinesi perché, assieme a noodle, sono il mio cibo salvezza quando sono in giro per il mondo. Amo i ravioli cinesi perché, quando sono andata in Cina per la prima volta, mi hanno fatto capire quando il cibo cinese sappia essere diverso da come lo conosciamo in Italia. Ed è delizioso. Ancora ricordo i ravioli della Signora Ping a Seattle e la sua maestria nel chiuderli. Nella mia mente, ve l’ho già raccontato, avevo voglia di mettere un po’ di Asia in questo 2020 ma, per forza di cose, non sarà così. Oso iniziare già a pensare al 2021?
Le uova alla benedict
Torno a parlare di cibo da gustare colazione: io sono una grande sostenitrice della full breakfast quando sono in giro per la Gran Bretagna, a costo di saltare il pranzo per smaltirla. Anni fa, una persona mi disse che cucinare qualcosa di caldo a colazione è un gesto d’amore verso chi si siede a tavola. Se ci pensiamo bene, noi italiani abbiamo spesso un modo sbrigativo di fare colazione e, lo sappiamo, iniziare la mattina in modo più calmo, tranquillo e condiviso sarebbe sicuramente meglio. Le uova alla benedict, per me, sono l’espressione massima dell’amore che si può trasmettere a colazione, anche e soprattutto se preparate da uno sconosciuto in una caffetteria. È un modo per amare i propri clienti e il proprio lavoro. Ripenso alla caffeteria del Jewellery Quarter di Birmingham e torno là con la mente.
Gnocchi con la fioretta, gusto di casa mia
Prima o poi vi racconterò del miglior posto al mondo, sempre secondo la mia modesta opinione, dove mangiare gli gnocchi con la fioretta. Vi ho già parlato di questa delizia dell’Alto Vicentino un sacco di tempo fa. Sono gnocchi ma non sono di patate. Sono fatti con la fioretta, che è una parte del latte, impastata con la farina. Si condiscono con il burro fuso e sono un piatto tipico (e direi De.Co.) di Recoaro Terme, in provincia di Vicenza. Io sono stata cresciuta con il gusto degli gnocchi con la fioretta: me li faceva mia nonna ed erano parte di ogni menù quando, di domenica, ogni tanto si andava in trattoria con la mia famiglia. Per me sono sinonimo di casa. Per me sono parte della pasta di cui sono stata fatta. Casa mi manca, mi manca tantissimo. Potrei parlarvi anche di Maresina… ma la nostalgia arriverebbe sulla luna e poi tornerebbe indietro. Così, all’infinito.
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Conosco molto bene alcuni dei piatti che hai descritto; il tuo articolo mi ha fatto venire l’acquolina in bocca, ma non solo, anche una gran voglia di ricominciare a viaggiare!
Io ho davvero tanta nostalgia di quei piatti.
Il lock down ha creato una serie di nostalgici famelici. Anche a casa mia si è spesso parlato di quanto ci mancasse quel piatto o l’altro. Ho sentito il profumo e il retrogusto dei tuoi piatti, con grande godimento essendo a dieta ferrea in post quarantena, ma uno mi ha incuriosito perchè non lo conosco. Gli gnocchi! Devo assolutamente assaggiarli!
Gli gnocchi con la fioretta sono disponibili solo nell’Alto Vicentino. Fammi sapere se riesci ad andarci.
Spesso associo piatti e sapori ai viaggi fatti. Gustarli a casa per me è un po’ come rivivere con la mente i bei momenti passati, quindi in questo lockdown ho cucinato molti piatti etnici legati a mete visitate.
Io invece non mi ci sono proprio messa a cucinare questi piatti. Forse la nostalgia era davvero troppa.