
Il momento è arrivato: Yule è qui. Sono anni che, su questo blog, compare un post per questo momento dell’anno. Yule è davvero il giorno che io attendo e, stavolta, non mi dilungherò sul suo significato pagano, su quel ritorno della luce che tutti – anche senza saperlo – attendiamo. Sono tre Yule – tre con questo intendo – che sono più in aspettativa di altri anni. Carico questo momento dell’anno con tutto quello che desidero e voglio. Per la prima volta, però, lo faccio da un posto che sto imparando a fare mio. E questo non mi sembra poco.
Bilancio o non bilancio
Direi non-bilancio, perché mi piace passare in rassegna ciò che ho vissuto e ricordare praticamente ma non mi piace – e ve l’ho raccontato proprio un anno fa – pensare che il 31 dicembre finisca l’anno. Per me, è come se oggi fosse l’eterno inizio di qualcosa senza fine. Come un cerchio. Ogni punto è inizio e ogni punto è fine, a seconda di come la vediamo noi. Il fatto è questo: pensando a me, dovrei mettere nero su bianco le voci del mio non-bilancio. Ammettendo un tempo umano che va dal 1 gennaio 2022 a oggi, io segnerei:
- Un gennaio doloroso, con un trigemino che mi ha distrutta
- A febbraio sono tornata a Manchester con una felicità immonda nel cuore (basta guardare la foto qui sopra)
- Tornando da quel viaggio, era il 1 marzo, mi sono dilaniata le ginocchia. E il ginocchio sinistro si fa sentire ancora oggi.
- Aprile mi ha rivista on the road, con tanto di tutore per il ginocchio sempre con me.
- A maggio ho rivisto Tenerife, ho nuotato nell’Oceano spingendomi a fatica perché il ginocchio non andava.
- A giugno mi sono divisa tra casa, Charleroi e Salento. E poi ci sono stati i concerti.
- A luglio ero a Cambridge, nel caldo più caldo mai vissuto in Gran Bretagna. E poi ho rivisto la Fortezza.
- Ad agosto volevo andare in piscina ma ho lavorato come una matta e il matto principale è stato il mio destro.
- Settembre ha fatto rima con troppe medicine, dolore, mancanza di forza.
- Ottobre è stato il mese del trasloco, dell’addio ad Attiglio (oddio, piango solo a scriverla sta frase. Chissà come sta?)
- Novembre è stato il mese delle British Isles: Irlanda e tanta Gran Bretagna.
- Dicembre: eccolo qui, col maglione grosso e le calze di lana rosa. Comprate a Manchester, dove sono tornata.
Se guardo indietro al mio 2022 vedo un anno estremamente pesante ma potente, in positivo. Malgrado il dolore e malgrado la salute che ha vacillato davvero tanto. Ho affrontato quel momento – il trasloco – che tanto mi faceva paura. Amo cambiare e sono ben conscia di quanto cambiare faccia bene agli umani e io faccio parte dell’umanità. Avrei voluto solo un po’ più di cose facili. Tutto qua.
… and the living is easy

Già, le cose facili. Chi le conosce mai? Questa è una domanda che ci facciamo tutti, anche più volte nella nostra vita. Tantissime volte mi sono ritrovata a chiedere all’universo le cose facili. Almeno una cosa facile. Riflettendoci, poi, mi sono sempre resa conto di non riceverne – di cose facili, intendo – perché ne avevo già. E di belle anche. C’è la facilità dell’amare (e dell’amore) senza spine e di vedere dei giorni limpidi come un ruscello che si fa strada tra le rocce acquisendone la forza ma senza mai sporcarsi. C’è tutto quello che sento per le persone che mi sono amiche, per davvero. C’è la capacità di respirare a fondo, di sorridere, di aprire gli occhi al mattino, di guardarsi attorno e stupirsi. Ci sono le anime affini, quelle che prima o poi avresti dovuto per forza incontrare nella tua vita e ti chiedi quanto bello sia averne a fianco. Ecco che cosa è Yule, per me. Ogni minuto di luce in più, da domani, sarà la celebrazione di ogni cosa facile nella mia vita. Facile non vuol dire senza significato. Facile vuol dire che arriva, la vivi, la adori, la ami, la senti in te. Senza drammi.
Un mare verde che danzava
Era Pasqua di quest’anno ed ero in Fortezza Alta, in Umbria. Altra cosa facile della mia vita: ci siamo incontrate, capite, supportate e adorate come non mai. Io e la Fortezza, quel luogo, la sua gente, l’Asino Bernardo, la forza di tutto quel posto. Ero lì perché, per la prima volta, ho davvero condiviso quel pezzo della mia vita con qualcuno. Il giorno di Pasqua, imperava il vento: guardavo fuori dalla mia solita finestra, quella da cui fotografo tutte le mie albe umbre. Sotto quelle finestre, c’era un prato verdissimo: ero solita vederlo dopo la semina, di un marrone intenso. Oppure dopo la mietitura, di un giallo oro proprio potente. Quel giorno era verde, duttile e si lasciava toccare dal vento. Si muoveva come se danzasse e io ho capito di voler essere così: ferma ma duttile. E duttile non lo sono mai stata, almeno credo. Oggi voglio iniziare a celebrare Yule con l’immagine di quella danza speciale. E con la mia anima, là in mezzo, in balia del più bello dei venti, per lasciarmi portare verso tutti i nuovi inizi che mi attendono. Buon Yule a tutti voi!
Le foto senza caption sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata
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