365 giorni. 365 giorni di ritorno alla vita. Sociale, in primis. Maggio è uno di quei mesi ai quali farei più di un monumento – in positivo, si intende – e vorrei che anche quello del 2022 potesse meritarsi tanta bellezza, felicità e cose belle. Maggio è, per la terza volta consecutiva dalla pandemia, un mese di ripartenze, di apertura, di slancio verso tutto quello che ho sempre voluto. Nel 2019 portava il nome di Seattle, nel 2020 ha segnato la mia uscita di casa da febbraio dello stesso anno. Nel 2021 si è meritato la medaglia per il ritorno ufficiale della sottoscritta alla vita sociale, dopo oltre 4 mesi di totale assenza di persone attorno a me. Nel 2022? Staremo a vedere. Intanto ragiono un po’ su tutto.
Ciao Maggio
La prima cosa che è tornata, in questo maggio 2022 iniziato da pochissimo, è il fatto di non portare più i pantaloni lunghi. A breve passerò ai piedi in bella mostra. Ho inaugurato “le gambe al vento” proprio domenica, mostrando fieramente le mie ginocchia tumefatte e sempre segnate da quella botta disumana che ho preso a fine febbraio. Gambe al vento eternamente bianche, per la cronaca. Detto questo, sto pensando senza sosta a quel numero: 365 giorni. Non so quante volte mi sono messa a contare i giorni da quando è iniziata la pandemia: prima i giorni per riavere la speranza di uscire di casa. Poi i giorni tra una partenza e l’altra per l’Umbria. Poi i giorni per rivedere mio padre, quelli per poter uscire da comune e regione. Poi i giorni per i primi voli. Poi i giorni per tornare a Manchester. Dovrei segnarmi tutti questi giorni e giocarli. Il fatto è che, guardandoli, un messaggio c’è.
Numeri, ad libitum…

Non si tratta di cabala, né di numerologia o di chissà che strana teoria: quello che vedo, guardando tutti i conti dei giorni che ho fatto dal 24 febbraio 2020 (giorni di inizio della pandemia, per me) mi hanno fatto ragionare e mi fanno pensare allo scorrere del tempo. Inesorabile. Probabilmente l’unica cosa inesorabile della quale possiamo renderci conto in maniera certa, empirica, totale. Quante volte mi sono detta (e sono sicura di essere in buona compagnia) “cavolo, sto mese è volato” mettendo insieme questa frase a “caspita, ma quanto è stato pesante sto mese?”. Io lo dicevo proprio guardando ad aprile appena trascorso. Per tutto il tempo dall’inizio della pandemia, per me è stato così: giorni sfuggenti e giornate devastanti a ripetizione. Ad libitum, come si direbbe in latino.
Oltre quell’orizzonte che ho davanti

Mi rendo conto che, 365 giorni fa, proprio a inizio maggio, io guardavo di nuovo fuori dalla finestra per lasciare che il mio sguardo potesse andare oltre il Tiglio Attiglio. 365 giorni fa ricominciamo ad aprire la porta, uscire non solo per fare la spesa, a organizzare quello che volevo. Non scorderò mai più il primo pranzo fuori casa dopo praticamente un anno e mezzo di nulla: io, Elena, tante chiacchiere e quella sensazione di finitudine non appena sono tornata a casa. Ciò che era normale prima (ovvero un antipasto, un primo, tante chiacchiere e della semplice acqua naturale) si è trasformato in un momento di devastazione totale, tanto che mi misi quasi a dormire al ritorno da quel pranzo. Fu quello il momento in cui mi resi conto che la pandemia aveva avuto mille effetti su di me che non avevo considerato. Poi c’è stata l’attesa del vaccino, la prima serata all’aperto, ascoltando musica, con una birra in mano e gli amici attorno. Poi c’è stata l’attesa del vaccino. La domanda del giorno in questi giorni era “ma secondo te ce la facciamo a essere vaccinati prima dell’estate?“. Io continuavo ad avere poca fiducia nella programmazione dei vaccini ma, per fortuna, la vita mi ha smentita e non sono mai stata così felice di essere stata smentita spudoratamente. Sapete cosa c’è? La pandemia mi ha insegnato l’importanza di essere smentita, ancor prima di quella di avere un’immensa fiducia su tutto. Sono passati 365 giorni da quando, in Italia, si è iniziato a non aver più restrizioni dovute al colore della propria regione, 365 in cui – almeno per me e per le mie scelte di vita – nulla è stato più vietato come prima. Eppure mi sembra un giorno.
Un giorno, 800 o di più

Mi sembra un giorno perché la paura di tante cose è rimasta. Mi resta dentro l’incertezza di prenotare aerei e treni come se non ci fosse un domani. Come ho sempre fato. Mi resta nell’anima un bel mazzetto di punti di domanda che mi fanno sempre dubitare della possibilità reale che quello che sto organizzando accada davvero. Guardo i biglietti dei concerti che attendo da un sacco. Uno di quei biglietti potrebbe essere iscritto alla scuola materna ormai, per l’età che ha. Domani, 4 maggio, saranno esattamente 800 giorni dall’inizio della pandemia. Altro numero che non riuscirò a scordare. Oggi, però, voglio pensare a questi 365 giorni che hanno assunto i toni della libertà, dei tentativi (più ben riusciti che figli di quella paura che bloccava ogni iniziativa) di vita “come sempre, o quasi“. 365 giorni in cui non ho più detto “nel caso tolgano le restrizioni“. 365 che sembrano tanti ma che sono ancora pochissimi. C’è sempre un pizzico di paura che alberga in me e che non voglio più alimentare. Voglio guardare sempre ben oltre il Tiglio Attiglio e dire al mondo che, per davvero, ho imparato a vivere ogni giorno con un’intensità tale da non saperla definire. Peccato ci sia voluta una pandemia per capirlo.
Quanto ci ha segnat* questo periodo! Lentamente come una goccia d’acqua si è depositato in fondo alle nostre menti e un pezzettino di questi due anni resterà sempre con noi.
Io voglio pensare che ci aiuterà a non dare più per scontate certe cose, come un biglietto aereo, una prenotazione alberghiera, una partenza qualsiasi (anche per il paesino vicino casa per una scampagnata).
Sono appena tornata da 3 giorni a Londra, una cosa che avrei vissuto con molta più leggerezza, l’ho assaporata in ogni momento (file ai controlli di sicurezza comprese). Forse da giovedì ho davvero messo un punto a quello che c’è stato prima e aperto la porta a cose nuove e a un nuovo modo di affrontarle.
Che torni a me un po’ di leggerezza ma che mi resti lo sguardo di meraviglia.
Che tornino in tutti un po’ di leggerezza e spensieratezza. Torneranno, lo so.