Il Tiglio Attiglio è sempre lì che mi ricorda il tempo che passa. L’anno scorso ho scritto un post per salutare l’inverno e oggi sono qui a scrivere di primavera. Benedetta Primavera, al contrario di quello che cantava alla grande Loretta Goggi. L’ultima primavera vissuta in modo completo – stavo per scrivere degno ma non era l’aggettivo giusto – era stata quella del 2019. Tre mesi di viaggi e lavoro all’ennesima potenza. Olanda, Danimarca, Svezia, Tenerife, Vancouver, Seattle. Io che continuavo a fare e disfare lo zaino, metter su lavatrici, partire, tornare. E poi c’era il lavoro (o meglio, l’altra parte del lavoro anche non legata al viaggio), che mi teneva sveglia di notte da quanto era. Io non mi stancavo: mi ricaricavo come fossi stata la dinamo di una bici. Più giravo, più energia avevo. Poi ci sono state due primavere in cui mi sono sentita come Rapunzel sulla torre. Mi ero ripromessa che, condizioni mondiali permettendo, questa primavera sarebbe stata diversa.
Cosa mi mancava della primavera in giro
Cosa mi mancava della primavera in giro? Il fare le foto con un panorama ancora molto verde, pieno di fiori. Mi mancava lo svegliarmi al mattino col freddo, il partire per le mie esplorazioni con la giacca e poi – inesorabilmente – toglierla. Mi mancavano da matti le lentiggini che spuntavano sul volto, le punte dei miei capelli che iniziavano a imbiondirsi da sole. Mi mancavano anche quelle sere in cui sentivo un po’ la gola secca perché me n’ero stata fuori per ore, senza rendermi conto che l’aria era ancora fredda. Mi mancavano i primi panini mangiati seduti su qualche panchina o scala, lasciandomi scaldare dal sole. Quel sole che solo tra Aprile e Maggio va d’accordo con la mia pelle. Poi diventa troppo. Proprio giorni fa, mentre ero seduta fuori dal Palazzo dei Papi a Viterbo (di cui scriverò nelle prossime settimane) e mi sono resa conto di essere tornata a fare proprio alcune delle cose che ho elencato a inizio di questo paragrafo. Quando questa stagione è iniziata, mi sono ripromessa di viverla un bel po’ in esterno, perché non ne potevo più di primavere passate indoor. Vi ricordate le ultime due, vero? Una in lockdown totale, con quel silenzio rotto dalle ambulanze e da chi provava a cantare sul balcone. Quella successiva, invece, era tutto un “di che colore siamo questa settimana?” e poi “ma non posso ancora uscire dalla regione?” per finire a “ah è ancora tutto chiuso?”. Non mi serve chiudere gli occhi per rivedermi mentre, davanti alla mia agenda, sposto impegni a data da destinarsi. In poche parole, li cancellavo.
Nel mondo, del mondo, col mondo

Anche questa, volendo essere precisi, è una primavera di pandemia ma – grazie alla scienza – è diversa dalle altre. Dire il contrario equivarrebbe a essere ciechi. Nelle precedenti primavere, lo scorrere della stagione era segnata solo ed esclusivamente dalle mie api e dal mutare naturale del Tiglio Attiglio. Sarà anche per questo che gli voglio davvero molto bene e lo reputo uno dei miei elementi di salvezza totale. Chiamo Benedetta Primavera questa stagione perché, finalmente, mi ha riportato all’azione per la quale sono nata. Ci riflettevo l’altro giorno guardando uno di quei programmi svuota-mente che ogni tanto mi accompagnano in momenti in cui ho bisogno di totale leggerezza. Per molte persone, il normale scorrere della vita è studiare, lavorare, sposarsi, fare figli, diventare grandi così. Nulla di male, anzi. Ci sono anche degli altri corsi, degli altri sentieri altrettanto leciti. Il mio è stato viaggiare, studiare, lavorare-studiare, viaggiare, lavorare, vivere all’estero, imparare nuove lingue, studiare ancora, inventarmi un lavoro, viaggiare, scrivere. Così a ripetizione. Mentre tornavo dalla Tuscia, pensavo che la benedizione di questa primavera è l’essere ritornata a fare foto ai prati fioriti, agli alberi verdissimi ma con le foglie ancora piccole. È sicuramente chiedermi se oggi farà freddo o no o se potrò finalmente mettere i sandali. Magari con i pantaloni lunghi. La mia benedizione è essere tornata a raccogliere esperienza nel mondo, del mondo, col mondo.
Benedetta Primavera: il podcast

La primavera è anche starnuti per il polline, raffreddori che arrivano perché ti sei scoperta troppo presto. La primavera è tirare fuori le sciarpe leggere per poi buttarle dentro la borsa e tirarle fuori quando sono tutte spiegazzate. La primavera è la manifestazione di quella rinascita iniziata in inverno. È il rendersi conto che le giornate sono lunghe e no… sto giro non le sto vivendo sempre dentro a casa. È mangiare le fragole a morsi e lasciare che ti sporchino le labbra come il migliore dei rossetti da indossare sempre. È essere tu stessa una fragola che si fa mordere, per piacere, per gusto e non per fame. È viaggiare in cerca di fiori. Come vi racconto nel podcast.
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Tutte le foto senza caption sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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