Con tutto il mio scrivere di Umbria, non vi ho mai raccontato come sia iniziato il mio amore per questa regione italiana. In tempi come questi, in cui dalla pandemia si passa alla guerra senza aver fatto prima un respiro, credo sia doveroso mettere un po’ di sano amore per il mondo in quello che racconto ogni giorno. La sezione “quello che amo” di questo blog di viaggi è nata proprio quando il virus ci faceva vedere tutto brutto. Almeno a me. Continuo ora, con il cuore preoccupato – lo dico – ma con ancora la voglia di amare il mondo, il desiderio di viaggiare e la speranza di poterlo fare. Allora venite con me in Umbria: vi racconto quello che amo di Spoleto, perché è da lì che è nato tutto. Era il 2013, luglio.
Era il 2013, luglio, faceva caldo…
Se questo racconto fosse l’inizio di un romanzo, le prime parole che leggereste sono proprio quelle che danno il titolo a questo paragrafo. Era il 2013, era luglio, faceva caldo. Io arrivavo col mio zaino blu in spalla in quel di Spoleto, dopo un cambio di treno a Orte. Mi piacciono i cambi di treno in estate. Ti siedi all’ombra e aspetti: prima arriva il vento, poi il treno. Dopo il treno ho preso il bus e sono arrivata vicino al teatro romano di Spoleto. Volete sapere una cosa? Era la mia prima volta in Umbria. Avevo girato mezzo mondo ma in Umbria non ci ero mai stata. Dormivo in centro perché ero lì per un lavoro lungo sul Festival dei Due Mondi. Quella stanza dalle pareti azzurre con vista sui tetti è stata davvero la mia casa. Lì, giorno dopo giorno. ho conosciuto un gran bel pezzo di Umbria. Quando me ne sono andata, ho capito che forse avevo seminato un pezzo di cuore in quella terra. Così fu. Tornai e compresi di essere totalmente innamorata dell’Umbria. A partire da Spoleto. Il mio amore per Spoleto è fatto di tanti piccoli pezzi: eccoli.
Quello che amo di Spoleto: il Ponte delle Torri
Quando qualcuno mi chiede cosa vedere a Spoleto, io rispondo sempre di iniziare dal Ponte delle Torri e, magari, anche dalla Rocca Albornoziana. Lo skyline di Spoleto – se così lo posso definire – è nettamente disegnato da queste due opere. La Rocca è un’opera di ingegneria militare ed è stata costruita con fine difensivo ai tempi di Papa Innocenzo VI. Si chiama così perché il supervisore dei lavori era il Cardinale Albornoz, nome che sentirete ancora in giro per l’Umbria. Il Ponte delle Torri, invece, è nato per essere un acquedotto e ne ha tutta la parvenza. Serve, ancora oggi, per unire due versanti di una valle. La costruzione non riporta una data precisa ma si pensa sia lì dal XIV Secolo. Io lo trovo magnifico e vale davvero la pena di fermarsi a guardarlo. Attualmente non è percorribile. Io, con tutto il cuore, spero di poter camminare proprio su questo ponte e raggiungere il lato opposto. Il Ponte delle Torri stupì anche Goethe durante il suo Grand Tour in Italia: l’Umbria era una delle tappe più gettonate.
Quello che amo di Spoleto: l’antichità romana
Spoleto è entrata di diritto nel post in cui ho descritto l’itinerario da fare in Umbria, seguendo l’antica Via Flaminia. Spoleto, infatti, divenne colonia romana nel 241 a.C e sono rimaste varie tracce dell’antichità romana in città. Una delle più evidenti è costituita dall’Arco di Druso, ben visibile in centro. Poco distante, poi, si trovano i resti di una casa romana proprio da vedere. A fare da chiusura a tutto, c’è il teatro romano che, in estate, viene usato come location per concerti e rappresentazioni varie.
Quello che amo di Spoleto: l’acqua
Una delle cose che dico spesso quando sono in giro – non importa dove – è che un luogo può definirsi civile quando offre dell’acqua pubblica a chi lo visita. Che cosa volete farci? Sono fatta così: viaggio con la borraccia e adoro i posti dove posso riempirla senza comprare bottiglie di plastica. Spoleto è una città molto civile, da questo punto di vista. È piena di fontane con acqua potabile e – va detto – proprio buona e fresca. La prima fontana che troverete, se visitate Spoleto in discesa, dalla Rocca verso il basso, è quella che vedete qui sopra che riporta anche un’iscrizione interessante sul fatto che i viandanti potessero fermarsi lì a bere. Il tema dell’acqua è caro all’Umbria: si può seguire un itinerario specifico, nel caso vogliate.
Quello che amo di Spoleto: la Piazza del Mercato
Ci sono molti motivi per amare la Piazza del Mercato di Spoleto. In primis, ai tempi dei Romani, questa piazza era il Foro. In secondo luogo, contiene una fontana tra le più belle di Spoleto, secondo me. Ora è incastonata nella chiesa che vedete anche in questa foto. L’acqua esce dalla bocca di un fauno meraviglioso, secondo me. La chiesa attuale risale al XVII Secolo e si trova sul luogo in cui, un tempo, c’era una chiesa romanica. Su questa piazza – e dalla foto si vede – c’è un qualcosa che potrebbe interessarvi, soprattutto se avete fame: il porchettaro. Quando c’è il mercato, arriva anche il camioncino della porchetta: panini eccezionali assicurati!
Quello che amo di Spoleto: la viabilità facilitata
L’Umbria è uno di quei posti al mondo in cui la capacità di ognuno – più o meno allenato – di andare in salita viene fortemente messa alla prova. Come ho ben indicato in una mia story su Instagram un bel po’ di tempo fa (ero in giro per Assisi), l’Umbria è quel posto in cui quanto pensi di aver finito la salita, si apre davanti a te un’altra salita. Molte amministrazioni comunali, però, si sono attrezzate per facilitare la risalita dei dislivelli dei centri storici umbri. Spoleto, per esempio, vanta scale e tappeti mobili per coprire il dislivello tra i parcheggi dove lasciare l’auto e il resto della città. Ecco perché vi ho detto di iniziare l’esplorazione di Spoleto dalla Rocca: parcheggiate nella parte bassa della città (ci sono vari parcheggi a pagamento ben segnalati), poi prendete i tappeti mobili o le scale mobili per raggiungere il punto più alto di Spoleto (la Rocca). Da lì, scoprite la città camminando in discesa. Cercate il Parcheggio Posterna o il Parcheggio Spoletosfera. Ovviamente, questi percorsi meccanizzati aiutano anche chi ha difficoltà motorie di ogni tipo.
Quello che amo di Spoleto: gli Strangozzi alla Spoletina
Ma è pasta al pomodoro? No, si tratta di Strangozzi alla Spoletina. Gli Strangozzi sono una pasta tipica della zona di Spoleto, anche se li troverete un po’ in giro per tutta l’Umbria. La loro zona di origine, però, è quella tra Spoleto e Norcia. La forma è simile a quella delle stringhe: questa, secondo alcuni, è l’origine del nome. A Spoleto si condiscono rigorosamente con un sugo di pomodoro piccante. A Norcia, invece, col tartufo. A Spoleto li troverete nei menù di ogni trattoria o ristorante. Io vi consiglio di assaggiare quelli de Il mio Vinaio, dalle parti dell’Arco di Druso.
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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