
Come dite voi quando fate qualcosa senza sapere come andrà? C’è chi parla di rete di salvataggio ma io, invece, penso sempre all’immagine di quando ho iniziato ad andare in bici senza rotelle. Credo sia avvenuto tutto senza che me ne accorgessi: ricordo mio padre che reggeva il sellino e poi io che sfrecciavo manco fossi Eddy Merckx (sì, si scrive così con tutte quelle consonanti). Eppure avevo solo 5 anni, mi sa. Ricordo benissimo la sensazione di essere stata traballante per qualche istante e poi è successa la magia: tu pedali e resti in equilibrio. Sto pensando a quante situazioni senza rotelle io abbia vissuto e a quanto mi succeda di parlarne.
Guarda, mamma, senza rotelle!
Quando ero piccola (eccomi, lì sopra nella foto), lo spettatore di tante mie conquiste era mio padre. In bici senza rotelle non è stata la prima conquista: c’è stata la volta che ho buttato via il ciuccio perché non lo volevo più (avevo meno di un anno) oppure quando ho voluto il bicchiere di plastica anziché il biberon (sempre intorno a un anno).. Mia madre ha iniziato a essere colei che osservava le mie conquiste, quando queste avevano a che fare molto con la vita pratica anziché la vita da bimba che giocava. Questo perché mia madre è sempre stata la regina della mia vita pratica, così pratica che, quando me ne sono andata di casa per vivere da sola circa 20 anni fa, mi ha fatto lei gli scatoloni. Solo perché faceva prima a liberare la mia stanza. Ora che ci penso, si sono stati dei momenti fondanti – se così li posso chiamare – della mia vita in bici senza rotelle in cui lei non c’era. Saranno 10 anni, quest’anno, che lei non c’è più e sono 9 dal momento in cui, più di altri, ho tolto le rotelle alla bicicletta della mia vita: l’apertura della partita iva. L’ho fatto davvero in un momento in cui avrei potuto urlare al mondo “mamma, guarda, vado avanti senza rotelle“ perché avevo un gran piano A (e un piccolo microscopico piano B) ma quel piano non aveva nessuna sicurezza, se non me stessa e basta. Che sia stato lì che ho iniziato a pensare che al centro del mio mondo ci fossi io?
Cadere, rimbalzare

Ecco, il punto è lì. Che si tratti di togliere ipoteticamente la rete di salvataggio oppure di levare le rotelle alla bici (per inciso, la mia bici era rosa e meravigliosa, ovviamente), il significato è uno solo: non è buttarsi (o meglio, non solo) ma credere in sé stessi e mettersi al centro. Quando si diventa il proprio perno, non vuol dire essere egoisti. Lasciare che la vita ci ruoti attorno significa porsi nella prospettiva giusta per osservarla e viverla. Significa imparare a emozionarsi senza farsi male. O almeno ci si prova. Diciamolo pure: di capitomboli quando ho tolto le rotelle dalla bici ne ho fatti tanti ma volete mettere la soddisfazione di rialzarsi? L’ho scritto più volte, anche in salse diverse: i bimbi hanno una capacità di “rimbalzare” alla cadute che, quando siamo adulti, perdiamo in virtù di un controllo totale sulle cose. Quando si impara a sciare, la prima cosa che ti insegnano è a cadere. Andar giù a terra trattenendosi è deleterio. Occorre evitare di salvarsi per salvarsi davvero e ricavarne solo qualche botta che, in tempo utile, guarirà. In questi giorni ho pensato molto alle botte, morali e figurate si intende, che ho preso. Ho rivissuto nella mia mente i miliardi di “non ce la faccio” che da sola mi sono detta. Si è trattato di lavoro, di sentimenti, di vita vissuta, di incertezza di un sacco di cose. Ho passato serate in lacrime (l’anno scorso, per esempio) a cercare di venire fuori da quel “non ce la faccio” quando la sostanza era una sola: la mia volontà mi stava trascinando fuori dal dolore e da tutte le fisime che mi ero creata. Nel momento stesso in quel “non ce la faccio” ti stride dentro, tu hai già un piede fuori.
Il segreto di tutto

Ecco perché non ci accorgiamo se qualcuno molla il sellino e siamo solo noi a pedalare. Quella lezione che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo vissuto nella nostra infanzia è probabilmente qualcosa di fondamentale da ricordare sempre: l’equilibrio dato dalla pedalata è il nostro metterci al centro perché siamo solo noi, col nostro movimento, a tenerci in equilibrio. Siamo solo noi i nostri primi ed eterni sostenitori. E se cadiamo? Amen: prendiamo una botta e ritorniamo in sella. Ci facciamo male? Ok, ma ci risaldiamo, diventando qualcosa di ancora più bello del momento in cui siamo letteralmente andati in pezzi. Vivere con le rotelle addosso ci porta in un’apparente situazione di tranquillità e sicurezza ma ci toglie il privilegio di sfidarci e di sapere esattamente chi siamo. Ne vale la pena?
In bici senza rotelle: il podcast

Le rotelle della mia testa girano alla grande oggi e mi portano ad approdare direttamente al podcast. Di cosa vi parlo? Ho cercato, a modo mio, di mescolare questa cosa della bici senza rotelle al fatto che, ogni tanto, si viaggia anche senza rotelle: senza piani B in caso di brutto tempo o di piani che sono pronti a saltarci. Senza rete di salvataggio perché, magari, non abbiamo prenotato nulla o perché, per davvero, ci andava di fare una pazzia e partire allo sbaraglio. Ascoltate il podcast e scrivetemi per raccontare le vostre avventure!
La foto senza caption è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Come al solito riesci a trovare metafore nuove, così convincenti da rendere immediata la suggestione che volevi suggerire💓
Troppo spesso vorremmo tenere con noi l’equilibrio emotivo che ci siamo conquistati a fatica e a suon di capitomboli giù dalla bici. Infondo le ginocchia sbucciate quasi sempre hanno i segni delle cicatrici e chi ne vorrebbe di nuove?! Nessuno di noi vorrebbe essere ferito ma è una possibile conseguenza del pedalare fortissimo e poi, d’un tratto, allargare braccia e gambe e urlare felici a squarciagola giù dalla discesa controvento!
Dovremmo ricordarci che l’equilibrio e il contrario di staticità ed esiste quando ci muoviamo insieme alle cose che ci girano intorno. Se solo vedessimo che nella responsabilità di essere noi stessi esiste il grande potere di capire davvero di che pasta siamo fatti, scopriremmo che non siamo mai fermi seduti sul sellino della nostra bicicletta. E che anche una Graziella, quando si incazza, va a tutta velocità!🌈
💓Love, tanto, per te.