
Quando ero piccola e andavo all’asilo, succedeva che le maestre, per chissà che motivo, ci mettessero a pensare da qualche parte. Non l’ho mai vissuta come una punizione perché – ve lo dico – non c’era mai motivo per punirmi. In classe, sia all’asilo che alle elementari, ci mettevano a fare il gioco del silenzio ma io non mi sentivo mai in silenzio. C’erano i miei pensieri. Io sento i miei pensieri come se mi parlassi da sola. Lo so che questo potrebbe sembrare quasi pericoloso e da pazzi ma non ci posso fare nulla. Io sento i miei pensieri, sento le cose che mi parlano e questa non è di certo una novità. L’altra sera, sotto la doccia, riflettevo su quanto il verbo pensare ci porti dentro un’azione riflessiva ma su quanto certi pensieri, in realtà, siano istinto puro. Il primo pensiero è sempre istinto. Allora vi chiedo: qual è stato il vostro primo pensiero in questo 2022? Voglio iniziare questo undicesimo anno di blog così.
Come acqua calda addosso a me

C’era l’acqua che scendeva calda addosso me. C’era il profumo di lavanda, perché la sera adoro lavarmi col bagnoschiuma alla lavanda. Per poi mettermi anche la crema alla lavanda e andare a letto pensando che quello attorno a me sia un prato. E che quel prato mi faccia felice. L’acqua scendeva, io ho appoggiato la fronte al muro e lasciavo che tutta quell’acqua grondasse su di me con la più copiosa delle cose belle. A tratti trattenevo il respiro, poi sbuffavo, poi respiravo. Poi ricominciavo da capo. Così, ad libitum. Quell’acqua non era più, come per magia, un elemento verticale che scendeva su di me ma era un qualcosa di orizzontale che mi conteneva. Come quando nuoto e il mondo mi sembra bellissimo perché io, in acqua, volo. Dentro quella sensazione, il primo pensiero è stato il chiedermi dove avessi provato una sensazione così piacevolmente potente da farmi sentire colpevole. E sollevata allo stesso tempo. Ci ho messo un secondo e la mia mente mi ha portata ad Andeer, sulle Alpi, in Svizzera. In quel luogo del mio cuore dove il Reno canta e ogni problema del mondo si dissolve alla vista delle Alpi, al sentore dei boschi. Mi sono ritrovata a rivivere mentalmente un viaggio solitario, fatto in inverno, verso la tarda sera. Ero andata ad Andeer proprio per togliermi di dosso la sensazione che mi aveva lasciato una forte influenza. Me la vedevo addosso, la febbre. Lì, dentro la calda acqua di una piscina termale in cui c’ero praticamente solo io, nel mezzo di un gelido inverno io ho ritrovato la pace. Come l’ho ritrovata guidando verso casa, in una serata invernale con la luna piena, in cui tutto sembrava brillare. Tutto questo, pensate, per una doccia che ho fatto durate un po’ di più rispetto al solito. Tutto questo solo perché ho lasciato che l’acqua possedesse ogni cosa di me e mi portasse dove desiderava lei.
Quel primo pensiero…

Quello che ho fatto l’altra sera è un primo pensiero in piena regola: ho rivissuto un momento che mi ha fatto del bene e l’ho portato nel mio presente con la stessa maestria di quando si cerca di pescare i numeri mancanti dal sacchetto dei numeri della tombola. Si sta lì a ravanare ore ma poi la mano si stringe attorno al numero da estrarre come per magia, seguendo quell’istinto da primo pensiero che non può essere sbagliato. Non potrà mai essere sbagliato. Sicché, ieri mattina in un primo lunedì lavorativo dopo giorni non proprio degni di nota, mi sono ritrovata ancora immersa in quel primo lussurioso pensiero che mi vedeva dentro l’acqua calda, come fosse un novello liquido amniotico che mi fosse concesso dalla vita non si sa bene per che privilegio. Allora ho pensato che io, dentro quell’acqua, ci voglio tornare. Ho iniziato a cercare le foto in rete di quel posto. Cose se avessi bisogno delle foto in rete per ricordarmelo e sentirmelo addosso, dentro. Se chiudo gli occhi riesco anche a vedere ogni singolo centimetro della strada per arrivare là. Riesco a vedermi parcheggiare. Riesco a sentirmi parlare tedesco per dire che vorrei un ingresso alle piscine e anche alla sauna. Riesco a vedermi annuire quando mi dicono che in sauna devo andarci senza costume. E io dico che non ci sono problemi. Riesco a vedermi lì.
Forse sto guarendo…

Sicché ora mi chiedo una cosa. Anzi, facciamo che me ne chiedo molte. Ma iniziamo da una. Le domande sono come i passi: vanno messe in ordine una dopo l’altra e non vanno mai confuse. Altrimenti ci si incasina. Mi chiedo se questa mia esigenza sia davvero così reale e non finisco nemmeno di farmi la domanda, che prontamente mi do la risposta. Marzullo, scansati. Mi chiedo quanto, però, mi stia facendo bene pensare a una fuga in quel luogo. Una fuga che implica tempo per me, tempo via da qui, tempo in Svizzera, tempo vicina al alcune delle mie persone. Tempo che impiegherò per far conoscere a qualcuno quel posto. Tempo per mettere la testa sotto l’acqua e lasciarmi avvolgere. Lasciarmi possedere da quell’entità tiepida e rassicurante che è l’acqua di quel luogo. Tempo per respirare. Un anno fa, all’inizio del 2021, il mio primo pensiero era di fissare in modo potente la porta di casa, sognare di aprirla per non richiuderla mai più. Oggi, a inizio del 2022, il mio primo pensiero è stato quello di raggiungere un luogo. Era un istinto che non avevo più sentito in quel modo così viscerale, carnale e fisico come l’altra sera sotto la doccia. Il mio primo pensiero è stato quello di andare. Forse sto guarendo da tutta la paura che mi porto nell’anima da due anni e che si è resa un preservativo gigante che non mi permette di sentire in pieno ciò che voglio sentire. Ok, davvero. Sto guarendo.
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