
Iniziamo dalle poche certezze che posso mettere nero su bianco (o meglio, grigio… data la palette di colori del mio sito) su questo blog e, ovviamente, sul relativo podcast: qualche giorno fa ho visto Matrix, il quarto capitolo. Il film non è l’argomento del mio scrivere odierno ma ha qualcosa a che fare, almeno, col punto di partenza. Lo sapete: so da dove parto e non so mai dove arrivo. Ho visto Matrix, dicevo, e adesso vedo matrici di codice ovunque. Oltre a ciò, circa una decina di giorni fa, ho divorato una serie tv che si trova su Amazon Prime Video: Soulmates. Mi ha ricordato, per alcune cose, alcuni episodi memorabili di Black Mirror e, soprattutto, mi ha ricordato che, per davvero, gli algoritmi ci governano. Io, proprio grazie a questo sito e al mio lavoro, dialogo con gli algoritmi tutti i giorni e cerco di essere loro il più simpatica e digeribile possibile. Abbiamo passato l’adolescenza (e voi con me se siete nati a ridosso degli Anni ’80) a chiederci quando sarebbe arrivato il tempo delle macchine. Udite, udite: ci siamo dentro.
I robot nel 2022

Una parte del mio lavoro consiste nel fare delle consulenze alle aziende che vogliono comunicare sul web. Quando parlo di web parlo di siti internet e anche di social network. Tutta la realtà – che poi non potremo mai definire realtà – che ci portiamo in tasca con uno smartphone o che fissiamo tutto il giorno sullo schermo di un computer è il risultato di un’operazione matematica mastodontica che ci restituisce un qualcosa che, in apparenza, sarebbe diverso. Un sito internet esiste grazie a un codice che genera la versione leggibile e utilizzabile che vediamo tutti. La vera essenza del sito, però, è il codice. Passiamo le giornate a dire che ciò che vediamo sul web non è la realtà ed è, per sua stessa definizione, così. Il fatto è questo: quando eravamo piccoli – e mi riallaccio a quello che ho scritto nell’introduzione – ci immaginavamo il futuro con una serie di robot, più o meno con fattezze umane, pronti a governarci. C’era Terminator, per esempio, oppure i Cyloni di Battlestar Galactica (che, se non si è capito, mi piace da matti). Ci immaginavamo un futuro con macchine volanti e chissà che nemico dalle fattezze dell’Imperatore Palpatine pronto ad arrivare con tanto di musica a tema. La realtà è ben diversa: non ci sono cyborg o chissà che altra creatura con fucili e mitraglie di ogni genere pronti a tenerci a casa. Ci siamo noi, che ci teniamo a casa da soli, complici quasi ipnotizzati di un algoritmo che alimentiamo ogni giorno.
Perché, allora, faccio quello che faccio?

Quando ho scritto l’ultima frase, ho alzato gli occhi, girato la testa verso destra e ho guardato il Tiglio Attiglio: cavolo, Atti, perché sono qua ad alimentare un sito web da più di 10 anni? Perché do da mangiare al bot di Google, giorno dopo giorno? Perché alimento i social con le foto che scatto nel mondo e con i miei pensieri? Credo che la discriminante sia davvero contenuta nella finalità dell’utilizzo del mezzo. Ed è lì che si capisce il rapporto che si può avere con un algoritmo. Vi faccio una domanda e voi rispondete senza pensarci troppo: siete di quelli che subiscono “l’internet” o quelli che lo usano? Vi spiego le due definizioni. Chi subisce il web è chi passa la sua giornata a raccogliere stimoli in base all’algoritmo. Chi usa internet è chi raccoglie stimoli in base a ciò che vuole, valutando le proposte dell’algoritmo. Il web, si sa, non ha occhi ma guarda al nostro comportamento. C’è stato un periodo della mia vita professionale in cui facevo delle ricerche per un’analisi che stavo compilando. Il risultato, per Mr.Google, era che la sottoscritta fosse un uomo interessato ad argomenti di falegnameria. Nulla di più sbagliato: per settimane ho visto solo pubblicità e suggerimenti sulla qualunque tra troncatrici, chiodi e banchi da lavoro. Era come se, a modo mio, avessi ingannato l’algoritmo, ridendomela alla stragrande perché sapevo il perché di quelle proposte. Mentre scrivo, però, non posso fare a meno di chiedermi, invece, quante volte sono stata colta dall’algoritmo e portata dove volesse lui.
E se…

Ed ecco che cerco di ricollegarmi al titolo di questo post di oggi: guardate Soulmates. Trovate questa serie (una stagione; sei puntata) su Amazon Prime Video. Poi torniamo qui a parlarne. Senza fare troppo spoiler, vi posso dire che siamo in un futuro vicinissimo, praticamente domani. La società la stessa dei nostri giorni e non ci sono strani robot a governarci. C’è, però, un algoritmo infallibile che dà vita a un’applicazione. Chi si iscrive ha la certezza assoluta di trovare la propria anima gemella. A patto che anche quella persona si sia iscritta. Non voglio raccontarvi altro. Voglio però ragionare assieme a voi su di una cosa: se vi dicessero che la soluzione a tutti i vostri problemi, a tutte le cose che vi affliggono, a tutto ciò che non vi permette di essere sereni fosse un algoritmo che calcola esattamente dove portare la vostra vita… cosa fareste? Sto pensando ad alta voce a quante occasioni potenti nella mia vita sono avvenute grazie a un algoritmo perché, volente o nolente, sono parte integrante della nostra vita. E se quella volta non avessi dato retta a Maps che mi indicava quel ristornate? E se quella volta non avessi cliccato su quel messaggio di quella persona che mi voleva conoscere? E se il mio feed di Instagram non fosse mai finito nelle scelte che l’algoritmo ha fatto per quella tale persona che ora sento tutti i giorni? E se io non avessi mai aperto il blog? Siccome sono una brutta persona, la risposta a tutte queste domande è nel podcast: dovete ascoltarlo per saperle.
Un algoritmo per domarli tutti: il podcast

Posso stare qui a scrivere “e se” per almeno tre giorni senza smettere e senza ripetermi ma il punto non sta lì. Il punto sta nel fatto che, nel 2022, quello che chiamiamo casualità o destino, forse, è solo un algoritmo. L’algoritmo, però, propone. L’essere umano raccoglie e sviluppa. Il fatto però è che quello che chiamiamo destino forse ha assunto un’altra forma e noi siamo perfettamente dentro Matrix. Provate ad andare in bagno e toccare lo specchio; non si sa mai. Il podcast di questa settimana parla di questo. Quante volte un viaggio che avete fatto è stato determinato dalla proposta fatta da un algoritmo anziché da una vostra scelta fatta dalla vostra testa al 100%? Abbiamo smesso di essere non-influenzabili? Lo siamo mai stati?
Oh me! Oh vita! Di queste domande che ricorrono,
Degli infiniti cortei di infedeli, di città gremite di stolti,
Di me stesso che sempre mi rimprovero, (Perché chi più stolto di me, chi più infedele?)
Di occhi che invano bramano la luce, degli scopi meschini, della battaglia sempre rinnovata,
Dei poveri risultati di tutto, delle sordide folle ansimanti che vedo intorno a me,
Degli anni inutili e vuoti del resto, io intrecciato col resto,
La domanda, ahimé!così triste, ricorrente
-Cosa c’è di buono in tutto questo, o me, o vita?Risposta:
Che tu sei qui – che la vita esiste, e l’identità,
Che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi con un verso.Walt Whitman – 1855
Credo che non siamo mai stati non-influenzabili, semplicemente prima venivamo influenzati da cose diverse.
Detto questo, l’algoritmo può essere utile, se lo conosci e ne conosci un minimo il funzionamento, altrimenti rischia di essere anche pericoloso.
Per quanto riguarda i viaggi che dire, tu sei il mio algoritmo di riferimento! Conto almeno un paio di viaggi che sono partiti da queste pagine… 🙂
Grazie per quello che dici su di me.
Noi dobbiamo proprio ringraziare l’algoritmo (e le passioni comuni) per il fatto di esserci incontrate.
esatto! Come dicevo, ci sono anche cose positive. E poi lo si può educare con foto di gattini o simili. O riderci sopra come quando inizia a farmi vedere cose targhettizzate per le mamme perché gironzolo on line alla ricerca di regali per amiche incinta 🙂
Concordo in pieno!