
O meglio, 42+2. Lo sapete che, dopo i 42 anni, si conta sempre da lì. Complice, ovviamente, la lettura della Guida Intergalattica per Autostoppisti. Ebbene sì: oggi è il mio compleanno. Si è compiuta una rivoluzione completa intorno al sole da quel 19 gennaio dell’anno scorso, momento in cui io e Madama Fragilità ci siamo sedute al tavolo insieme. Come stavo un anno fa? Male: subivo l’esilio come poche altre cose al mondo, vivevo in zona rossa e mi apprestavo a vivere il primo compleanno totalmente solitario della mia vita, un compleanno in cui il mio unico desiderio era scomparire in un abbraccio. Com’è andata? Sono qui a raccontarla con un sorriso e mille “ma davvero stavo così?” perché anch’io non ci credo. Non credo a quanti passi avanti io abbia fatto, a quanto io abbia lottato, a quanto senta che nulla possa toccarmi. Per davvero.
Invictus…

Invincibile? Non credo proprio: mi piace ancora, se così posso dire, andare a pezzi e riuscire a ricostruirmi. Diciamo che è come se mi rompessi in mille piccole parti di Giovy ma avessi già il mastice a portata di mano. Il mondo mi fa ancora un po’ di paura ma inizio a considerare piccole grandi fughe di lavoro come una ripartenza della mia vita pre-pandemia. È ancora dura, però. Non immaginavo – e ditemi se sono l’unica – di essere ancora messa così all’inizio del terzo anno di pandemia. Eh già: a febbraio entriamo nel terzo anno di questa strana cosa che ci è capitata tra capo e collo e che nessuno aveva mai immaginato se non guardando un film di fantascienza. Dentro la fantascienza ci siamo, eccome. Ci siamo sempre e ci vorrebbe un’astronave come il Galactica per portarci su di un’altra terra, un altro pianeta, dove ricominciare senza virus. Siamo ancora in quell’epoca in cui un abbraccio ti può fregare e dove i test che indicano la positività non sono quelli che ci confermano la poca efficacia di metodi contraccettivi (ve li ricordate i giorni in cui erano quelli a fare paura??) bensì quelli per il Covid-19. E pensare che il numero 19 mi è sempre piaciuto perché è il giorno del mio compleanno. Oggi, per l’appunto.
Non mi toccare…

Nei giorni scorsi e durante le festività natalizie, ho pensato moltissimo alla frase Noli me tangere. Nessuna indicazione religiosa: la frase – è vero – è contenuta nel Vangelo secondo Giovanni. O meglio – lo sapete che voglio essere precisa quando si parla di rifermenti storici, linguisti e letterari – arriva direttamente dalla vulgata, ovvero dalla traduzione dal greco (Μή μου ἅπτου) al latino. Religione a parte, questa frase viene spesso accostata alla paura del contatto. Per me, non è così. Io sono una che starebbe a contatto con tutto e tutti in una sorta di orgia spensierata fatta di sorrisi, racconti, vita da condividere e chissà quante altre cose. Mi piacciono le ammucchiate di vita e non ho smesso di lasciare che il mio animo tenda a raccogliere il possibile dal mondo che mi circonda. Il mondo è fatto di sensazioni, persone, fatti, esperienze e chi più ne ha più ne metta. Il fatto è questo: quello che veramente è cambiato dal 19 gennaio 2021 è il fatto che ora mi lascio toccare solo da quello che voglio io. È un po’ come se ci fosse Cerbero davanti alla porta, con istruzioni precise e ben conscio del suo ruolo?
Cerbero…

È un problema il fatto di filtrare, selezionare all’entrata? Non credo: ritengo che sia un dovere, a un certo punto della nostra vita. C’è il tempo per lasciarsi travolgere, nel bene e nel male. C’è il tempo per imparare da quel travolgimento, da quell’onda che ti solleva e che poi ti sbatte a terra. C’è il tempo per trincerarsi dietro mura spesse non so quanto. C’è il tempo per lasciare che il cuore esploda di bellezza. C’è quello in cui ci si siede col proprio cuore a tavolino e si dialoga. E poi c’è il tempo della selezione. Ho pensato anche – detto proprio fuori dai denti – di essere profondamente stronza. Mi sono detta “possibile, Giovy, che tu sia stronza in fin dei conti?“. Forse lo sono: qualcuno che conosco ogni tanto mi chiama stronza, scherzando. E io rido. Ridendo e scherzando, però, potrei esserlo davvero. Il punto è questo: è un problema? Forse no. Mi sono detta davvero di essere arrivata al punto di aver trovato una forza così grande dentro di me, da riuscire a filtrare la mia vita. Solo in alcuni ambiti. Quando si parla di emozione, bellezza, conoscenza ed esperienza (in ogni ambito) mi lascio prendere, travolgere, riempire. Quando si parla di altro, allora c’è la selezione all’ingresso. Selezione che non esclude a priori ma che mi impone di conoscere, testare, provare. E poi decidere. Che sia questo il fatto di essere adulti?
In der Mitte, ich
Lo sapete, me lo chiedo spesso: credo di essere adulta in molte cose. Credo di non diventare mai adulta per quanto riguarda altre. Sono un caterpillar di organizzazione, pragmaticità, concretezza. Ma sogno, sogno tanto. Mi sono resa conto, pensandoci, che i miei sogni non dipendono da nessun altro che da me. Ho compreso, proprio in questi giorni, che la mia vita è andata bene quando ho fatto affidamento solo a ciò che poteva dipendere da me, che gestivo io. Ansia, indecisione, dolore, la sensazione di sentirmi persa sono arrivati solo quando non ero io la base salda di quello che stavo vivendo. Allora mi dico che il regalo che mi sono fatta quest’anno per il mio compleanno è proprio questo: la consapevolezza che In der Mitte, ich non sia solo un tatuaggio sulla mia caviglia destra ma sia davvero un fondamento. Quel I only own my mind, I am mine, sul mio braccio sinistro, proprio lungo la vena che porta il sangue al cuore, è davvero la frase della mia vita. Essere mia non implica il fatto che non ci possa essere amore nella mia vita, che non voglia far entrare nessuno perché, per davvero, non è così. Essere mia è un atto d’amore verso me stessa, verso il mondo, verso chi mi vuole amare. Vuol dire che questi 44 anni, in fila per 6, col resto di 2 (per l’appunto, 42+2) mi sono serviti davvero a qualcosa. E sono felice. Oggi è un compleanno felice, malgrado la pandemia, malgrado non abbia – nuovamente – organizzato i festeggiamenti che mi sono sempre regalata. Malgrado sia qui e non a Tenerife. Sono andata in pezzi, gente, come tutti. Mi sono rimessa insieme… e cavolo se l’ho fatto.
Noli me tangere + compleanno: il podcast

Ci stava una nuova puntata del podcast, vero? Ovviamente – lo sapete – i discorsi ben si abbinano al mio scritto qui sopra. Ho pensato a quei pezzi di mondo che mi hanno dilaniata – e che quindi mi hanno toccata senza permesso – e a quelli che, al contrario, non sono riusciti a entrarmi dentro per qualsiasi motivo. I vostri quali sono e, soprattutto, come siete messi allo scoccare della fine dei due anni di pandemia, con ancora tutto sto marasma in giro? Pensateci e fatemi sapere. Oggi, però, dato il mio compleanno, vi do un altro compito: su Spotify c’è una playlist partecipativa nata esattamente un anno fa. Ci sono già dentro quasi 24 ore di musica ma io voglio di più e lo voglio adesso. Facciamo che ci aggiungete almeno una canzone che vi piace? La trovate qui. Dateci dentro!
An’ if you’re in the crown tonight
Have a drink on meBut go easy
Step lightly
Stay free
Stay free – The Clash – 1978
Buon compleanno cara Giovy,
te li faccio nei commenti del post perché ti ho letto volentieri e perché i commenti non li lascia quasi più nessuno, ma noi blogger della prima ora sappiamo quanto siano belli.
Ti auguro una splendida giornata e buona vita!
Grazie mille, Sere!
Ti abbraccio forte.
Buon compleanno Giovy. Un caro saluto. E un abbraccio (virtuale) se vorrai…
Grazie, Raffi!
Super auguri Giovy, non vedo l’ora di ascoltare il tuo podcast e magari – che sia l’anno giusto?!? – anche di rivederti! Un abbraccio
Grazie, Vero!
Dobbiamo troppo rivederci perché voglio anche conoscere la vostra cagnolona!