
Ci siamo. Oggi è Yule. I calendari di tutto il mondo segnano il solstizio d’inverno e io lo chiamo semplicemente Yule. Perché Yule è sempre stato. Un giorno in cui il gelo si posa sui tetti e sul mondo (dell’emisfero boreale, ovviamente), avvolge ogni cosa. Un giorno in cui la luce inizia la sua vittoria sulle tenebre. Sol invictus, dicevano i latini. Non è un caso che, in tempi in cui si è ridiscusso il calendario, Yule sia diventato la festività che tutti celebriamo in questi giorni. Che lo chiamiate solstizio, Yule, Natale o comunque lo vogliate, questi giorni segnano l’inizio di un nuovo anno. Questi giorni indicano l’eterna possibilità di rinascere. Siete d’accordo?
Le origini di Yule

Piccolo pippone storico-antropologico. Del resto a Natale siamo tutti più buoni, no? Yule è una parola che nasce dal norreno Jól. In danese, per esempio, Buon Natale si dice ancora oggi Glædelig Jul perché le lingue scandinave non hanno introdotto nessuna parola per dire Natale, nel senso cristiano del termine. Lessi in un testo della grande Gianna Chiesa Isnardi (non ricordo il titolo ma lo ritrovo e lo indicherò) che l’etimologia della parola fa riferimento alla ruota che, sempre in norreno, si scrive Hjól. Perché la ruota? Perché siamo al giro completo di ruota di un anno. In tempi pagani, lo scorrere dei mesi veniva calcolato diversamente da oggi. La parola mese, del resto, deriva da mensem/mensis, termine che poggia i suoi bei piedoni nell’indoeuropeo più antico. Il mense era il tempo di un ciclo lunare completo. Mense e mestruo hanno la stessa etimologia. Io divento scema per queste cose: la linguistica è più eccitante di un porno. Eccitazione a parte, mense designava il corso della luna che, assieme al sole, determinava lo scorrere del tempo I calendari antichi non avevano i nostri 12 mesi e le riforme – se così posso chiamarle – sono sempre state tante. Il calendario che usiamo ora è il calendario gregoriano, in essere dal 1582. Una prima grande rivoluzione si ebbe nel primo secolo di vita del calendario giuliano (si chiama così per via di Giulio Cesare) che fu quello in essere quando arrivò, tra capo e collo, il cristianesimo. Ora vi dirò una cosa che, a molti, potrebbe apparire blasfema ma molti giorni di festa cristiani sono stati letteralmente piazzati a tavolino sopra le usanze pagane già in calendario. È per quelli che, proprio vicino a periodi pagani forti (come i due solstizi) ci sono festività o santi cattolici molto forti. Yule e i Saturnali andavano d’accordo ma, con l’avvento del nuovo culto, si doveva sostituire alle celebrazioni per il ritorno della luce qualcosa di potente. Ed ecco il Natale.
Cosa c’è di Yule nel Natale

Sto per esordire con un’altra blasfemia, per alcuni. Non per me. Lo sapete che c’è tantissimo di Yule nel Natale che conosciamo tutti? In primis, le luci. Noi siamo soliti addobbare le nostre case con luci e lucette di ogni genere. Nella tradizione germanica, per esempio, si accendono le quattro candele corrispondenti alle quattro domeniche di Avvento e questa usanza arriva proprio da come si celebrava Yule nei tempi antichi. L’albero di Natale, in secondo luogo, arriva sempre dal simbolismo di Yule. L’albero di Natale – o Tannenbaum, in tedesco – approda da noi quale tradizione germanica. Perché si usa l’abete e non un altro albero? Perché l’abete è simbolo della vita che non muore con l’inverno. A un albero, come un tiglio per esempio, addormentato in pieno inverno, un abete si contrappone con la sua forma sempre uguale. Il tronco, in generale, è simbolo di Yule tanto che, in alcune culture, si è soliti preparare un dolce a forma di tronco ripieno di crema per celebrare Yule. Il tronco che contiene la linfa, contiene la vita, che protegge la vita e la trasmette ai rami. Fateci caso nelle prossime settimane: gli alberi che avete vicino non sono inermi. Avranno già iniziato a metter fuori le gemme. Il Natale è generalmente nascita. Yule è eterna nascita. Dobbiamo passare attraverso Shamain per arrivare a Yule. Il tempo tra le due festività pagane è il tempo della morte e della rinascita. Noi siamo quei Tanne (abeti) sempre verdi, tra una fase e l’altra del mondo. Possono caderci alcuni aghi ma non perderemo la nostra linfa. Piccola nota linguistica: albero in tedesco è Der Baum, maschile. Gli alberi, con il loro nome specifico, sono tutti femminili: Die Eiche (la quercia), Die Linde (il tiglio), die Tanne (l’abete), die Buche (il faggio), die Pappel (il pioppo). L’albero è donna perché contiene la vita.
Yule, nel mio rinascere

Per quel che mi riguarda, vi chiedo scusa per il pippone linguistico-storico e antropologico ma proprio ci trovo gusto e la mia mente produce tante di quelle endorfine da sentirmi in estasi. Sicché non ne posso fare a meno. Oggi, con tutta probabilità (ho la certezza di quello che farò solo quando lo faccio), vi chiederò che cosa possa essere Yule per voi. Per quel che mi riguarda, io attendo il 21 dicembre di ogni anno come pochi altri giorni al mondo. Mi alzo e aspetto i primi raggi del sole, anche se magari il sole non si vede. Attendo la luce che arriva a est che mi fa capire che, proprio come una ruota, tutto ricomincia. L’anno termina quando lo decidiamo noi, anche ogni giorno se necessario. L’anno termina con quel momento in cui io voglio uscire e trovarmi di fronte al mio albero Attiglio. Lo guardo, respiro, colgo il freddo che mi avvolte. Osservo quella luce che, come un miracolo eterno, arriva da est e mi prende. Mi porta via. Mi sussurra all’orecchio che andrà tutto bene. Che ho nuovi giorni da vivere. Ecco perché amo l’alba: perché ogni alba mi ricorda di Yule. E io gioisco. Dentro. E io rinasco, ovunque. Il tiglio Attiglio mi regalerà le sue gemme per il mio compleanno. Ogni albero del mondo sa che, da domani, potrà svegliarsi e vivere di nuovo. Questo è il miracolo di Yule. Siate voi, siate alberi.
Splendido racconto, come sempre Giovy❄️
Grazie, Amica! Buon Yule a te!