
Pensavo a quanto colore abbiamo attorno in questo autunno e, mettendo questo concetto vicino all’immagine del mio armadio aperto, mi rendo conto a quante cose scure io indossi. Negli anni, però, sono riuscita a riportare il colore nella mia vita. Nella vita che indosso, che si appoggia su di me, per intenderci. Già, perché tutti abbiamo colori da portare e colori che ci portiamo dentro. Poi ci sono i colori del mondo, che ci avvolgono come una coperta o che diventano sipario davanti ai nostri occhi, non importa dove siamo. Oggi, lo sapete, è il giorno dei cavolacci miei. È il giorno di Giovy’s Life. Ecco perché ho voglia di raccontarvi della 50 – circa – sfumature di me.
Cosa so dei colori?

Io so poco sui colori… ma qualcosa la so. So che il bianco è dato dall’unione dei 7 colori dell’arcobaleno. Quindi non sarebbe proprio un colore, bensì un prodotto. Il nero, invece, è l’assenza di colore ma, per me, non è tanto così. Poi ci sono i colori primari e quelli secondari. Poi ci sono i colori percepiti dall’occhio femminile e quelli visti dall’occhio maschile. Come si suol dire, quando un uomo dice “viola“, la donna può dire “lavanda, malva, vinaccia” e così via. Non è una questione di differenza di sensibilità, bensì proprio un qualcosa di fisico degli occhi. Del resto, i daltonici sono tutti uomini, no? Non voglio essere sessista: è un dato di fatto. Detto questo, io credo davvero che la percezione del colore sia un qualcosa ad personam. Ora che scrivo questa frase, credo che tutto sia ad personam e tagliamo la testa al toro con questa affermazione. Ci sono tante grandi verità a riguardo dei colori. La prima e inesorabile legge è che i colori non sono democratici: a me, il giallo, sbatte. Giusto per fare un esempio. Adesso mi addentro nel mio personale arcobaleno. Arcobaleno che tutti dovremmo appendere alle nostre finestre, in questa epoca in cui i diritti vengono affossati dagli appalusi e la diversità è ancora considerata un mistero. Udite udite: la diversità è ovunque. Siamo noi. E per fortuna!
50 sfumature di Giovy: il bianco, il colore che non so portare

Mi piace il bianco. Mi piace molto. Mi piace la luce che dona al mio volto quando lo indosso ma, ahimé, non lo so portare. A 43 anni suonati, io sono ancora quella che non sa portare il bianco e ancora ne fa un elemento di vanto. Non porto bene il bianco perché mi sporco. Ammirare qualcosa di bianco e sognare di indossarlo mi rende orgogliosa del disastro che sono. Vedo nella mia spontaneità forse una scusa da “paraculo” per giustificare la mia immensa “adultescenza“, periodo della vita che mi impedisce di imparare a mangiare senza sporcarmi. Una volta, qualche anno fa, misi una gonna con base bianca e qualche fiorellino azzurro. Io la chiamo la mia gonna da principessa. La abbinai a una maglia bianca. Rimasi fuori tutto il giorno e tornai a casa pulita. Festeggiai. Presi così fiducia che iniziai a usare quella gonna ma iniziai a sporcarmi 5 minuti dopo averla indossata. Festeggiai di nuovo: ero sempre io.
50 sfumature di Giovy: Nero… we will rock you

Il nero è, da sempre, considerato il colore tipico del rock. O almeno da un certo tipo di rock. L’arrivo del grunge, che portò sul palco delle gran camicie di flanella, dimostrò come di non solo nero viva la musica. Il maglione di Kurt Cobain all’Unplugged di New York ha fatto storia come quello – perdonate l’accostamento ma mi viene naturale – di Samuele Bersani nel video di Chicco e Spillo. Avete presente? Se apro il mio armadio, vedo una coltre nera assoluta: leggins, felpe, gonne, vestiti per ogni occasione e una miriade di tshirt. Il nero mi piace e io non ci vedo nulla di tetro. Vedo la giusta oscurità capace di rendere noi luce totale. Se non è rock questo…
50 sfumature di Giovy: verde… Andai nei boschi

Prendo in prestito un famosissimo verso di Thoreau per dire che amo moltissimo il verde e le mille sfumature che assume nel mondo. Ci sono alberi di un verde intenso capace di spalancare il cuore, così come ci sono prati che sembrano aprire la strada verso l’infinito. L’infinito che serve alla nostra anima. Se mi guardo indietro e analizzo, seppur superficialmente, i luoghi in cui sono nata e cresciuta, così come quelli in cui sono vissuta, vedo un sacco di differenze e alcuni elementi uguali. Tra di essi c’è il verde: ho sempre avuto vicino degli alberi, da poter guardare dalla finestra. E, se non era un albero, c’era un prato a permettere al mio sguardo di lanciarsi. Bilancio la grande presenza di verde naturale della mia vita con i pochi abiti verdi: possiedo una tshirt, una gonna, un vestito e un maglione verdi. Quel maglione ha una storia viaggiante davvero particolare: è arrivato a casa con me dal mio primo viaggio in Irlanda, nel 2000.
50 sfumature di Giovy: blu, tutt’altro che triste…
In inglese, per dire che si è tristi, si dice I’m feeling blue e io non ho mai capito questa cosa. Sul blu ho letto delle teorie interessanti: secondo alcuni, sarebbe il colore della follia. Secondo altri, invece, sarebbe quello della tristezza. Dovrei fare delle ricerche per capirne un po’ di più. Forse, un tempo, tristezza e follia erano considerate la stessa cosa. Il blu mi è sempre appartenuto tanto: quando ero adolescente (quindi due giorni fa), compravo spesso le cose blu e le adoravo. Da adulta, ho iniziato a dare al blu la capacità di accogliere i miei momenti di relax. Il mio divano e il mio letto sono blu. Io dormo quasi sempre tra lenzuola che portano le tonalità del blu o dell’azzurro. Il blu è il mio colore sereno. Il blu è il colore che più entra nei miei occhi e nel mio cuore quando sono a Tenerife: è la tonalità del mio amore per quell’isola.
Il podcast: i colori del mondo

Fuori piove, sta per diventare buio mentre scrivo questo post e io sono un po’ infreddolita. Oggi c’è stato molto tempo (oggi è inteso come il giorno in cui sto scrivendo il post) e il tiglio Attiglio – diventato di un giallo intenso, visto che parliamo di colori – ha perso non so quante foglie. Una è caduta dentro al mio terrazzo e, quando accade, io dico sempre che è un regalo di Attiglio per me. Ho pensato molto ai colori in questi giorni: ai colori della vita, del mondo, delle persone, del ventaglio di diversità che è l’umanità. Ecco di cosa parlo nel podcast. Ovviamente ci sono dei riferimenti ad alcuni luoghi intensi per me: qual è quel posto in cui mi è sembrato di entrare in un film a colori e, quando sono tornata in Italia, mi è parso di aver fatto un passo dentro al bianco e nero? Ascoltate il podcast… che poi interrogo!
La foto senza caption è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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