
Sono giorni che, dalla mia playlist su Spotify, salta fuori un pezzo che avevo aggiunto poco più di un anno fa. L’anno scorso, quando lo ascoltavo, mi chiedevo davvero la stessa cosa che si chiede Samuel, cantante di Subsonica, in quel suo progetto solista. Dove sarò tra un anno? Questa è la domanda. Un anno fa, tornavo da Manchester ieri e quindi, ora, sono ufficialmente 365 giorni che non tocco il suolo britannico. Mai successo dal 2005. Lo sapete: sono una ricorda com’era vestita nei primi giorni d’autunno del 1995 o come mi presentai alla prova scritta della maturità, nel 1996. Mi scordo le cose sulla lista della spesa ma la parte storica e consolidata della mia vita proprio no. E il futuro? Oggi non posso fare a meno di chiedermi – di nuovo – dove sarò tra un anno. Vi spiego il perché.
Quando ti chiedi dove sarai…

Sono una persona che ha sempre vissuto di grande programmazione. Nel momento in cui scoppiò la pandemia, io tornavo da un viaggio e davanti a me ne avevo altri 5 di già programmati. Uno per mese fino a maggio, poi luglio, poi settembre. Ed era solo febbraio. Conoscendomi, entro fine marzo avrei saputo già cosa avrei fatto a dicembre. Avrei guardato l’agenda e iniziato a pensare al 2021. A fine luglio 2020, avrei già avuto le idee chiare almeno su primi 6 mesi del 2021. Sappiamo tutti com’è andata. Sappiamo tutti come stiamo ancora oggi. Mentre ero a Tenerife, sono uscita a pranzo con una delle mie persone e l’occasione è stata quella giusta per tirare fuori un pensiero che mi viaggia dentro da un po’: non me la sento di fare programmi. Succede anche a voi? Credo sia un’altra delle conseguenze dell’esilio da pandemia e penso di aver trovato anche l’esercizio giusto per cercare di colmare questa cosa che vedo, per davvero, come una mia mancanza.
Gli esercizi giusti

Settembre is the new capodanno, avete presente? Ottobre è ancora meglio per cercare di fare gli esercizi giusti per adattarci, nel modo più corretto e senza tradire la nostra natura, a questa nuova era che stiamo vivendo. Siamo tutti d’accordo, vero, che nulla sarà più come prima, in qualche modo? Per un bel periodo di tempo, quello che dicevo e che desideravo per me era che avrei voluto la mia vita come prima. Quel come prima, non ci sarà mai più. Non è un pensiero apocalittico o catastrofista. È la pura realtà che va considerata. Noi non siamo mai gli stessi e non lo eravamo nemmeno in tempi normali. Figuriamoci ora. In questi giorni, proprio perché ricorre l’anniversario del mio ultimo viaggio in Gran Bretagna, mi viene spesso da giocare a quello che c’è vs quello che non c’è. Vi ricordate? Ecco l’esercizio ulteriore che la mia mente strana ha partorito è quello che ci porta a giocare al Tra un anno. Se quello che c’è vs quello che non c’è ci porta a ragionare sul presente, che – diciamolo pure – è l’unica vera certezza, pensare al “tra un anno” è un vero e proprio allenamento per ritrovare la fiducia e la voglia di immaginare e sognare che ci è stata tolto dalla tanta realtà che abbiamo dovuto affrontare giorno dopo giorno. Allora ben vengano le liste. Le mia è qui sotto: direi che è solo l’inizio di una lista in progress. E le vostre? Raccontatemele.
Dove sarò… tra un anno?

Questa è la frase che ricorre più volte in quella canzone di Samuel che vi indicavo a inizio post. Io, l’anno scorso, me lo chiedevo perché – al di là della pandemia – stavo affrontando un ritorno nella casa dove ho sempre vissuto (per poi fuggire in Umbria… ma questa è un’altra storia) e dove non sapevo quanto sarei rimasta. E non sapevo, come non so nemmeno ora, dove sarei andata. Cosa avrei fatto di me. Come sarebbe andato il lavoro. Sapevo solo – e su questo non mi sono di certo tradita – che avevo la pura necessità di ricostruirmi, di essere di nuovo io al 100%. Avevo il dovere di combattere timori, paure e chissà quante altre cose. Ce l’ho fatta? Direi di sì, anche se sono arrivate altre domande dentro la mia testa. Se non fossi così, non sarei io. Insomma… dove sarò tra un anno?
- Tra un anno non sarò più nella casa che mi ha fatto da custodia nell’ultimo anno.
Questa casa è dove ho sempre vissuto – fatta eccezione per tutta l’estate 2020 – dal 2011. Qui davanti a me c’è l’albero Attiglio che, podendolo fare, porterei con me ovunque. Il mio contratto si chiuderà proprio a ottobre 2022. Questo è uno dei motivi che mi fa avere la certezza che questo luogo non sarà più la mia personale custodia. - Tra un anno sarò in partenza: voglio che sia così. Vorrò mettere nel mio autunno 2022 un viaggio importante. Le idee? Sono tante e ve ne butto lì giusto un paio. Mi piacerebbe andare in Malesia per scrivere dei luoghi legati ai libri di Emilio Salgari. Altrimenti vorrei vivere un po’ di autunno sull’isola di Hokkaido, in Giappone.
- Tra un anno sarò felice: perchè lo sono già ora e impegnarsi per esserlo sempre è uno degli esercizi da fare giorno dopo giorno.
- Tra un anno sarò in grado di fare programmi: se c’è una cosa che ho imparato, diventando grande, è che sognare aiuta sempre. Programmare è meglio. La differenza? Per me si tratta della stessa azione, in due fasi consecutive. Si sogna e si lascia andare la mente. È la genesi del programmare. Poi si passa a guardare il calendario e si mettono giù degli obiettivi. Dopodiché, si punta a quell’obiettivo come fossimo una freccia intenta a colpire il suo centro. Ed è lì che avviene la magia: un sogno diventa un obiettivo. Quindi, per sua stessa natura, programmabile, perseguibile e trasformabile in reatà.
Oggi, mentre scrivo questo post, mi sento come se fossi una che mette su un crowdfounding per se stessa. Siamo tutti raccoglitori di risorse. Ora, in questa nuova era, ancora di più. Raccogliamo risorse che sono fatte di forza e convinzione. Sono fatte di fede, nel senso più umano e ampio del termine. Seminiamo incertezza per lasciare che la terra faccia la sua magia e ci restituisca certezze, sogni, obiettivi.
Il podcast: … tra un anno

Fare programmi mi sembra, ora come ora, uno sforzo pari all’atto di scalare una montagna. Man mano che do vita a questi mie post personali, mi rendo conto di quanto io sia stata capace di cambiare. Mi guardo indietro e sento, dentro di me, le mie stesse parole quando dissi a qualcuno “io non credo di essere fatta per essere una libera professionista“. Ma poi l’ho fatto. E non tornerei mai indietro ora. Sento le mie stesse parole di poco meno di un mese fa mentre dico “io non ce la faccio a fare programmi, ora“. Accetto questa mia presa di posizione, ora, ma so che sarà diverso. Ecco perché ho scritto questo post e perché ho registrato il podcast che si mescola a queste mie parole scritte. La domanda è una sola: cosa vedete nella vostra vita tra un anno? Parlatemi di viaggi, di speranze, di paure, di quello che siete. Nella vita – credo di poterlo affermare con totale certezza – è importante farsi delle domande e darsi delle risposte. Un Corrado Guzzanti di fine anni ’90 direbbe “la risposta non la devi cercare fuori. La risposta è dentro di te, però è sbagliata“.
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