Ci siamo, è ufficialmente l’ultimo giorno dell’estate 2021. Gli equinozi subiscono la precessione: autunno e primavera non iniziano mai lo stesso giorno. Domani sarà autunno ed io sono pronta ad andare incontro all’estate che voglio io. Ho rincorso l’ultimo giorno d’estate per tante volte. Ci siamo: sta per succedere anche quest’anno. Il cuore batte forte, ho vissuto giorni di tensione assoluta. Sento la pancia che si “intorcola“. Uso un verbo molto veneto e non ne trovo uno italiano abbastanza efficace. Scrivo questo a 24 ore dalla mia partenza. La prima partenza in aereo per il 2021. Non avrei mai pensato di scrivere una frase come quella precedente. 24 ore alla mia partenza per Tenerife. Por fin…
Quando l’esilio si fa sentire ancora
Vi ricordate quando vi raccontavo degli effetti dell’esilio su di me? Quell’esilio durato 5 mesi tra la fine del 2020 e la primavera del 2021. Ero partita a considerare questo 2021 come un anno in cui avrei ricominciato a fare di tutto. Ho ricominciato a fare molto, non di tutto, ma molto. Mi mancava il fatto di prendere l’aereo. L’anno scorso – considerato da tutti un annus horribilis – ho preso 8 aerei. Pochi per la mia media ma, in linea generale, potrebbero essere considerati un numero decente. Il 21 settembre 2021 prenderò il primo aereo di quest’anno. Scrivo questo post a 24 ore esatte da quel decollo.
20, 20, 20, 20, 4 hours to goooo
I wanna be sedated
Nothing to do nowhere to go oh
I wanna be sedated
Just get me to the airport
And put me in a plane
Hurry, hurry, hurry
Before I go insane…I wanna be sedated – Ramones – 1978
Ecco. mi canto questa canzone ad libitum e andrà avanti così fino a che l’aereo non decollerà. O forse finché non atterrerà? Non lo so. Anni fa, proprio durante un viaggio a Tenerife, scrissi un post che intitolai Viaggio al confine della disabitudine: raccontavo di come, tornando in contatto quotidiano con mio padre, mi fossi sorpresa di alcune attenzioni “da padre” che avesse per me. In spiaggia, giusto per farvi un esempio, mi andava a comprare la birra anziché il gelato ma la valenza di questo gesto è sempre la stessa. Ora dovrei scrivere un “reloaded” di quel post. La disabitudine a certe partenze è scesa nel mio cuore. E mi rende tesa, anche se non sembra.
La disabitudine continua

Un anno fa, proprio la notte prima del mio viaggio di settembre a Tenerife, ho vissuto una delle notti peggiori della mia vita: avanti e indietro dal bagno come se non ci fosse un domani. Vi risparmio i dettagli ma potete immaginare. Il fatto è questo: quella notte fu il secondo grande effetto della pandemia su di me. Il primo – lo sapete – è stato il mio cambio di vita affettiva. Quella notte, proprio prima di partire per Tenerife, mi accorsi che il mio consolidato allenamento alle partenze si era affievolito. E io dove tornare ad allenarmi ma, finora, è stato un work out molto blando. Ma tornerò la bestia da partenza che sono sempre stata. Ora, però, fatemi partire.
Quel sospiro quasi innominabile
Datemi la stretta allo stomaco che, anche dopo migliaia di voli, sento. Datemi quel sospiro grande come il mondo che mi viene quando sento che il carrello si stacca da terra. Datemi la sensazione di voler dormire, proprio come succede ai bimbi sui mezzi di trasporto. Fatta eccezione – e non sto facendo polemica – con i bimbi che sono in aereo con me che, di norma, non dormono mai. Datemi il mio panino tacchino e formaggio… perché, se lo faccio col prosciutto, poi mi viene troppa sete. Datemi quel “oddio devo andare in bagno” a un certo punto del volo. Datemi quei “non è che tiro l’acqua e il vortice mi risucchia” che mi ripeto sempre, ridendo come una matta, prima di uscire dalla toilette del mio caro 737. Datemi quella mia modalità personale di appallottolare la felpa per usarla come cuscino. Datemi quella sensazione interrogativa che mi fa chiedere, sempre e inesorabilmente, se mi sia dimenticata qualcosa. Datemi quella risposta “tanto vado al supermercato là” che mi do sempre. Datemi quel sorriso che mi nasce dal cuore alla vista del Teide, quando manca circa un’ora all’atterraggio.
Il bagaglio da portare dentro l’autunno
Datemi poi quel momento – che mi sembra infinito – quando il primo vento delle Canarie mi accarezza il volto e mi dà il benvenuto. Datemi il primo tuffo nell’Oceano e quel “dai, non è fredda ora” che ogni settembre accompagna i miei bagni nell’Oceano Atlantico. Datemi le mille spalmate di crema SPF50 che daranno forte connotazione ai miei giorni a Tenerife. Datemi quella sabbia nera come non so cosa, che ti si attacca addosso e che ti porti direttamente in doccia per non seminarla ovunque. Datemi mio padre che mi chiede cose tecnologiche senza saperne il senso. Datemi i caffé con lui ogni mattina, le chiacchierate e quei “ma sei io venissi a casa un mesetto…” che poi non si traducono mai in realtà. Datemi 7 giorni di tutto questo. 7 giorni almeno, non chiedo altro. Datemi le crocchette da assaggiare ovunque, l’Almogrote che infilerò in ogni buco libero della valigia. Meglio una maglietta in meno che non avere posto per l’Almogrote da riportare a casa. Datemi le chiacchiere e i “vai a Punta oggi? Ci vediamo là“. Datemi il mio Teide – mi amor – e datemi il vento che impera a El Mèdano. Datemi tutti i miei pianti di felicità. Datemi le mie lentiggini da portare dentro l’autunno.
Please, take me to my beach…
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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