Ieri ho provato a pensare da quanto tempo non riuscivo a fermarmi per una settimana. Ci ho provato, davvero. Dalla mia mente non usciva un briciolo di risposta e questo è davvero un problema. O meglio, lo sarebbe stato se non fossi riuscita a capire che quello che ho appena vissuto era davvero il momento giusto per fermarsi. Per fermarmi. Poco tempo fa, parlavo di quella cosa strana della vita delle persone come rette parallele e vi raccontavo della mia ostinazione. Ostinazione anche nel non fermarmi, nell’essere sempre attiva. Nell’essere sempre pronta. Mi sono concessa il lusso e la libertà di fermarmi. E ho fatto bene. Questo è quello che ho capito in una settimana di silenzio, respiri, riposo, dormite, cose belle, posti belli e chi più ne ha più ne metta.
Il tempo per dire “non mi va“
Quando ero piccola, con i miei genitori si facevano due tipi di vacanze: o si noleggiava un camper e andavamo in giro per l’Europa. Oppure caricavamo l’auto e andavamo in campeggio. Una volta arrivati in campeggio, mio padre copriva l’auto con un telo e la scopriva tre settimane dopo. Gli unici spostamenti venivano fatti a piedi o in bicicletta e tutto quello che esulava dalla possibilità di tali spostamenti non veniva minimamente considerato. Non ho mai capito questo atteggiamento nei confronti delle vacanze fino a che non sono diventata grande. Allora l’ho capito anche se non l’ho mai fatto mio. Fino alla settimana scorsa. Non mi era mai capitato di fare delle vacanze – scelte da me coscientemente – senza che ci fosse il benché minimo programma di attività da seguire, di cose da fare, di luoghi da vedere. Fino a fine agosto, quando sono partita per la Fortezza Alta, in Umbria. Quando sono arrivata, ho messo a posto le mie cose e ho detto: ora ci sono solo io. E così è stato. Mi sono presa il lusso e il tempo di dire “non mi va di fare nulla“. Mi sono presa il tempo e il lusso di ascoltare il mio corpo e comprendere in pieno ciò di cui avevo bisogno. Per davvero. C’è stato il tempo per i posti che mi fanno bene (come Carsulae, che vedete qui sopra) e per le persone che mi fanno ancora più bene.
Il tempo per dire “grazie, silenzio“
Non sono mai stata una persona da abbinare alla parola silenzio e credo che non lo sarò mai. Negli ultimi anni (credo un paio d’anni almeno) ho iniziato ad ascoltare il silenzio come se fosse musica. È un ossimoro, lo so. Ma è così. Quando penso alla parola silenzio provo delle sensazioni contrastanti: quando sono io a cercare il silenzio, mi sento bene. Quando subisco il silenzio altrui, arrivo a provare rabbia. Eppure il silenzio è sempre silenzio. Ora come ora, mentre scrivo, sento nella mia mente le note di The Silence dei Manchester Orchestra. Un pezzo musicale meraviglio che vi invito ad ascoltare (trovate il video alla fine del post) per capire la forza del silenzio, così come lo intendo io. C’è stato molto silenzio – ricercato da me – attorno alla sottoscritta nei giorni scorsi. Un silenzio che è stato musica per la mia anima e per il mio desiderio (leggete: bisogno) di riposo. Mi chiedo se io abbia imparato “la lezione“, come si suol dire, da questo mio ascolto del silenzio. Mi chiedo se mi sia messa in testa davvero che non sono un super-eroe e che, quindi, sono toccata dalle debolezze umane anch’io. E nel silenzio… cosa ho trovato?
Il tempo per dire “eccomi qui“
Il lusso per dire “eccomi qui“. Ecco che cosa ho trovato. Il lusso perché non sempre riusciamo a sgomberare tutto ciò che ci contorna (e non importa sia qualcosa di positivo o negativo) e vederci esattamente per come siamo. Per vedere esattamente quello che vogliamo, per sentire esattamente quello che sentiamo. Settembre è, per molti, un capodanno sui generis. Per me non segna nuovi inizi ma probabilmente mette un segno sulla linea della mia ostinazione. In questi 9 giorni liberi da tutto e da tutti, ho imparato (la cosa dura, ora, è mettere in pratica) quale sia il mio limite attualmente. Il mio limite nel lavoro. Il mio limite di disponibilità. Il mio limite nel soffrire, pensare. Il mio limite nel vivere quotidiano. Quello che ho compreso, inoltre, è che alla forza dell’immaginare, del sognare, dell’amare e del vivere straordinario non c’è fine. Finché ci sarà meraviglia, ci sarò io. Ed è questo quello a cui voglio pensare ora. Avevo bisogno di fermarmi. Ora, per davvero, posso ripartire. Ho visto la strada sulla quale voglio camminare. Senza perdermi. Anzi, senza disperdermi.
I tried to be a basket case
I did not surprise you
I’m trying to find a signal fire
Let me know when I should move
But you, amplified in the silence
Justified in the way you make me bruiseThe Silence – Manchester Orchestra – 2017
PS: ho scritto un podcast su questa cosa del silenzio. La settimana prossima lo registro. Promesso
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Ci sei proprio tu dentro questo ostinato vacare❤️
Grazie. Lo sai che le tue parole mi fanno sempre bene, vero?