
Non ho mai avuto una gran dimestichezza con la matematica, la geometria e quelle cose lì. La mia testa è piena di altri segmenti – se posso continuare a stare in tema – culturali e mi vanno bene quelli. Benché sia bravissima con le statistiche legate al magico mondo del web. Forse non ho mai trovato, nella mia vita, qualcuno che sapesse appassionarmi alla matematica così tanto al pari di tutto il resto che mi occupa (felicemente) il cervello. Sono affascinata – forse proprio perchè c’è sempre un alone di mistero – da alcuni elementi tipici di quel mondo tutto numeri: qualche funzione, alcuni elementi geometrici, certe cose di fisica. Giorni fa ho riletto un pezzo di un libro di Alessandro Baricco e mi sono tornate in mente le rette parallele. Avete presente?
Che cos’è la retta?

Una canzone che adoro dei C.S.I. (Bolormaa) dice “Monito terrorista che la retta è per chi ha fretta
Non conosce pendenze, smottamenti, rimonte…“. E io di nuovo penso alle rette parallele. La retta, per sua definizione, è un elemento (quelli bravi dicono “ente”) della geometria euclidea. La sua caratteristica: avete una sola dimensione. Non ha spessore. Ha solo una dimensione: la lunghezza. La retta tende all’infinito. Si può muovere – distendere per così dire – su di un piano o in uno spazio tridimensionale. Mi fermo qua perché altrimenti mi perdo. Non so a voi, ma a me piace un sacco il pensiero di un elemento che si muove all’infinito in un dato spazio. Io vorrei essere una retta ma credo di assomigliare di più a un segmento perché vado da A a B e lì mi fermo. Ora facciamo un volo fino alla citazione di Baricco che mi ha illuminato, per così dire, la testa. Dice così:
… la strana intimità di quelle rotaie.
La certezza di non incontrarsi mai. L’ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco.
La citazione è tratta da un romanzo che si chiama Castelli di rabbia. Quando lo trovai, anni fa, in libreria, venni attirata dal titolo. Fu dopo uno dei miei grandiosi esami all’università. Ero solita, a quel tempo, regalarmi qualcosa dopo aver fatto l’esame e i miei due pit-stop erano in libreria e in un negozio di musica sulla strada verso la stazione. Lo comprai, lo lessi e mi misi a pensare.
Tra Baricco, Philip K.Dick e il destino

Sapete come accadono le cose nella vita, vero? Si mescola tutto come se noi stessi fossimo il contenuto di una grandissima impastatrice che ci prende e ci rigira come fa la macchina del pane. Ho ritrovato per caso la citazione di Baricco e mi sono detta di averla trovata nel momento giusto per poterla, di nuovo, sentire in me. Pochi giorni fa, successivamente a quel ritrovamento e per pura casualità, ho visto il film I Guardiani del Destino, con Matt Damon. C’era qualcosa di famigliare in quel film ma l’ho capito solo alla fine: era tratto da un racconto del grande Philip K. Dick, l’autore de “La Svastica sul sole“, da cui a sua volta è tratta la serie The Man in High Castle. Nel racconto di Dick (che poi… quanto l’avranno preso in giro con un cognome così. Viene da dire “quello è proprio un libro del cazzo“. Nomen Omen), si parla di come, per ognuno di noi, ci sia un piano. Uscire dal piano genera delle onde di cambiamento: un certo numero di onde è tollerato. Oltre a quelle, si va nei casini e qualcuno deve intervenire per riportare tutti sul proprio piano. C’è un elemento che, però, vince su tutti i piani: l’ostinazione e/o la determinazione di ognuno di noi. Non entro troppo nella trama – leggete il racconto e guardate il film – perché peccherei di spoiler e vi toglierei il bello. Una domanda, però, ve la faccio e la faccio anche a me: c’è mai stata una situazione nella vostra vita (non importa l’ambito) un momento in cui avete vissuto in piena ostinazione e avete difeso a spada tratta qualcosa?
In direzione ostinata e contraria
Quando mi chiedono di descrivermi, io dico sempre che sono testarda. Dovrei dire che anche sono ostinata, quando credo fermamente in qualcosa. La domanda sorge spontenea: come si comprende il limite in cui la nostra ostinazione passa da qualcosa di positivo a qualcosa di negativo? Dov’è la linea di “uscita dal piano”? Perché non ho un quaderno dove è segnato tutto come nel racconto di Philip K. Dick? Me lo chiedo pensando alla vita così come ai viaggi. Alle cose da fare, alle persone da amare, ai luoghi da esplorare. Ai piatti da assaggiare, alle esperienza da aggiungere alla mia vita. Dov’è il confine quando i nostri occhi non lo sanno cogliere? Ripenso di nuovo al concetto di rette parallele. Provate a pensarci anche voi, quando camminate per strada. Guardate le persone attorno a voi: siamo tutte rette (a volte parallele, a volte no), ognuna nella propria direzione. Ognuno cammina seguendo la propria rotta. La propria retta. Che, forse, potrebbe intersecarsi con la nostra. E se ci fosse davvero un piano anche nell’ostinazione? Oddio… mi sto perdendo.
Destino e altre cose: il podcast

Sto delirando sempre di più, vero? Forse: la realtà è che sono arrivata al limite della mia energia e, con tutta probabilità, devo ricarica tutta me stessa. E lo farò. Nel posto giusto, tra l’altro. Il fatto è proprio questo: non riesco a trovare il limite della mia ostinazione. Ragionando sul mio viaggiare, mi sono resa conto che – anche nel mondo – è spesso stato così. Ascoltate il podcast e aiutatemi a trovare una risposta.
La foto senza caption è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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