
Summer days drifting away to, oh, oh, the summer nights… dice così una delle canzoni più celebri di Grease e non so perché mi sia venuta in mente stamattina. Il pensiero che, in realtà, governa la mia mente è il fatto che questa, con tutta probabilità, sarà per me un’estate di tante prime volte. La prima volta che non ho fatto programmi (ma li ho improvvisati). La prima volta che non mi sento di pianificare. La prima volta che sto affrontando il caldo degnamente. La prima volta che mi faccio tanti pensieri a uscire, incontrare persone, malgrado sia felice dell’esilio finito. La prima volta che leggerò certi libri, berrò certi vini e birre. La prima volta che mi chiedo come saranno certe albe. La prima volta, sempre.
Che possiamo dire delle prime volte?

Dai, lo sappiamo tutti: quando si dice prima volta, pensiamo tutti quasi sempre e solo alla prima volta in cui abbiamo fatto l’amore o abbiamo sperimentato il sesso. Si tratta di una sorta di divisorio totale delle vite di ognuno ma, se ci riflettiamo bene, le prime volte sono ovunque. Tempo fa – un bel po’ di tempo fa – scrissi su questo blog un post che parlava delle seconde volte. Dicevo “la seconda volta vale di più” o, almeno, questo è il titolo di quel post che – ve lo dico – ho appena riletto prima di mettermi a parlare di prime volte. Dicevo anche “le prime volte accadono, le seconde sono un regalo“. Sono ancora convinta di questo pensiero e – ora che l’ho riletto – lo sento dentro il mio cuore che risuona come l’eco della sinfonia più bella mai scritta. Tornando, però, a parlare di prime volte, mi sto rendendo conto quanto questo 2021 sia l’anno delle prime volte. Di nuovo prime volte: andiamo di lista, che fa sempre bene. Almeno a me.
- l’anno in cui, per la prima volta da più di 20 anni, non ho ancora mai preso un aereo né un treno.
- l’anno in cui non ho ancora visto la Gran Bretagna. E questo fa male al cuore.
- l’anno in cui non ho ancora fatto un tuffo nell’acqua salata: sia essa quella del mare o dell’oceano.
- l’anno in cui ho vissuto per la prima volta in esilio.
- l’anno in cui, per la prima volta, sento l’abisso della lontananza dalle mie persone.
- l’anno in cui, per la prima volta, fare programmi mi fa paura.
Già, è la prima volta che, in vita mia, ho davvero paura che tutto non torni più come prima. Benché tutti continuiamo a sperarlo. Sto iniziando francamente a soffrire un po’ e mi fa strano anche solo dirlo.
Light and shadow

Questi pensieri stanno nascendo sul blog e saranno la guida del podcast che registrerò e che vi lascerò alla chiusura del post. Sto pensando a davvero tante cose e sento la mia indomita felicità mescolarsi a tantissime cose. Malgrado la paura che citavo nel paragrafo precedente, mi sento in pieno boulversement. Quanto mi piace questa parola francese e tutti i suoi derivati e affini. Mi sento come se fossi dell’acqua che ribolle in una pentola e fa salire e scendere le bolle come fossero tante componenti da mostrare al mondo e poi celare. Come se fosse un’esposizione d’arte temporanea con le opere in mostra che si muovono, si mettono davanti agli spettatori e poi fuggono quasi fossero delle ragazzine timide… alla loro prima volta, appunto. Lo sapete: il martedì è il giorno dei miei deliri personali e guai se non fosse così. Vi chiedo una cosa: qual è stata la prima volta che questo 2021 ha portato a voi e alla vostra vita? Provate a identificarne due, nel caso ce ne fosse una che vi ha fatto soffire. William Blake – genio assoluto, come ho scritto ieri nella mail inviata a qualcuno – concepiva la realtà, sia essa fisica o morale, come un qualcosa che regge il proprio equilibrio tra due forze: bene e male, giorno e notte, buono e cattivo, morale e immorale. E così via. Sicché, se ci sono le prime volte che fanno paura… ci sono anche quelle che rinfrancano.
Le prime volte che fanno bene
Quindi, dai, me la concedete un’altra bella lista di prime volte? Stavolta provo a concentrarmi sulle cose belle, perché ce ne sono sempre tante e non me ne scordo mai. Una di queste prime volte è proprio la riprova che il mondo va proprio come diceva William Blake. Ora che ci ci penso, credo dovrò rileggere un po’ dei suoi versi in questo agosto.
- l’anno in cui, per la prima volta, sento l’abisso della lontananza dalle mie persone. L’ho scritto anche prima ma questo abisso è così grande perché contiene l’amore che io provo per quelle persone. Quell’amore è, a tratti, φιλία (philia) e, in altro caso, ἀγάπη (agàpe).
- l’anno in cui ho imparato a vivere giorno per giorno, emozione per emozione, passo per passo. E non mi era mai successo e mai avrei pensato di riuscirci. Eppure…
- l’anno in cui dico spesso “Eppure…” in quel modo. Come per dire “Giovy, non smettere mai di stupirti“. E allora mi ricordo un’altra parola greca (che in autunno credo finirà in modo indelebile sulla mia pelle: θαῦμα, thauma che significa sia paura che meraviglia.
- l’anno in cui, con tutte le difficoltà del mondo, mi sono messa al centro. In der Mitte, ich… come dice uno dei miei tatuaggi.
- l’anno in cui ho trovato così tante persone a me affini, da guardare l’universo e dire “grazie per il regalo“.
Ma, aspettate… manca ancora un terzo di questo 2021. Vorrei che mi stupisse, in senso buono. Dite che ce la possa fare?
Le prime volte, tante prime volte: il podcast

Di che cosa parla il mio podcast questa settimana? Di prime volte, nel senso pù ampio del termine. Ci sono le cose più personali di sempre, così come di viaggi, ovviamente. Altrimenti non sarei io. Ascoltatelo e poi fatemi sapere!
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