
Per cosa ricorderai l’estate del 2021, Giovy? Sto iniziando a fare un elenco di risposte e, magari, ne farò un post quando l’estate finirà. Per ora posso dire che quest’estate è quella di un ritorno a certe consapevolezze e quella di alcune grandi fondamentali scoperte. Qualcosa, facente parte di quest’ultimo gruppo, è il fatto che è ho imparato (o forse semplicemente non ne ero conscia) a vestirmi di bianco. Alla veneranda età di 43 anni, riesco a indossare cose bianche e a tornare a casa pulita. Per quanto riguarda le consapevolezze, come raccontavo nel podcast qualche giorno fa (il player è sempre alla fine del post, quindi…ascoltate!), ho imparato di nuovo che la vita è sempre oltre il ponte. Almeno la mia.
Perché la vita è sempre oltre il ponte?

Il post del martedì sul mio blog sta diventando sempre di più un “riassunto della settimana precedente” e ci sta. Di nuovo: sono tornata alla vita sociale e venerdì scorso ero in giro per la provincia di Modena. Per ascoltare musica. Dal vivo, intendo. Quando sono arrivata lì ho pensato al mio ultimo sentore di musica live in presenza e la mia mente è saltata al Febbraio 2020, due giorni prima che in Italia si iniziasse a parlare di chiusura. Ero dalle parti di Deansgate a Manchester, dove la musica dal vivo è sempre stata tanta. E bella. Eccola lì l’ultima parvenza di live della mia vita pre-pandemia. Ecco, in quel di Castelnuovo Rangone in una notte di inizio luglio del 2021, il mio ritorno alla musica live sotto un palco, con tanto di commozione perché, A, non mi sembrava vero. E, B, perché mi mancavano un paio delle mie persone. Distanti fisicamente, vicine nel cuore. Ero – ve lo dico – al concerto dei Modena City Ramblers, gruppo che per me è più di un gruppo musicale da ascoltare e seguire. Ma ve ne parlerò prima o poi. Una delle loro canzoni – facente parte dell’album Appunti Partigiani – è Oltre il ponte e io ne ho spesso fatto un mio inno personale. Pensate un po’, il testo è di Italo Calvino, lo scrittore. Mia madre adorava quella canzone ed era una di quelle che ascoltava a tutto volume in casa quando aveva voglia di musica. Ascoltarla, mi ricorda molte cose: la storia di mio nonno (adesso ve la accenno), mia madre felice che mi insegna a essere caparbia, io che non ho mai mollato la presa nella mia vita anche quando mi sembrava di non farcela. Partiamo dal nonno…
Mio nonno e il ponte che attraversò

Io non ho mai conosciuto i miei nonni maschi: né quello materno, né parterno. Mio nonno paterno si chiamava Francesco e aveva un aspetto molto signorile e nobile. Dalle foto, dico. Lui viveva con mia nonna in un piccolo paese della Lomellina, in provincia di Pavia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, faceva parte dell’Esercito Italiano. Mio padre nacque il 31 agosto del 1943 e lui venne mandato in licenza per vedere, finalmente, il primo figlio maschio dopo due femmine. Una settimana dopo – 8 settembre 1943 – ci fu l’armistizio e lui passò dalla parte dei nemici dei tedeschi. Al ritorno dalla licenza, lui passò uno dei tanti ponti sul Po e venne catturato proprio dai tedeschi. Tornò a casa un bel po’ di tempo dopo a piedi, proprio da un campo per prigionieri militari in Germania. Lui fu un internato militare, come venivano chiamati a quel tempo. Ne scrissi già in un post agli albori di questo blog. Per lui, quel ponte e il suo attraversamento furono l’inizio di qualcosa che, probabilmente, non si sarebbe aspettato. Nel passarlo per tornare a casa, era simbolo di vita. Nel passarlo per tornare nel suo contingente, è stato simbolo di prigionia. Lo stesso ponte. A casa io ho l’ingrandimento della foto che fecero a mio padre tempo dopo per spedirgliela via posta. Mi sono chiesta mille volte che cosa pensò lui in quel momento e mi dispiace non averlo mai conosciuto, anche per questo motivo.
La mia mamma e i suoi tanti ponti (per me)
Andiamo avanti con la Bruna, la mia mamma. Guardatemi qui sopra, in una rarissima foto in cui non ancora portavo gli occhiali, assieme a lei. Ormai avrete imparato a conoscerla. Lei era una di quelle dalle idee super toste e dalla grande forza per perseguirle. In me lei vide tutto ciò che lei non fu mai. Man mano che divento grande, me ne rendo conto sempre di più. La Bruna divenne madre prestissimo (aveva 20 anni quando nacque mio fratello più grande), senza essere sposata e senza volere nessun bimbo nella sua vita. Noi tre – ovvero io e i miei fratelli – siamo tre momenti di incoscienza totale. Felici momenti di incoscienza totale. Amatissimi momenti di incoscienza totale ma siamo arrivati così… come per magia. Mia madre vide in me quella donna che avrebbe attraversato tutti i ponti che a lei, per mille motivi scelti o non scelti, non era stato dato di attraversare. La cosa meravigliosa, in tutto questo, è che le mie scelte sono coincise con questo suo desiderio, senza che io minimamente me ne rendessi conto. Lei mi ha insegnato a essere caparbia perché perseguissi i miei sogni. Lei mi ha insegnato la forza delle mie opinioni, affinché non cambiassi idea “perchè la società vuole così” o perché è giusto mettere la testa a posto in qualche modo. Cosa vuol dire, poi, mettere la testa a posto? Ci pensavo mesi fa e mi sono detta che gestirmi come imprenditrice di me stessa, vivere da sola, girare il mondo, non chiedere mai nulla a nessuno, essere amata ed essere una professionista con una grande capacità e tanto apprezzata forse è il mio modo di aver messo la testa a posto. Vi confesso una cosa: spesso, quando mi racconto a qualcuno che ha fatto scelti di vita diverse dalla mia (diverse, appunto, e pur sempre splendide. Come le mie), mi sento immensamente stupida. In inglese direi “silly“. Silly perché basto a me stessa ma questo non vuol dire che non sappia cosa voglia dire occuparmi di qualcun altro. O che io non sia seria e che non sappia impegnarmi. Io lo so e ne sono convinta dentro me stessa: sono convinta della mia voglia di cura, impegno e amore ma ho sempre l’impressione di sembrare “quella senza figli o marito e che vive la sua vita come vuole“. Come voglio, appunto. Ed è questo il ponte che la Bruna ha sempre voluto per me. Comincio a credere che ci saranno moltissimi altri ponti così nella mia vita. E ben vengano.
Quel fatto di non mollare mai

E poi c’è quel fatto di non mollare mai. Sto pensando, davvero, a quanto sia difficile passare alcuni ponti, ogni tanto. Avete presente – fisicamente e materialmente parlando – quei ponti proprio fatti a gobba in cui c’è una prima parte proprio in salita e poi si scende, camminando come se le gambe andassero da sole? La canzone portata sul palco dai Modena City Ramblers dice ” a 20 anni la vita è oltre il ponte” e io mi sono ricordata dei primi tempi, dopo l’uscita di quel loro album, quando io vivevo una delle situazioni lavorative più difficili della mia vita: il mobbing. Non ve l’ho mai raccontato ma, intorno al 2005/2006, me la sono vista brutta e, lì per lì, mi sono arrivate addosso delle paure che ho fatto fatica a gettare fuori da me. Ma ci sono riuscita. Ci sono riuscita così bene che ora lavoro senza rete di salvataggio perché, con la partita iva, è proprio così. In quel periodo ascoltavo Oltre il ponte e mi dicevo che dovevo trovare la forza per “sfangare” quella brutta situazione e, per l’appunto, andare oltre. L’altra sera, quando ho ascoltato quella canzone, ho pensanto che “anche a 40 anni la vita è oltre il ponte” sia il verso che canterò tra me e me. Sempre. Perché poi – ci ho pensato guidando verso casa venerdì notte – ci sono quei ponti che vorresti che la gente attraversasse e giungesse, finalmente, dal tuo lato. O almeno a metà. Vi è mai capitata questa sensazione dentro al cuore? Se penso ai ponti, penso anche a questo. E anche in questo caso, non mollo mai.
Un podcast per parlare di ponti
Adesso arriviamo al podcast: qui dentro, anche per questa settimana, c’è di tutto. Ci sono io con i miei ricordi di famiglia, proprio perché sono dei mattoni con cui sono stata saldamente costruita. C’è il mondo e ci sono i viaggi, perché i ponti mi hanno sempre affascinata e ne ho visti di speciali in giro per il mondo. Ascoltatelo e poi raccontatemi i vostri ponti, sia essi metaforici o luoghi reali che avete visto in giro per il mondo.
Tutte le foto, salvo diversamente indicato, sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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