
Ci pensavo l’altro giorno. Lo sapete che, quando mi parte un pensiero, io lo inseguo come se non ci fosse un domani. Vado dietro a quella cosa nella mia testa proprio come se stessi seguendo il filo di un gomitolo. Rosa e morbido ovviamente. Ah sì… cosa pensavo? Continuava a venirmi in mente la frase “ah, se l’avessi saputo prima…” e cercava di entrare in ogni argomento presente nella mia testa. Se avessi saputo prima che un tal luogo non meritava il mio tempo. Che una persona non meritava i miei pensieri e il mio cuore. Al contrario, se avessi saputo prima che al tal posto sarebbe stato meglio concedere più giorni e che quella persona con la quale, magari, avevo parlato vent’anni fa sarebbe ricomparsa nella mia vita. La verità, cari tutti, è che ognuno di noi brama la conoscenza del futuro: gli oroscopi ne sono l’esempio lampante. Ma anche la speranza lo è mille volte. Tutti noi bramiamo il futuro ma siamo proprio sicuri che, conoscerlo, sarebbe meglio?
Quell’ultima volta che ti frega

Tempo fa – circa 9 anni – scrissi un post che intitolai “L’ultima volta ti frega sempre“. Facevo riferimento all’ultima volta in cui parlai con mia madre. Discutemmo di quanto spettinata fossi e non ci dicemmo nulla di così impattante. Ah, se l’avessi saputo prima. Quella volta me lo dissi a gran voce. Poi ci sono state tante ultime volte e chissà quante altre ce ne saranno nella mia vita. Il fatto è questo: in quanto a ultime volte con qualcuno (con qualsiasi natura di rapporto) io vorrei sapere che quella sarà l’ultima volta. Ci sono dei momenti in cui, per davvero, lo sento e ne sono felice. Non ho mai avuto brama di predirre il futuro ma, in quei dati istanti della mia vita, sono stata felice dei miei presentimenti. Con le prime volte è diverso: prendono vita lì con te e ti accorgi del fatto ch qualcosa di nuovo ti sta succedendo. Ripeto: è l’istante ultimo che ci frega. E se venissimo al mondo sapendo esattamente la nostra data di scadenza, con una sorta di agenda segreta dove sono già segnate tutte le date di scadenza che ci riguardano? No, non credo mi piacerebbe.
Il futuro è come creta

Ho sempre pensato al futuro come la creta. Insomma, sembra un po’ la scena-madre di Ghost ma non è proprio così. Io resto particolarmente affascinata, probabilmente perché non sono dotata di manualità pratica, da chi riesce a plasmare qualcosa: un piatto, un vaso, qualcosa col legno. Io sono brava con le parole e con le cose da mangiare – il che non è poco – ma non ho la precisione per plasmare qualcosa di esteticamente bello e ammirevole. Perfino i biscotti mi vengono tutti diversi. Questa mia mancanza – se così vogliamo chiamarla – mi ha sempre portato ad avere un’ammirazione totale per chi plasma la materia. E dà vita a qualcosa. Dentro questa immagine – quella di mani intente a dare forma all’inanimato – io metto la mia idea di futuro. Il futuro è come creta: si plasma e non nasce fatto. Si può rompere e quindi riformare. Fino a un dato momento può essere qualcosa e dopo essere qualcosa di totalmente diverso. Questa idea di futuro mutevole – quasi fluido, se vogliamo strizzare l’occhio a Bauman – mi dà immensa fiducia. È un po’ come se accendessi un fuoco in una stanza buia. A voi non dà questa impressione.
Sono figlia dell’Atlante…

O di Atlante? Magari ho avuto in eredità il peso del mondo e non lo so. Sto pensando al mondo che ho visto e all’amore che è nato in me per molti luoghi. Il mio amore per il mondo, come continuo a chiamarlo io. Sono figlia di un’epoca in cui si immaginava un viaggio guardando l’atlante. Io, ve lo confesso, adoravo andare in cerca di quelle parti dell’atlante dove erano sviluppati vari temi: le popolazioni native, l’arte, la storia e così via. Il mio atlante (se non erro, era della De Agostini) aveva questa parte centrale con un sacco di approfondimenti. Ancora ricordo quando sono stata in Inghilterra per la prima volta: continuavo a guardare la cartina fisica della Gran Bretagna e immaginavo mille cose. Pensate un po’ come sarebbe stato se, a quel tempo, avessi saputo quante volte sarei tornata lì e quanto quel luogo sarebbe diventato il mio lavoro!? Penso lo stesso ricordando Seattle: nelle mie peregrinazioni in giro per quella città mi sono vista spesso con la me quindicenne al seguito. Se, a 16 anni, mi avessero detto che un giorno avrei pianto davvero davanti alla tomba di Brandon Lee… non ci avrei creduto.
Il podcast di questa settimana

Il fatto è proprio questo: quando qualcuno ci racconta il futuro, noi stentiamo a credere a questa persona e a quel che sentiamo. L’essere umano è fatto per bramare l’impalpabile ma a credere solamente a ciò che tocca con mano. O almeno è così per me. Desiderare il futuro è umano… ma di cosa abbiamo bisogno per crederci realmente? Ascoltate il podcast perché vi parlo anche di quei luoghi che mi hanno fatto dire “ah, se l’avessi saputo prima“.
One day up near Salinas, Lord, I let him slip away
He’s lookin’ for that home and I hope he finds it
Well, I’d trade all my tomorrows for one single yesterday
To be holdin’ Bobby’s body next to mine
Me and Bobby McGee – Janis Joplin – 1971 (pubblicata postuma)
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