
Scomodo addirittura gli Smiths e quella canzone che tanto amo e che mi canto ogni mia mattina, quando ho la fortuna di essere a Manchester. There’s a light that never goes out sarà quello che penserò oggi. Mentre state leggendo questo post, giusto per dirvene una, io sarò intenta a farmi vaccinare. E di sicuro mi commuoverò, come mi sono commossa quando ho ricevuto il fatidico sms della mia asl per la convocazione. There’s a light that never goes out è la frase che mi è saltata in testa perché – davvero – c’è quella luce che non vuole spegnersi o esaurirsi. Allora mi sono chiesta di cosa sia fatta, cosa la alimenti e che cosa sia, dentro di me, quel mio “essere fiera del mio sognare, di questo mio eterno incespicare” che non mi lascia mai. Guccini mi perdonerà il fatto di aver messo al femminile la frase appena citata.
Cosa ci riempie di luce?

La domanda è questa: cosa ci riempie di luce? Può essere, fisicamente parlando, un luogo dove la luce è particolarmente significativa. Penso a Delft, la cui luce è il centro dell’opera di Vermeer. Ma i posti protrebbero davvero essere molti. Poi – cosa importantissima – ci sono le persone che ci riempiono di luce: quelle che sono come il sole all’alba, quello che ti inonda e mostra la sua forza crescente. Mi piace anche il sole del tramonto perché, in un certo modo, abbraccia. Ma mi sa di abbraccio di addio. Sapete quegli abbracci forti che in sé hanno però quel pizzico di tristezza? Ecco. L’abbraccio dell’alba, invece, ha dentro tanta di quella forza dirompente: la stessa di un bacio dato perché lo vuoi e lo senti battere in fondo al cuore. Ci sono persone così, con la stessa potenza e capacità di luce del sole dell’alba. Avete presente? Io sì e mi reputo fortunata per il fatto di conoscere queste persone. E per il fatto che siano legate alla mia vita. Ci sono le canzoni che ci riempiono di luce. Ci sono i libri. Ci sono le parole. Perché sto parlando di luce proprio oggi? Perché il solo pensiero del vaccino mi dice che forse, in un qualche modo, ce l’abbiamo fatta o ce la stiamo facendo. Siamo in una nuova era ma le cose che ci hanno sempre fatto bene stanno tornando.
Una canzone che mi riempie di luce: Unthough Known
Unthought Known [avete presente a cosa ci si riferisca con quelle due parole?] è una canzone che mi riempie di luce. Il primo merito è, senza dubbio, della melodia. Ogni canzone è fatta di melodia, parole, dell’armonia di insieme e dell’interpretazione di chi la esegue e la canta. Nella voce di Eddie Vedder c’è forza e luce. Nella musica dei Pearl Jam c’è la luce. Questo pezzo a me dà la sensazione di qualcosa che si allarga e si riempie di forza. Come i polmoni quando respirano. Questo pezzo mi riempie di luce, anche per le tante domande che occupano il testo verso la fine. Farsi domande, allarga la vita. Brain is wide, del resto, dice il testo.
Un luogo che mi ha riempito di luce: la Golden Hour in California
Avevo preparato questa foto per includerla nel post in cui ho raccontato quello che amo di San Francisco. Poi ho tenuto questa immagine -fisica e figurata – per me e ve la racconto oggi. La California, in vari momenti di viaggio, è un luogo che mi ha inondata di luce. Succedeva al mattino presto mentre cercavo di recuperare la colazione da qualche parte; succedeva al tramono – in quell’abbraccio di saluto di cui vi raccontavo prima – quando tutto diventava oro. Vivere la Golden Hour in California è un qualcosa che auguro davvero a tutti. Proprio per capire cosa voglia dire quando quella sensazione d’oro, di forza e di luce ti entra dentro. Come quella sera su di un tetto a San Francisco, mentre guardavo verso North Beach.
Un pensiero che mi ha riempita di luce: il profumo delle fragole

Momento stream of consciousness perchè questo paragrafo nasce da una sensazione bellissima. Qualche giorno fa ho fatto la macedonia, cosa che mi piace tanto. Non sono mai stata un’amante dell’estate ma fa eccezione la frutta di questo periodo: le fragole, lo so, sono primaverili ma più a nord si va in Europa, più si trovano anche a luglio o agosto. E questo è un pensiero che è proprio una macedonia totale. C’erano le mie mani, sporche di fragola, profumate di fragola e c’era la mia testa che vagava. È finita in mezzo a un prato, col sapore di una sorta di vino di fragole che ho bevuto per caso in Finlandia, un miliardo di anni fa. E io mi guardavo da sopra, stesa su quel prato, col sorriso felice e un po’ di oblio nella mente. Una mano da stringere, un bacio da dare (facciamo anche di più), la felicità che diventa oro dentro di me. E come oro mi colora, mi avvolge, mi rende preziosa. Più di quanto io creda di esserlo per me stessa. Annuso di nuovo le mani che sanno di fragola e riparto. Questo è oro. Il fatto di sapere viaggiare così, con la mente e dentro di me.
There’s a light that never goes out

C’è una luce che non smette di brillare. Quella luce ci avvolge, a volte ci può guidare e a volte ci fa vedere tutto più chiaramente. Avete mai provato ad afferare la luce? Non si può. È come con l’amore: possiamo lasciarci avvolgere ma non possiamo trattenerlo. Dico questo perché, nei giorni scorsi, ho avuto un sacco di momenti in cui la luce è arrivata nella mia vita e io, dalla felicità, mi sono sentita quasi spaesata. Quasi come se quella felicità fosse arrivata da me, per me, per caso. Ma caso non è. Mi è ancora difficile dire, capire e comprendere in pieno quanto io sia meritevole di amore. Dico grazie tutte le sere al mondo perché, giorno dopo giorno, capisco che, ogni tanto, riesco a essere quel piccolo puntino di luce nella vita di qualcuno. E quel qualcuno lo è nella mia di vita. Così, come in una danza. La danza delle lucciole in un prato notturno, in estate, come ora. Ho pianto, nel dire grazie, giorni fa. Ho pianto perché ero felice. Mi sono emozionata, giorni fa, nel raccontare quella cosa delle fragole perché era così bella che andava condivisa. Mi sveglio tutte le mattine e mi rendo conto di essere viva e saper essere luce. Questo è un regalo immenso.
Take me out tonight
Oh, take me anywhere, I don’t care
I don’t care, I don’t care
Driving in your car
I never, never want to go home
There’s a light that never goes out – The Smiths – 1986
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