
La verità, vi prego, sulla vicinanza. Ci ragionavo qualche giorno fa, complici le mie chiacchiere del weekend e il fatto che mi sono messa a fare la parmigiana di melanzane per poi guardarla e dire “e quindi?“. Domande da pressione bassa, perdonatemi. Sono giorno in cui si torna a mordere le pesche con tutto il piacere e la lussuria che ne può derivare. Sono giorni in cui le lentiggini tornano su di me e momenti in cui le zanzare tornano a banchettare con le mie cosce a tutte le ore del giorno e della notte. Sono i giorni in cui prima o poi butterò il magnesio dentro il caffè al posto dello zucchero, solo per vedere l’effetto che fa. Sono giorni in cui la primavera lascia il posto (in calendario… perché a livello di temperatura ci siamo già) all’estate e giorni in cui io, davvero, rifletto sul fatto di essere vicini.
Quanto fa paura la vicinanza? (e quanto ne abbiamo bisogno)

No, non voglio scrivere un secondo In der Ferne. Quello era l’inno scritto col cuore in mano per le mie persone e tale resta, ancora oggi. E sarà così anche a distanza di millenni. Perché noi – ovvero io e quelle persone – siamo totale infinito. Quello di cui voglio parlare oggi è ciò che ho già accennato nel podcast domenica: la vicinanza. Chi, tra di noi, ha avuto paura o ha ancora paura della vicinanza? Io non credo di averne. Mi lascio aperta una porta per ragionarci ancora ma non credo di avere paura della vicinanza. Sono giorni, questi, in cui, per un motivo o per un altro, sento di essere vicina a più di una persona lontana. E la cosa non dovrebbe stranirmi, dato il corso della mia vita. Tale vicinanza, fatta di mille cose diverse che non starò qui a indagare, è qualcosa di tangibile, seppur non presente fisicamente. Vi sto confondento? Forse sto confondendo anche me. La domanda è questa: quante volte ci teniamo distanti da una situazione perché la vicinanza ci spaventa? Uno dei miei film preferiti contiene una battuta che dice “il fatto che io tenga a te ti deve spaventare moltissimo“. Così, per dire.
Vicinanza vs prossimità
Ragionateci bene: un conto è la prossimità. Un conto è la vicinanza. Io, nel corso degli ultimi 3 anni almeno, ho capito fortemente la differenza – e nemmeno troppo sottile – tra questi due termini così comuni eppure così potenti. Gli esseri umani vivono quasi spesso i proprio giorni in prossimità con altri esseri umani ma ciò di cui hanno realmente bisogno è la vicinanza. E la vicinanza prende mille forme, quasi come fosse un δαίμων socratico (C’è scritto Daimonion: tenetevi pronti, perché oggi alzo il livello delle materie classiche e del greco antico… datemi qualche minuto) pronto a mostrarsi o agire in modo celato nella nostra vita e in quella altrui. Fermatevi un attimo e respirate prima di pensare. Io, respirando profondamente, sento in pieno il profumo del Tiglio Attiglio e tutto mi sembra bello. Meraviglioso. Dicevamo… ah sì, la domanda da stronza (quale sono ogni tanto): a quante persone siete, realmente, vicini e quante sono vicine a voi? Fa male, eh!? In parte anche a me ma poi le vedo. Le vedo tutte. Le mie “in der Ferne“, ovviamente, ma c’è anche altro. E allora mi dico che sono fortunata.
Vicinanza: l’esempio di Laura e Filippo
Giorni fa osservavo la Lavanda Laura e il Basilico Filippo. Laura è finalmente fiorita e ha un buon profumo. Le api iniziano ad apprezzarla e io sono felice. Filippo è arrivato da me un mese e mezzo fa circa ed era piccolissimo. Ora è cresciuto come non so cosa. Lui ama la vicinanza di Laura e Laura lo cerca. Ho provato a spostarli ma lei si piega di nuovo verso di lui. Allora ho pensato che, probabilmente, hanno bisogno l’uno dell’altro e mi piace che questa cosa sia così bella, naturale e lampante. Sabato scorso, mi sono messa a scrivere sul mio diario cartaceo (ora è Giovy VI, vediamo quando lo finisco) e ho riempito non so quante pagine. Una frase mi è uscita spontanea e la penso ogni volta che guardo Laura e Filippo nella loro estate. Mi sono resa conto che sto nuotando in un mare d’amore, di mille forme e sostanze. E che quell’amore è vicinanza pura. Fa strano no? In un periodo che ci ha imposto esilio e distanziamento sociale, io mi trovo a percepire questa cosa. Sapete quale sia il problema? Sento tutto quell’Amore e mi chiedo se io me lo meriti. E quanto me lo meriti. Sorrido da sola e mi dico che sono una deficiente a ragionare così. Il fatto è che, come molti di noi, non sono più abituata a sentire la vicinanza. Ero assuefatta alla prossimità. Sentire la vicinanza sembra la cosa più strana del mondo.
“Sei come la maieutica…”
Maieutica. Lì sopra c’è scritto Maieutica. Allora mi sono chiesta tante cose: quante volte non viviamo la vicinanza e ci incartiamo in mille sproloqui mentali (oddio… potreste dire che questo mio post sia uno sproloquio mentale) per non lasciare che la vicinanza esprima tutto ciò che vuole esprimere? Portando questo pensiero al senso del viaggio, vista la tematica del mio blog… quante volte abbiamo tralasciato di vivere e conoscere un posto vicino perché vicino equivaleva a dire “cosa tralasciabile finché non arriverà quel weekend in cui non avrò nulla da fare?“. Ecco, nel podcast parlo anche di questo. Assieme al fatto che, qualche giorno fa, qualcuno mi ha detto che sono come la filosofia maieutica: μαιευτική, avete presente? Di questo, però, parliamo un’altra volta. Ascoltate il podcast.
Tutte le foto senza caption sono © Giovy Malfiori
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