
Ebbene, lo ammetto: il titolo di questo post sarebbe dovuto essere “un po’ di cazzi miei di primo mattino”, così… da mangiare a colazione quasi come fossero dei cereali o dei pezzi di biscotti da pucciare nel latte. Perché, diciamolo, io vi parlo spesso di me ma non vi racconto mai le cose precisamente. Almeno non sempre. Non lo faccio per mancanza di fiducia ma perché richiamo a me un principio che ritengo sempre valido: quello di non consegnare al web sempre tutto di noi. Ne scrivevo già anni fa quando la moda di raccontare per filo e per segno tutto ciò che ci accadeva stava entrando di prepotenza nelle nostre vite. Sono ancora dell’opinione che non mi troverete mai a fare delle stories mentre cose pesanti o troppo serie stanno accandendo alla mia vita. Sono sempre una grande sostenitrice dei rapporti umani ben scelti e diretti. Detto questo, posso però parlarvi un po’ di più di me. Perché mi va e perché faccio fede a un principio potente, valido in tutte le epoche e con qualsiasi mezzo di comunicazione: chi si assomiglia, si piglia.
La gente a me affine

In questi giorni sto facendo un corso di formazione a una persona che sta per intraprendere un nuovo e felice percorso di vita. Nel parlare di ciò che, sul web e nella proprita attività autonoma, possa fare la differenza, io dico sempre che sta tutto a noi. Siamo noi, con le nostre caratteristiche e peculiarità, a fare la differenza. Soprattutto in un momento di vita (leggete: intorno ai 40 anni) in cui ci si inizia a capire davvero e si comincia a sapere esattamente cosa si vuole. O, almeno, è così per me. In un mondo dove la replicabilità in serie è quasi tutto, essere se stessi è ciò che ci rende davvero dei rivoluzionari. Essere se stessi è rock all’ennesima potenza. E alla faccia di chi ci vuole male. Non c’è strategia di crescita o chissà che azione da mettere in pratica per l’autopromozione che tenga se non si è davvero se stessi. L’estate scorsa, in Umbria, ho incontrato una persona che mi segue per prendere un caffé. La cosa che mi ha detto appena mi ha vista è stata “ma sei davvero così“. E io le ho risposto che non ho altro modo di essere. Mi sono accorta, in ormai 10 anni di vita di questo blog, che col tempo ho perso per strada lettori e follower che non hanno un modo affine al mio di vedere e percepire il mondo e il viaggio. Ne ho recuperati, però, un sacco in più. Lettori e follower che hano, inoltre, fatto una magia grande: sono entrati nella mia vita e io, ora, voglio loro bene perché sono anime che hanno tanto da dirmi, mi ascoltano e mi sono affini. È nell’affinità che si cela il segreto di una vera community: piccola o grande che sia. Ed ecco perché io, oggi, mi racconto. Perché so se che siete qui a leggere, siete parte di ciò che sono io.
Una scodella di c*§°i della Giovy: cose biografiche
Partiamo dall’ABC della conoscenza: le informazioni biografiche su di me. Potrei partire dal giorno della mia nascita… anzi, mi sa che lo faccio. Così vado in ordine cronologico e non mi perdo. Pronti? Avete tutto con voi? Popcorn, patatine, birra, vino, grappa, qualsiasi cosa possa stordirvi in caso di bisogno?! Bene, partiamo. Ah, per la cronaca: quella lì sopra sono io, a 8 mesi, nel primo viaggio della mia vita. Ero in campeggio in Toscana con i miei.
- Sono nata il 19 gennaio 1978, in un paese dell’Alto Vicentino.
Sarei dovuta nascere circa 2 settimane dopo ma mia madre – la Bruna – decise che fosse ora di lavare a mano un giubbotto di lana di mio padre. Per lo sforzo nel sollevarlo per strizzarlo, le si sono rotte le acque. Poche ore dopo sono nata io. Quel giorno c’era il cielo limpido e faceva davvero freddo. - Ho due fratelli più grandi di me.
Uno ha decretato al mondo “è mia, è tutta mia” non appena mi ha vista dal vetro della nursery. L’altro ha cominciato a interagire con me quando io ho iniziato a parlare. E ho iniziato presto, per fortuna. - A poco meno di un anno non ho più voluto né ciuccio, né biberon.
Con un atto simbolico, mio padre mi ha portata in un posto per gettare via il ciuccio e, da quel momento, non l’ho più chiesto. - Mi hanno dato le chiavi di casa quando avevo 6 anni.
Mangiavo pane e indipendenza per colazione. Spesso e volentieri (per il lavoro dei miei e per il fatto che i miei fratelli avessero il pomeriggio a scuola, io stavo a casa da sola). - Ho imparato a farmi il tè aprendo il rubinetto dell’acqua calda.
Questo perché non ero capace di accendere il fornello ma, quando i miei cambiarono la cucina, per me fu una svolta. Il fornello si accendeva da solo e io potevo farmi il tè con l’acqua bollente. Finalmente. - Il mio primo ricordo (del quale ho parlato con una neurologa per chiederle se fosse mai possibile. E lei ha detto sì) risale a quando avevo 3 mesi. Si tratta di un paio di immagini e basta. Quando le raccontai a mia madre, lei restò di sasso perché quella cosa accadde nell’aprile del 1978. Scientificamente, è possibile: si fissano delle immagini nel cervello. Da quel momento ai due anni circa, non ricordo altro. Ma quel ricordo c’è.
Una scodella di c*§°i della Giovy: parliamo di cibo

Allora: su questo blog c’è una sezione sapori che proprio adoro rimpolpare di luoghi e cose buone dal mondo. Ritrovare il mondo nel piatto è una cosa spettacolare. Anche (e soprattutto) se per “mondo” intendiamo un qualcosa che fa parte di noi e di tutti quei sapori che cerchiamo per ricordarci qualcosa di buono. E che fa bene sia alla pancia che all’anima.
- Non bevo il latte.
Tranne un goccio nel caffé, giusto per macchiarlo. Questa è una cosa che mi segue da quando ero piccola. Quando facedo i campi con gli scout, io ero una di quelle che non beveva il caffèlatte ma faceva colazione col tè. Secondo mia mamma, questo è uno dei motivi per cui probabilmente non ho più voluto il biberon. - Non mangio peperoni.
Ci ho messo circa 25 anni della mia vita a capire che ero intollerante in maniera pesante. Sicché, bye bye peppers! I peperoncini piccanti, però, sono sempre bene accetti. - Quando mangio la pizza, mi piace – ogni tanto – tagliarla a pezzi piccoli.
- Uno dei miei piatti preferiti, retaggio di infanzia, sono le cotolette col purè.
- In casa mia cucinava sempre mio padre ma mia madre aveva due grandi classici che, per me, sono comfort food totale anche ora. Quando lei mi manca, io li preparo sempre: si tratta di quello che lei chiamava il “risotto col formaggino” e l’arista di maiale con le cipolle e il latte. Sento un po’ il latte, in questo caso, ma pazienza.
- Ho imparato tante delle cose che so fare in cucina da mia nonna Cecilia, la mamma della Bruna.
Una scodella di c*§°i della Giovy: affetti & Co

Cosa dire del mio cuore e della mia anima? Beh. quanto tempo abbiamo? Lo sapete che potete leggere questo blog anche sulla tazza del water quindi potrei stare qui a raccontarvi la qualunque per l’eternità. Ma sarò clemente e vi darò solo qualche indicazione. Per i nomi, cognomi e dettagli… facciamo che ci troviamo da qualche parte e ne parliamo faccia a faccia (con un po’ di vino in corpo)?
- Sono una da amicizie forti e durature.
Le mie persone In der Ferne ne sono una bella dimostrazione. - Sono sempre stata una popolare e ben voluta.
Diciamolo, io non sono mai stata fisicamente un fuscello ma faccio parte di quella categoria di bimbe/ragazze/donne tonde e senza spigoli che non hanno mai (e ripeto: mai) subito atti di bullismo alcuno. Ora, le cose stanno così: o io ho incontrato solo gente a posto; o sono sempre stata brava a gestire le mie relazioni (non ci crede nessuno, nemmeno io) o sono davvero figlia di altri tempi. - Sono sempre stata un capitano.
Quando, in tante situazioni diverse, c’era da scegliere un “capo” per qualsiasi cosa (capoclasse, capo squadriglia agli scout, capitano della mia squadra di rugby, rappresentante di colleghi e lavoratori), beh, quel capo ero io. A detta degli altri. Venivo eletta democraticamente anche quando non mi presentavo. - Ho avuto 3 o forse 4 amori importanti nella mia vita.
Lo sapete che, per me, l’amore è tanta roba. Qui mi riferisco “solo” al fatto di stare in coppia. - Avevo 14 anni quando ho dato il primo bacio vero. Ne avevo 17 quando ho lasciato la mia verginità su di un prato che ha un sacco di storie da raccontare (magari ve ne parlerò).
- Più o meno intorno ai 32 anni, ho sentito dentro di me che essere madre non sarebbe stata la mia strada. Scelta pesante e pensante. Cosciente e che non mi ha fatto del male.
Una scodella di c*§°i della Giovy: musica, libri e film

Concludo questa carrellata di cazzi miei con qualcosa che, probabilmente, non vi sarà nuovo… se mi seguite da un po’. Faccio un po’ una lista (lo sapete quanto io ami le liste, vero?) di musica, film e libri che mi fanno impazzire. Queste tre “cose” (che sono molto più che semplici cose) sono davvero i mattoni costutivi del mio essere. Le fondamenta di quella casa che sono io.
- Il primo album che imparai a memoria, intorno ai 10 anni, fu The Wall dei Pink Floyd.
- A 15 anni mi sposai con Eddie Vedder, dopo aver visto i Pearl Jam a Verona, il 3 luglio del 1995.
- Ho visto Jeff Buckley dal vivo 2 volte prima che morisse. Ho culo, lo so.
- Non riesco a dire quale sia il mio libro preferito: metto, però, Jane Eyre di Charlotte Brontë al top.
- Il mio film preferito è Terra e Libertà di Ken Loach. Ma anche qui la lista sarebbe lunga.
- Guardo il film Singles – l’amore è un gioco di Cameron Crowe almeno 3 volte l’anno.
Non tanto per la trama ma per la colonna sonora e per il fatto che mostra la Seattle degli anni ’90.
24 cose di me raccolte in una sola

Vi ho raccontato 24 cose di me. C’è altro che volete chiedere? Oggi sono ben disposta a rispondere a ogni cosa. Nello stilare questo semplice elenco che contenga un po’ di cazzi miei mi sono resa conto, ancora una volta nel caso ce ne fosse bisogno, che io mi amo davvero alla follia. E ne sono conscia. E ne sono felice. E mi piace mettere le congiunzioni a inizio frase. Grazie per essere arrivati fino a qui. Love you all.
Tutte le foto senza caption sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Sei troppo una dritta!!!
Che forza della natura!!
Grazie, Anna!