
La primavera è arrivata, almeno astronomicamente e sui calendari. La primavera è arrivata e, come la stessa stagione del 2020, ci vede un po’ tutti in esilio. Io, sicuramente. Stavo pensado, proprio nello scorso weekend, all’inverno e al suo essere trascorso mentre io buttavo uno sguardo distratto fuori dalla finestra, senza farsi sentire troppo nella mia pelle. Senza farsi vedere e, probabilmente, giocando anche un po’ a nascondino. Nel giorno dopo l’equinozio, io mi sono immaginata con lui – con l’inverno – a fare due chiacchiere prima che prendesse la porta e se ne ansasse. Sai, inverno… abbiamo qualcosa da dirci.
Sai, Inverno…

Sai, Inverno, ti chiamo col tuo nome ma userò la lettera maiuscola. In italiano, lo sai, dovresti essere sempre nominato con la minucola e io controllo sempre perché mi sbaglio con ciò che accade in altre lingue. La mia testa ogni tanto confonde le regole di grammatica ma, che vuoi farci, sono un disastro e ogni tanto lo devo pur dimostrare. Sai, Inverno, pensavo ieri che sei arrivato e hai vissuto pienamente i tuoi classici mesi ma io non me ne sono accorta. E un po’ mi dispiace. Tu sei la stagione della mia nascita e io mi tengo dentro, quasi come un tesoro, le parole della mia mamma che mi raccontò che, quando nacqui, era un giovedì limpido e freddissimo. E io adoro quelle tue giornate. Quest’anno non me ne sono accorta. I segni del tuo passaggio erano come un film che passava su di uno schermo che non potevo toccare. Sapevo che fosse la tua stagione per via del piumone sul letto, il maglione che dovevo tenere sempre (e tu sai che io odio scrivere con le braccia coperte), per il riscaldamento da lasciar andare e perché, ogni mattina, guardavo il Tiglio Attiglio e osservavo come cambiava.
Sai, Inverno… tu sai rivelarti e sei rivelatore
Sai, Inverno, tu sei una di quelle stagione che pochi comprendono e pochi amano nella sua totalità. C’è chi ti abbina al buio, chi pensa a te solo per il periodo delle feste. Noi lo sappiamo bene che tu sei davvero molto di più. Tu sei una stagione che si rivela e spinge ogni cosa alla sua più totale rivelazione. Gli alberi si spogliano mostrando le loro forme, il loro essere se stessi. Le cose si ghiacciano – o almeno dovrebbero farlo – cristallizzando la loro forma e lasciando che il mondo scorra loro attorno senza minimamente scomporsi. È stato grazie a te che ho visto per la prima volta l’Albero Egidio nella sua forma umana. L’estate e l’autunno lo nascondevano, quasi come avessero paura di rivelare qualcosa di terribile. E non è terribile: è bellissimo vedere un uomo, trasformato in albero, capace di farsi vedere. Io ho raccontato a quell’albero delle cose pazzesche di me, ho fatto cose pazzesche al suo cospetto e so di aver fatto bene: ogni azione, ogni parola, ogni speranza che ha preso vita davanti il suo tronco o a contatto con le sue radici è come oro puro nella mia vita. Egidio si è mostrato e io ho capito, davvero, tanto di me.
Sai, Inverno, tu sei custode

Sai, Inverno, tu sei capace di custodire. Forse perché durante il tuo corso si tengono di più le finestre chiuse e allora teniamo a vivere più a livello interiore che esteriore. Questo sembra un po’ un luogo comune ma, in fondo, lo sappiamo tutti che certi luoghi comuni sono l’essenza stessa della vita. Tu, caro Inverno, sei stato e sarai sempre custode del mio esilio, condizione che mi ha portata a parlare con i muri (non che non lo facessi prima) e a scavare a bomba dentro di me. Così tanto da aver dato vita a Giovy VI, l’ennesimo diario cartaceo che mi accompagnarà fino all’ultima pagina bianca, fino all’ultima riga. Pensavo, caro Inverno, a tutte le cose di cui io e te abbiamo parlato. Pensavo, caro Inverno, a quanto io e te ci siamo detti e quanto tu abbia visto di me. Hai sentito il mio essere andare in pezzi, mi ha vista piangere, mi hai vista ridere, mi hai vista con gli occhi certi di aver capito molto. Mi hai vista là, appoggiata alla finestra della sala, ogni sera prima di andare a letto, con gli occhi verso le stelle, pronta a parlare con loro quasi come fossero un telefono senza fili capace di diffondere i miei pensieri nel mondo. Fiera di essere così. Sono fiera di essere così. Sono fiera di lasciarmi custodire da te.
Sai, Inverno, tu sei rinascita
Ritoniamo alla tua essenza, caro Inverno. Tutti pensano a te come la stagione del buio. Ma tu sei quella della luce che torna. Tutti ti pensano come un momento dell’anno in cui tutto muore. Ma tu sei rinascita. È durante il tuo corso che le gemme spuntano e prendono vita le nuove foglie degli alberi. È durante il tuo corso che il grano riposa avvolto nella terra. Da lì prende forza per poi diventare un’immensa distesa dorata per dare connotazione all’estate. Tutti ti pensano privo di colore ma tu porti con te una tavolozza incredibile, capace di rapire. Non sei solo bianco. Sei molto ma molto di più: da colore del cielo, all’incendio dei tramonti, ai colori della natura pronta a riposare. Sai, inverno, tu sei proprio il racconto di quel momento di riposo attivo che ci vuole prima di ogni grande impresa. È lì che nasce la forza. Forza che non è mossa ma che muove, direbbe Shelley. Tu sei l’aria fredda che entra nei polmoni e ti dice che la vita, in fondo, c’è sempre.
Sai, Inverno, tornerai
Lo sai, caro Inverno. Se c’è una cosa che io non sopporto a questo mondo è il fatto di un saluto definitivo. Le cose finite, nel senso che hanno un inizio e una fine. Per me è tutto in divenire, sempre. Non ci sono stacchi totali in nulla. Tu arrivi, dentro la mia testa, sulle note di Under the Westway dei Blur e te ne vai con Here comes the sun dei Beatles. So che tornerai, caro Inverno, per questo riesco a salutarti. Ti saluto perché so che tornerai. Anche con le persone dovrebbe essere sempre così. Non trovi? Tornerai e non so dove mi troverai ad accoglierti. Tornerai e non so che Giovy troverai ma di sicuro ci sarò. Sarò ovunque tu possa arrivare, pronta a guardarti in faccia e a chiederti quale meraviglia mi regalarai, di nuovo. Quest’anno mi hai portato silenzi, attese, disillusioni, pianti, paure, un po’ d’ansia, un compleanno da sola ma, nel contempo, mi hai riempito il cuore di musica. E dopo la musica si trasforma in amore. E poi ci sono le parole. Quelle inventate, quelle belle, quelle da dire a tutti, quelle da dire solo a qualcuno. Queste sono tutte braccia che allungano le mie e mi portano fuori dalla torre in cui vivo. Tu mi hai preparata a tutto questo. Tornerai, inverno. Lo farai.
There were blue skies in my city today
Everything was sinking
Said snow would come on Sunday
Under the Westway – Blur – 2012Little darling, it’s been a long cold lonely winter
Little darling, it seems like years since it’s been here
Here comes the sun do, do, do
Here comes the sun
And I say it’s all right
Here comes the sun – The Beatles – 1969
Le foto senza caption sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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