Virgilio scrisse Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope. Io invece dico sempre Valdagno me genuit, Helvetia rapuere, tenet nunc Æmilia. Ovvero Valdagno mi generò, la Svizzera mi rapì e ora mi l’Emilia mi custodisce. Dandomi un po’ di arie – giusto per ridere – paragonando me stessa a Virgilio. Non ci crede nessuno. Quell’affermazione, però, è vera: i miei tre luoghi di vita, finora, sono proprio quelli e ora, dopo 13 anni dal mio trasloco, sono ancora residente in Emilia. Tra me è l’Emilia c’è un rapporto conflittuale da ancora prima di venire a vivere qui. Un rapporto bello e difficile allo stesso tempo. Ecco perché oggi vi racconto quello che amo dell’Emilia. Solo Emilia: per la Romagna ci sarà un post dedicato.
Il mio amore per l’Emilia: tra la Via Emilia e il West, come direbbe Guccini
Sono cresciuta in un periodo in cui sentir parlare di Emilia, dal profondo Alto Vicentino dove sono nata e cresciuta, era sinonimo di un mondo più aperto, festaiolo, più giovane in tutti i sensi. Ho sempre visto la differenza tra Veneto ed Emilia, in primis nei colori che connotavano la politica degli anni in cui io non ero ancora ventenne. Il Veneto è sempre stato un luogo bianco, l’Emilia era rossa. In casa mia, grazie alla mia mamma, risuonava Guccini a tutte le ore del giorno e della notte. Io stessa, stando ai racconto di mia madre, dormivo quando sentivo Eskimo. Vivendo sempre in un mondo fatto di tanto lavoro, tanto dovere e di “no sabato non posso perché faccio gli straordinari“, immaginare i miei venerdì sera, pronta a fuggire per andare a Bologna o Modena a vivere un po’, era quasi il mio dovere. E così fu. Per una caso del destino, iniziai davvero a fuggire presto e volentieri (e anche tanto) in Emilia, in cerca di concerti, a mangiare gnocco fritto freddo a mezzanotte e a chiedermi come si vivesse in pianura. Poi arrivò Enrico Brizzi con Jack Frusciante uscito dal gruppo a fomentare la mia voglia di Emilia. Poi arrivarono i miei anni svizzeri ma le fughe continuarono. E poi arrivò un amore che ha preso tutti i miei trent’anni. E quell’amore mi ha portato proprio a vivere in mezzo alla pianura, in quel di Carpi. Ora che quell’amore non c’è più, io sono ancora qui e mi rendo conto che – e non lo pensavo – c’è davvero molto che amo dell’Emilia. Per il momento mi ritrovo a dire, senza nessuna paura, che non so ancora dove mi porterà la mia vita. Per ora, però l’Emilia mi custodisce.
Quello che amo dell’Emilia: i tramonti in inverno, soprattutto
Ecco: c’è qualcosa che inquieta il mio cuore quando guardo la pianura e vedo la linea della terra che si confonde con quella del cielo. I miei occhi si perdono e questo mi fa paura. Impaurisce perché è diverso da ciò che io ho sempre guardato: una montagna di oltre mille metri che lascia che il sole si nasconda dietro di lei. I tramonti in pianura, però, sono pazzeschi a volte. Non so se ci sia una spiegazione fisica plausibile, ma i tramonti invernali in Emilia sono capaci di portarmi via. E non ringrazierò mai l’Emilia abbastanza per questo. Perché mi ha dato un grande motivo per meravigliarmi.
Quello che amo dell’Emilia: quando arrivano i temporali, in estate soprattutto
L’estate è quel momento dell’anno che per me diventa “l’estate del nostro scontento“, per dirla alla Riccardo III. Io in estate, qui in Emilia, muoio: vorrei addormentarmi a fine maggio e svegliarmi a fine settembre. Non sono fatta per un simile livello di caldo, zanzare e umidità. E di certo non cambierò a 43 anni. D’estate lasciatemi lamentare. C’è, però, un momento che amo particolarmente: quando il cielo diventa denso di nuvole scure e, in lontananza, mi accorgo che la pioggia sta arrivando. L’aria si carica di elettricità e, da un momento all’altro, tutto potrebbe cambiare. Ecco, questa è una cosa che amo dell’Emilia.
Quello che amo dell’Emilia: la cucina, what else?!
Anche per questo paragrafo, proprio come scrivevo raccontandovi quello che amo dell’Inghilterra, potrebbe parlare solo con la foto. Di per sé, non dico di certo qualcosa di nuovo quando parlo della bontà della gastronomia emiliana. Non c’è provincia dell’Emilia che non mi abbia deliziata in qualche modo e non sarò mai abbastanza grata a questa parte di regione per questo. Ci sono dei posti perfetti dove mangiare a Carpi, così come consiglierei a tutti il bollito misto del Ristorante Canossa di Reggio Emilia. Per non parlare poi di Parma o delle trattorie sui Colli Piacentini. Insomma, ho ancora tanto da assaggiare in Emilia ma c’è già tanto amore tra me e la cucina emiliana. Come darmi torto?
Quello che amo dell’Emilia: il Romanico e le Abbazie
Il Duomo di Modena è la prima cosa che ho conosciuto di Modena, moltissimi anni da, quando ancora non potevo immaginare che mi sarei trasferita in Emilia. C’è chi lo definisce “un film di pietra” e non ci potrebbe essere frase più azzeccata. I bassorilievi di Wiligelmo sono arte pura e raccontano quanto il Romanico sia importante in Italia. Non parliamo poi dell’opera di Antelami nel Duomo di Parma. Potrei mettermi a scriverne per ore. Una delle cose belle delle province emiliane, sono anche le abbazie: quella di Nonantola era ancora più importante del Duomo di Modena quando venne fondata. La pianura ne custodisce di spettacolari. Una fra tutte? Facciamo due: quella di Fontevivo e quella di Chiaravalle della Colomba, una in provincia di Parma e una in provicina di Piacenza (per dovere di cronava vi dico che mi ero sbagliata: le avevo indicate entrambe in provincia di Parma).
Quello che amo dell’Emilia: le rocche e i castelli
L’architettura civile è sempre stata fondamentale qui in Emilia e lo sanno bene un sacco di città e paesi che, un tempo, fecero il bello e cattivo tempo da queste parti. Carpi ne è un esempio con il Palazzo dei Pio. Se non l’avete mai visitato, fatelo non appena si potrà. Qui ho scoperto delle perle assolute come il Palazzo Ducale di Sassuolo o il borgo di Vigoleno. E del castello di Torrechiara o di quello di Montegibbio? Non credo di aver ancora visto tutto ciò che volevo scrivere qui in Emilia. Amo i castelli Emiliani proprio per il loro essere stati centro di una vita civile eccezionale. Tanti hanno visto passare anche una grande donna come Matilde di Canossa. E scusate se è poco.
Quello che amo dell’Emilia: Piazza Fontanesi a Reggio Emilia
Se mi venisse chiesto quale sia la mia piazza preferita in Emilia, la mia risposta sarebbe diretta e istantanea: Piazza Antonio Fontanesi a Reggio Emilia. Magari anche in pieno inverno, come potete vederla nella foto qui sopra. Non so quale tipo di poesia quella piazza susciti in me ma la considero uno dei posti più belli di questa parte di regione. Adoro quelle panchine sparse, adoro gli alberi e le case colorate che le fanno da contorno.
Quello che amo dell’Emilia: i portici
Quello che vedete è un portico di Novellara, fotografato a caso una domenica mattina di non ricordo che stagione. L’Emilia, lo sapete, è piena di portici spettacolari. Ce ne sono di super decorati, di super antichi e ce ne sono anche di molto normale. E non per questo meno belli. Sapete, perché, l’Emilia è piena di portici? Lo si deve allo sviluppo in Età Comunale. Le città emiliane, già nel Medioevo, facevano la differenza rispetto a molte altre in Penisola Italica. Si cominciò a costruire i portici per garantire ai mercanti uno spazio di vendita al coperto. La Via Emilia, un tempo, era tutta un portico nella quasi totalità della sua lunghezza. Un consiglio per quando percorrerete qualsiasi portico di qualsiasi città o paese emiliano: guardate in sù ogni tanto. Noterete un sacco di finestre, simbolo di qualche mezzanino che non c’è più e vedrete un sacco di rondini.
Quello che amo dell’Emilia: l’Appennino
La prima estate che passai qui in Emilia fu davvero provante per me ma, per fortuna, riuscii a trascorrere qualche giorno sull’Appennino Reggiano e mi sembrò di rinascere. Più che altro – e in questo mi sento davvero stupida anche oggi – mi sono accorta di quanto bello fosse l’Appennino Reggiano e quanto riuscisse a dirmi. La Pietra di Bismantova mi sorprese da matti quando la vidi per la prima volta. Pensai subito a Dante e rimasi a bocca aperta di fronte a quella formazione così particolare. L’Appennino è forse il luogo a cui punterei per restare a vivere qui prima o poi. Chi lo sa.
Quello che amo dell’Emilia: la Via Æmilia

Non a caso ho scritto Via Æmilia e non Emilia. Io intendo proprio la strada romana, quella che ha 2200 anni e che ha dato il nome a questa parte di regione. Ho percorso la via Emilia in un sacco dei suoi tratti, alcune volte anche tirando giù tutti i santi del paradiso per il traffico o per gli autovelox. Quello che vorrei fare, prima o poi, è un viaggio un po’ più sentimentale lungo la SS9, magari proprio da Piacenza a Rimini. Mi piacerebbe poterla leggere nella sua profondità e in tutto ciò che ha significato nel corso dei suoi due millenni di vita. Testimonianze come la città romana di Veleia sono fondamentali per comprendere quando l’Emilia abbia sempre dato alla storia. Ci riuscirò secondo voi?
L’Emilia, per me
Questa sono io, un paio di estati fa, con le treccine e i Monte Cimone sullo sfondo. Sul mio volto era arrivato un sorriso perché passavo dai duemila gradi umidi della pianura al fatto di poter sentire del vento più fresco in montagna. Vivendo qui, mi è sempre sembrato stranissimo metterci le ore per arrivare in montagna e ancora non mi sembra possibile. Cresciuta con i mille metri raggiungibili in un quarto d’ora da casa, metterci due ore mi sembra ancora impossibile. Ecco perché, in tutto e per tutto, per la mia mente l’Emilia è simbolo di pianura totale. E credo resterà così finché non lascerò questa pianura che mi sta custodendo. Faccio fatica, anche dopo 13 anni, a dire che l’Emilia sia casa. I luoghi geografici che considero casa sono altri. L’Emilia, per me, è sempre stato un luogo emozionale. È casa nel suo interno e non in ciò che vedo all’esterno. Se considero tutto ciò che mi ha dato e che mi sta dando ancora, allora sì che diventa casa. Questa è un’altra cosa da raccontare alla me adolescente (tenetevi pronti perché sta arrivando un post proprio su questo argomento): vorrai andarci e ci andrai, in Emilia. E quel posto sarà la tua casa, in un modo o nel’altro. Credici, Giovy.
Madonna che silenzio che c’è stasera
Sotto un cielo d’argento tra la ferrovia e la nuova moschea
Da una macchina arriva della musica elettronica del Nord Africa
Io cerco un centro di gravità almeno momentanea
La Terra, l’Emilia, la Luna
Io e te in un temporale interminabile in Sud America
Luci della Centrale Elettrica – La terra, l’Emilia, la luna – 2014
Tutte le foto, salvo diversamente indicato, sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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