
La buona birra è un qualcosa che mi interessa molto e non ne ho mai fatto mistero. Quando sono stata in Trentino, a ottobre, ho incontrato per caso Alessio e, tra le altre cose, è si è arrivati a parlare di birra. Mi ha subito colpito la sua competenza e, dal suo modo di parlare, traspariva una passione immensa. Grazie a lui ho scoperto una birra eccezionale e, ascoltando le sue dirette instragram, si possono capire davvero molte cose sul mondo della birra artigianale e della birra di qualità. Visto che l’argomento è spettacolare se affrontato da lui, ho pensato bene di intervistarlo.
Ciao, ci racconti in poche parole chi sei?
Bella domanda! La risposta si trova a metà strada tra un marinaio sognatore, sempre in rotta verso la prossima isola tropicale, e un nerd dell’agroalimentare che ha fatto delle sue passioni un mestiere. Se vogliamo ridurre il tutto a un concetto (apparentemente) più semplice direi che mi sento un birraio itinerante alla scoperta dei lati più inesplorati delle birre del terzo millennio.
Come nasce Deriva Brewing e come mai questo nome?
“Deriva Brewing & Drifting” è il nome che meglio rispecchia il mio progetto birrario itinerante. Deriva come trascinamento, da parte di una massa fluida in movimento, di un corpo galleggiante o immerso in essa, rispetto a una superficie fissa. Deriva in senso di moto perpetuo, Deriva come nuova nascita, nuova corrente, Deriva come scoperta di territori inesplorati. Questi concetti si possono incontrare anche nell’immagine geometrica del logo: due esagoni che allontanandosi l’un l’altro, come la deriva dei continenti ci insegna, danno vita ad una nuova forma; dal bidimensionale si passa al tridimensionale, da due esagoni nasce un cubo.
Il progetto vuole guardare al futuro con gli occhi di un innamorato e allo stesso tempo sorride al passato con gli occhi dell’amante, perché è certamente giusto avere grandi ambizioni ma non bisogna mai dimenticarsi né della strada percorsa né dei compagni di merende. A questo proposito, mi sembra doveroso menzionare un aneddoto del passato, senza il quale probabilmente non sarei quello che sono adesso. Ed ecco che entriamo nella domanda successiva…
Come sei arrivato a fare il tuo lavoro e come ti sei appassionato di birra?
Era il 2012, mi trovavo a bordo di un fantastico catamarano, assieme a me c’erano un amico danese e uno australiano. Eravamo ancorati nei pressi dell’isola di Saba, nelle Antille olandesi, e ci godevamo l’assurda vita dei marinai! Ricordo che si stava festeggiando un compleanno e io avevo deciso di celebrare con qualcosa di speciale dall’Italia e, non sapendo ancora né leggere né scrivere, avevo portato la “Nazionale” di Baladin! Era la prima volta che bevevo birra artigianale.
Ti risparmio l’intermezzo, ma ti posso assicurare che molte sono state le esplorazioni e altrettante le avventure che mi hanno condotto attraverso l’incredibile mondo della ristorazione e dell’accoglienza. Un viaggio magnifico che, come tutti i migliori viaggi, ha culminato con la fatidica domanda: cosa voglio fare da grande?
Credimi se ti dico che non è stato facile trovare una risposta, ma ancora più difficile è stato accettare il fatto che questa risposta risiedeva in sole due parole, semplici, melodiche, ammalianti, quasi ipnotiche: birra artigianale!
Folgorato dalla rivelazione (e da qualche abuso di gioventù), ho ripreso gli studi e mi sono qualificato come Birraio Artigiano mentre portavo avanti anche il lavoro presso il brewpub “Busa dei Briganti” di Padova, che ora è anche un birrificio di tutto rispetto, oltre che un gastro-pub che consiglio solennemente di frequentare.
In questo contesto ho l’opportunità di entrare in prima persona nella scena birraria attraverso la presenza ai festival e le continue conoscenze di futuri colleghi birrai.
Questa invece è una domanda che, mano a mano che scrivevo, ho deciso di farmi da solo: che ne è stato di quell’Alessio? Come dicevo prima, l’Alessio di ieri è l’Alessio 4.0 di oggi, ed è proprio nel mio sudatissimo “oggi” che ho deciso di dare vita ad un progetto tutto mio, piccolo, di nicchia, ambizioso. Ma tutto mio! Un po’ alla volta, attraverso il mio viaggio birrario, andrò a rincontrare tutte quelle fantastiche persone che ho avuto la fortuna di conoscere e condividere parte del mio percorso. Quale modo migliore per celebrare un’amicizia se non produrre una birra assieme?! Deriva si pone l’obiettivo di produrre birre one shot, ad edizione limitata, ognuna delle quali viene prodotta in collaborazione con un birrificio diverso, in cui vengo ospitato e in cui nasce un confronto diretto tra birrai e ricette.
Essendo ogni birra unica, il risultato dovrà essere una birra sperimentale, che accompagnerà il bevitore a scoprire nuovi sapori senza mai dimenticarsi che stiamo bevendo una birra, una bevanda che per antonomasia si deve bere con facilità. Il leitmotiv è semplice, birre nuove, birre che sanno differenziarsi senza perdere la facilità di farsi bere.
Parliamo di mondo: tu hai girato un po’… ci racconti tre birre (e relativi) luoghi che ti sono rimasti impressi?
L’isola di Saba non è stato l’unico posto dove ogni sorso di “Nazionale” aveva un sapore speciale, amplificato dalla location mozzafiato. Una delle birre che ricorderò per sempre fu una Neipa (new england ipa) di Bissell Brothers, birrificio di Portland, Maine: una delle prime neipa ad aver bevuto, ne fui particolarmente colpito dal famoso “mouthfeel” quella sensazione tattile che dona alla birra un profilo vellutato e “juicy”, sembrava di bere un succo ai frutti tropicali, aroma fruttato esplosivo, pochissimo amaro e una facilità di beva incredibile, tant’è che quando mi accorsi del suo grado alcolico di ben 8,5 gradi fui sbalordito; sì, una birra speciale, ma ancora più memorabile perchè me la stavo gustando ammirando un paesaggio romantico e idilliaco dal finestrino del treno che mi stava portando da Boston a Portland, il fatto che si potesse ordinare, dal vagone ristorante di un semplicissimo treno, una birra artigianale prodotta sul territorio, mi fece andare fuori di testa! Continuai a sorseggiarla, meravigliato dal paesaggio e sorpreso dal gusto di quella birra: forse il più bel viaggio in treno di sempre (sì, decisamente meglio di tutti i treni presi in India).
Anche se devo dire che, probabilmente, la birra che ricordo più volentieri fu una “Summer Ale” del birrificio neozelandese Montheith’s; la birra era senza dubbio freschissima e piacevole, prodotta con zenzero e miele di “Rata” (una pianta endemica della Nuova Zelanda) ma bevuta ad un bbq in compagnia durante un pomeriggio dell’estate australe a Melbourne, quando il sole non fa altro che riscaldarti e confortarti sussurrandoti all’orecchio: “Ehi tu, relax, non pensare a niente, beviti un’altra birra e goditi questo momento di fratellanza… never forget life it’s good, better with a beer)“.
Il mondo della birra artigianale in Italia sta diventando sempre più grande: come si riesce a capire che una birra sia davvero qualitativamente buona, al di là dei gusti personali?
A oggi la birra artigianale è di facilissima reperibilità ed è un settore in continua crescita, un mondo molto competitivo e non privo di controversie e disinformazione, a partire spesso da baristi poco preparati che vogliono rifilarti la “non filtrata” per sborsarti qualche euro in più.
Il mio avviso è quello di affidarsi a pub e birrerie che siano proprietari dell’ impianto di spillatura e quindi non siano vincolati a servire birre “imposte” dal distributore di turno (che nella maggior parte dei casi è anche proprietario delle spine del locale).
Fidatevi dei publican che fanno ricerca, che hanno sempre birre diverse a rotazione o che almeno abbiano un frigo dedicato alle birre artigianali. Sono sicuro che questo sia il primo passo per imparare a conoscere ed avere un proprio metro di giudizio a riguardo.
La cosa migliore sarebbe frequentare uno dei tanti corsi di degustazione birra che, in questo periodo di emergenza sanitaria, sono fruibili in via telematica.
L’altro consiglio per affinare le proprie narici e papille gustative è quello di bere TANTA birra, più se ne beve più si riescono a cogliere le sfaccettature organolettiche, la tipologia di amaro, gli off-flavors, i difetti; se non si conosce un difetto non lo si può ri-conoscere. Questo percorso è altresì importante per poter apprezzare al meglio il contenuto del vostro boccale, cosicché quando vi ritroverete davanti alla “vostra birra” saprete riconoscere un amore al primo sorso.
E qui mi ricollego alla risposta precedente: un buon corso di degustazione può aiutare a far luce su questi aspetti, fondamentali per una bevuta consapevole.
Sei su una torre e puoi tenere solo una birra: cosa butti giù tra IPA, Pils e Bock?
La scelta sarebbe difficile cara Giovy, ma non più di tanto; in primis sarebbe la Bock ad essere buttata giù dalla torre, non che non mi piacciano le Bock ma ti ricordo che il mio leitmotiv è la facilità di beva e questo stile tedesco non è proprio conosciuto per le qualità dissetanti. Tra Ipa e Pils è una bella lotta, le Pils in molte occasioni sono le prime birre che beviamo da ragazzi, e quando poi ci avviciniamo al mondo dell’artigianale andiamo ad esplorare stili mai sentiti per poter scoprire nuovi gusti fino ad arrivare all’estremo delle birre da 10 e più gradi alcolici, barricate, acide, affumicate, con l’uso di spezie misteriose… per poi tornare ad apprezzare una buona Pils, con la P maiuscola, uno stile che non stanca mai, con delle note aromatiche che sanno sapientemente bilanciare il profumo della crosta di pane all’erba appena tagliata, secca in bocca, rinfrescante con un amaro delicato ma deciso allo stesso tempo, è lei la regina di tutte le birre… e per citare un famoso architetto rivoluzionario: “Less is more”.
[riprendo la parola io, la Giovy]
Ho letto e riletto il file con le risposte di Alessio non so quante volte prima di pubblicarlo e, ogni volta, finivo per esclamare qualcosa del tipo “ma davvero ha scritto così?!” e poi tornavo a leggere. Ho risposto alla mail con cui Alessio mi aveva mandato le risposte dicendogli di non rubarmi il lavoro perché sono rimasta piacevolmente sorpresa del suo modo di scrivere così bello, scorrevole e anche molto intenso. Non vi ho mai fatto mistero di quanto io ami raccontare le storie di gente che sa il fatto suo e Alessio è sicuramente parte di questo gruppo di persone. Una frase famosa dice che tra un sogno e un progetto c’è una sola differenza: una data. Parafrasando questo concetto, i sogni diventano progetti quando si arriva a bilanciare lo slancio onirico alla forza della concretezza, con tanta voglia di vedere qualcosa di realizzato tra le proprie mani. Per quel che mi riguarda personalmente, è vedere le mie parole scritte nere su bianco. Per quanto riguarda Alessio, invece, si tratta di birra da gustare. Io ho bevuto la sua Ok Boomer e l’ho trovata qualcosa di eccezionale. Ovviamente non ho la sua competenza e quindi non vi parlerò delle sue caratteristiche tecniche. Vi parlerò di ciò che un sorso (e facciamo anche due o tre, va…) di Ok Boomer mi ha regalato: mi ha dato davvero quella sensazione che solo viaggio e incontro sanno produrre nelle persone. Io ringrazio Alessio per le sue parole, per il fatto di non rubarmi il lavoro visto che scrive così bene e per avere unito entusiasmo e competenza in qualcosa di grandioso. Che non finisca mai. Davvero. Dimenticato: seguite Alessio su Instagram, mi raccomando → deriva_brewing.
Le foto in questo post, salvo diversamente indicato sono ©Deriva Brewing & Drifting + © Giovy Malfiori. Riproduzione vietata.
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