
Avete fatto la mia felicità: la prima parte della Favola di Caos e Anima vi è piaciuta così tanto che me l’avete scritto e detto in tutti i modi. Ovviamente, non avrei mai lasciato passare troppo tempo per pubblicare questo secondo post Off Diari della Giovy. Un po’ come se fosse un Off Broadway o uno spettacolo acclamato ma fuori dal West End di Londra. In questi giorni continuo con le mie altalene emotive e, ogni tanto, guardo verso il cielo per un po’, sapendo che le stelle (vi ricordate? Avevo scritto alle stelle su Giovy I) stanno facendo lo stesso con me. E allora parlo. Chiunque potrebbe dirmi che sono pazza e forse ormai rasento la follia, visto che non incontro un essere umano con il quale interagire da dicembre. Le mie parole, vecchie o nuove, sono per me il ponte per incontrare chiunque. Anche quando le porte non si aprono o non c’è nessuno in casa. Torniamo nel Labirinto di parole di Paese Verde a recuperare Anima?
Caos e Anima: da dove ripartiamo
Quella che vedete è la Quercia Olympia. Io e lei ci siamo incontrate in un giorno di fine ottobre, in quel di Carsulae. Olympia è una delle meravigliose querce di quel parco archeologico. L’ho guardata e ho capito che si chiamava così. Stavo pensando che il luogo in cui abbiamo lasciato Anima nel suo primo incontro con Caos potrebbe essere molto simile a questo, con la stessa atmosfera che Olympia riesce a creare. E con la stessa energia. Ripartiamo da lì. Anima dormiva in un bosco vicino a un ruscello e, d’improvviso, si ritrovò bagnata dall’acqua con qualcuno che le parlava. Era Caos.
Lui era una creatura intelligente, molto sorridente, divertente e fondamentalmente molto buona. Lui era il vento e l’acqua allo stesso tempo. E come tale si comportava … viveva secondo ciò che la sua indole comandava, perché solo a quella si sentiva di ubbidire. Condivideva con il vento e con gli Albatros il suo respiro, il suo vibrare.
Anima e Caos dialogarono come se fossero due vecchi amici, divisi da millenni di avventure e vagabondaggi. Erano così presi dalle parole svolazzanti che non si accorsero che la loro intesa ebbe la capacità di fermare la notte. Le stelle non girarono più, il mondo attorno smise di respirare. Tutto cominciò a osservare.
“Ho sempre pensato a te, Caos, come qualcosa di pauroso, da tenere distante” disse lei.
“Che pensi ora che abbiamo parlato un po’?”, le chiese interrogativo lui.
Anima non seppe rispondere ma sorrise candidamente. Lui la guardò, le strinse la mano … era calda, calda di vita, calda di colore. Lei cercò per un istante di estraniarsi dalla scena, tentò di gettare l’ancora della sua razionalità ma alla fine si sciolse. Ci fu un bacio, una spirale ascensionale che li sollevò dall’erba rischiarata dalle stelle. Un turbinio blu, fatto di particelle danzanti di oscurità e di piccoli fantastici brillantini di luce.
Ritornarono dopo poco sulla terra. Nelle mani di Anima si materializzò una piccola stella, regalo di Emozione. La stessa piccola stella rimase impressa nella mano di Caos. Storditi e impauriti da quella genesi, ricominciarono a parlare. La notte nel frattempo rimase ancora ferma.
“Perché?”, chiese Anima, prima di tutto a se stessa. Non ci fu risposta da parte di nessuno. Probabilmente Caos e Anima erano piccole particelle di uno stesso essere che, all’alba della vita, si era smembrato nell’universo. Forse quello poteva essere un modo per riunirsi, un qualcosa che ricongiungesse l’energia in un unico piccolo essere pulsante: una sensazione tra due entità. Anima si voltò un secondo verso il suo zaino. La spazzola, le mollettine, il martello, la sciarpa non erano più nel suo simpatico fardello; Si erano spostati dentro di lei.
Caos era pensieroso, ma in fondo ai suoi occhi si nascondeva un sorriso che, in quell’istante, dava forma alla sua pupilla. E fu di nuovo silenzio. E fu di nuovo, inaspettatamente, corrente ascensionale tra i due. Si respirarono, si sentirono, vibrarono nuovamente in quel cielo blu di stelle ferme. Crearono attorno a loro stessi una dimensione che sapeva di bolla di sapone, che odorava delle loro pelli, che si riscaldava del loro stesso calore.
Caos, dalle sembianze di Albatros, si portò via Anima. La fece viaggiare al di sopra del labirinto di parole di Paese Verde. Anima riuscì a vedere i ghiacciai della Valle Bianca, scoprì la grande Pianura Bicolore, percepì il movimento della Grande Città per poi riapprodare a Paese Verde, salda e sicura con la mano nella mano di Caos.
Quella notte non finiva, non voleva finire. Anima sapeva benissimo di essere solo all’inizio del suo viaggio attraverso il labirinto. Era anche sicuramente convinta che non si sarebbe fermata. Avrebbe continuato a camminare. Ma non per quella notte. Finché il sole non sarebbe sorto, aveva deciso che avrebbe vissuto quel volo d’Albatros, cosciente del fatto che fosse probabile che il viaggio sarebbe continuato senza di lui.
Caos era un qualcuno nato libero. Libero di essere. Libero di amare. Libero di essere amato. Libero di affezionarsi. Libero di perdersi in se stesso. Libero di volare, di cambiare e di tornare. Furono gli attimi di correnti ascensionali tra i due a far assaporare ad Anima il gusto della libertà. Dopo la stellina di Emozione, il secondo regalo che l’incontro con Caos portò ad Anima fu la percezione dell’arcobaleno che era in lei.
Era come se quei colori fossero sempre stati dentro di lei, ma senza quell’attimo di luce portato da lui, essi si sarebbero sempre nascosti. I due restarono vicini a lungo. Si stesero l’uno accanto all’altra. Le loro mani si fusero. Si abbracciarono forte e si ascoltarono per un istante. L’abbraccio è quell’atto tra due persone che più mette vicini di cuori, due cervelli, due tutto. Ed è per questo che ha in sé qualcosa di magico. Così magico da avere effetto sul mondo.
Le stelle ricominciarono a compiere la loro orbita in cielo. Il giorno, prima o poi, sarebbe arrivato.
E domani venne. Fu un momento particolare.
Lei si svegliò al primo raggio, quasi volesse impedire al sole di rischiarare il mondo. O per lo meno voleva trovare un modo per ritardare i saluti. Lui dormiva, sembrava un bimbo dagli occhi dolci. “Non ci crederà nessuno quando racconterò della dolcezza di Caos”, si disse convinta, osservandolo attentamente come chi scruta un quadro e non ne vuole dimenticare nemmeno un particella. Caos aprì gli occhi e incrociò lo sguardo di Anima. Si sorrisero. Avevano compreso il momento in cui erano arrivati.
“Forse devi andare” , gli disse lei.
“Mi stupisce che tu riesca a lasciarmi partire”, rispose lui.
“Niente di ciò che è libero va fermato, altrimenti lo si perde per sempre”, lei si fermò e le uscì un sospiro. E poi continuò: “Non mi va di pensare al mio cammino senza un po’ di te, senza un po’ di Caos”. “Non sarai mai senza me”, disse lui… e le sfiorò dolcemente le labbra che in quel momento sapevano di miele.
Lei non sapeva come prendere quest’ultima affermazione ma, dopo un po’, le uscì un sorriso dallo zaino. Piena di arcobaleno, scossa dalle sensazioni ma profondamente viva, Anima riprese il suo cammino. Ricominciava in salita ma lei sapeva che un Albatros di nome Caos, ogni tanto, avrebbe osservato il suo cammino, lasciandola libera di fare, ma afferrandole la mano quando lei non si sarebbe aspettata niente.
Anima si guardò e si accorse di avere un segno di lui addosso. Sperò che quel segno le restasse sempre.
Quasi come un indelebile tatuaggio da non scordare mai. Si voltò e Caos era già volato via … veloce come il ruscello tramite il quale era arrivato. Ignaro, ma forse no, della traccia lasciata.
(la fine non esiste nelle mie favole)
Ho l’arcobaleno dentro

Oh cavolo. Sono qui che leggo e rileggo le mie parole e prendo coscienza di ciò che scrissi in quell’ottobre 2005. Anima, l’avrete capito, sono io. Sono quella Giovy del 2005 che, però, è sempre dentro di me. Nel rileggermi ho capito un’altra cosa che – ve lo dico – mi ha destabilizzata. Dopo al rivelazione dell’essere (come) River Song del Doctor Who, ho capito che in me c’è davvero un po’ di Caos. Anzi: un bel po’. Nella favola dico che Caos e Anima sono le particelle di uno stesso essere e, solo oggi, mi accorgo quanto io sia entrambe quelle entità. Ho scritto questa favola pensando a Caos come una persona che ha un nome e un cognome ben definiti, senza rendermi conto che, nel descrivere lui (così come lo vedevo io), in realtà parlavo di me. Come se riuscissi a scindermi: ero come la luce che entra in un prisma e ne esce a fasci distinti di colori. Arcobaleno, appunto. Non stupitevi del fatto di trovarmi incredula di fronte a tutto questo, di fronte a me stessa… mi viene da dire. Sono incredula di quanto già mi conoscessi e, soprattutto, sono incredula nel capire che scindersi vuol dire potersi osservare meglio. Nel post del mio compleanno vi dicevo che mi ero presa il lusso di crollare, andare in pezzi e ricostrurmi. Come le ceramiche giapponesi. Oggi vi dico che entro in un prisma e ne esco scissa nella mia interezza totale. Credo sia questo, in tutto e per tutto, il mio modo di guardare a me stessa. E il mio modo di amarmi follemente. In der Mitte ich… è scritto sulla mia caviglia destra, in modo indelebile. Si sentono dire spesso cose del tipo amati di più, mettiti al centro, resta tutta d’un pezzo, sii salda. Io, solo oggi alla veneranda età di 43 anni, ho capito che il mio modo di essere il centro del mio universo è diventare un puzzle. E leggermi. Lo sapevo già a 27 anni ma non me n’ero accorta. Le favole hanno sempre una morale, un insegnamento dentro di loro (altrimenti sarebbero fiabe). Qual è l’insegnamento della favola di Caos e Anima? Dobbiamo sempre trovare un modo per spiegarci a noi stessi. Dobbiamo essere noi i creatori di un libretto di istruzione che possa tracciare la via dentro di noi. Scrivete, disegnate, lasciatevi dei bigliettini sparsi in casa. Fate qualcosa per voi e che vi racconti. Non importa cosa. Ci sarà sempre un voi del futuro che avrà bisogno di incontrare quel voi del passato. E non abbiate mai paura di ciò che siete. Ascoltate questa (nella versione del video che sto per postare), fate un bel respiro. Ci sarà solo amore lì dentro.
Took a breath, let it go
Felt the moment settle so
I couln’t wait to tell you why
I’m standin’ here with this awkward smile
And that’s because
I could drown myself in someone like you
I could dive so deep I never come out
I thought it was impossible
But you make it possibleImpossible – Nothing but thieves – 2020
La foto della Quercia Olympia è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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