
Tutte le volte che arrivo alla fine di un anno, penso all’incipit de “Il Piacere” di D’Annunzio. Mai post di fine anno ante litteram fu scritto meglio di quello. Il fatto è che sono convinta che, da domani, non cambierà nulla. Sebbene, come io abbia già scritto, l’essere umano abbia necessità di pensare che sia così. E tra tutti gli esseri umani, è una necessità anche per me. Lo scrivevo giorni fa in una lettera a qualcuno che conta molto per me: io non posso dire che il 2020 abbia fatto schifo. È stato un anno difficile ma mi ha permesso di rinascere. E rinascere fa male. Cito letteralmente da quel che ho scritto “Sono rinata e nascere fa male. Quando veniamo al mondo non ne abbiamo la memoria ma quando si rinasce da adulti ci ricordiamo tutto, dolore per dolore. Io sono rinata e sono tornata a essere io“. Potrà mai essere un anno di merda quello che offre qualcosa del genere, no?
L’Apatia come sinonimo di “è stato un anno bellissimo“
Si scrive απάθεια e si legge apátheia. Si tratta dell’Apatia in senso filosofico, ovvero – così come dice la Treccani – «insensibilità». Stato di perfezione contemplativa dello spirito, in cui nulla si aborre e nulla si desidera, secondo la dottrina degli stoici e degli epicurei. Quella A privativa la dice lunga, soprattutto se messa vicino al pathos, che è forza che non non è mossa ma che muove, per citare Shelley. Il poeta, non Mary sua moglie. Quando si fanno i bilanci di un anno appena vissuto, viene spesso da considerare quanta tranquillità c’è stata, anziché gli scossoni vissuti. Viviamo in un’epoca in cui quel no news good news diventa uno stato sentimentale che ci porta a gioire quando le cose sono plain, scorrono senza vortici. Quando sorridiamo perché va tutto bene ma nulla ci smuove. E non dovrebbe essere così. Come sarebbe il vostro 2020 se lo consideraste dal punto di vista del pathos che ha portato? Togliamo i dolori, quelli non fanno male. E togliamo eventuali cose brutte ineluttabili, come la morte. Guardate il pathos: com’è stato il vostro 2020? Il mio è stato grandioso. Con discese ardite e risalite, per continuare con le citazioni. Con cuori crepati, cuori rinsaldati, plasmati, ricrepati e di nuovo saldati. Così, ad libitum, perché questa è la vita. Non l’Apatia. Anche se continuo a voler bene a Epicuro.
Sympatize with…
Quando ero al liceo, ci fu un momento dei miei anni di studio in cui, in inglese, studiammo i verbi con l’abbinamento alle loro preposizioni. Soprattutto se si trattava di abbinamenti non immediati. Sympatize with è uno di quei verbi che dovrei tatuarmi addosso e magari lo farò. Benché l’inglese sia una lingua anglosassone, si porta dietro certi classicismi grechi e latini da far paura. Come quel verbo. Quante volte abbiamo usato la parola simpatico o simpatia senza pensare a ciò che realmente vuole delineare? Io per questo vado avanti con le ispirazioni classiche e scrivo συμπαϑητικός, simpatetico. Già, perché la simpatia è tanto. Ve lo ricordate Olmo di Mai Dire Gol che cantava “c’è simpatia tra di noi“? Io ho sempre ascoltato quella frase riportando la parola al senso greco del termine. Sei simpatico significa, al giorno d’oggi, mi fai divertire, sei una sagoma. Si dice che una è simpatica quando non è bella. Magari fossimo tutti simpatici e simpatetici. Ecco cosa manca al mondo. La Treccani – manuale di istruzione (ma non distruzione) contro il logorio della vita moderna – dice che simpatetico significa che si accorda perfettamente al modo di pensare e di sentire, al carattere e alle inclinazioni di una persona, o alla natura e al carattere di una cosa. Ecco che sympatize with significa sentire con qualcuno un qualcosa di comune. Se tutti fossimo simpatetici, il mondo sarebbe un posto migliore. Andremmo in cerca dell’accordo, dell’armonia, del fatto di risuonare assieme. Questa è un’altra cosa che mi ha insegnato il 2020. Di nuovo… sarà mica un anno di merda un anno così!?
Resilienza, nel significato più puro
Passiamo dal greco al latino e impariamo tutti a memoria il paradigma di Resilire, di cui resiliens è il participio presente e che, se guardiamo al significato più puro, significa colui che salta indietro. O, per dirla alla Rocky Horror Picture Show “it’s just a jump to the left“. Ho dato alla parola Jump un nuovo significato in questo 2020. Sappiatelo. Ne abbiamo sentite di ogni sulla resilienza in questo 2020 e, come spesso accade, si prende un termine e lo si abusa fino a farlo uscire dalle orecchie a tutti. No perché, sai, io mi sento resiliente come non mai in questo 2020. Alzi la mano chi ha avuto un amico o un’amica, fino arrivare ai conoscenti più leggeri, che abbia mai pronunciato una frase così. E sti cazzi! E che due palle, ci aggiungo. Il web mi piace poco quando succede così: si abusa di un termine e lo si dimentica per quello che significa davvero. Signicato e significante. Tutti a studiare semiotica nel 2021, mi raccomando! Il signfiicato vero e proprio di resilienza non arriva da chissà che teoria new age o di self improvement che dir si voglia. Arriva dalla scienza. E grazie al cielo. Ce lo dice sempre la Treccani che, per inciso, è finita dentro questo post per mia pura scelta. Perché c’è bisogno di alcune certezze nella vita. E la Treccani, come il Devoto-Oli, il Rocci, il Castiglioni-Mariotti, l’Oxford Dictionary e il Duden lo è . Resilienza è, nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto. Abbiamo avuto una prova d’urto nel 2020? Infininatamente sì. Come se siamo usciti? Interi direi, anche se con qualche pezzo ammaccato qua e là. Resilienza applicata all’esperimento Giovy: esito positivo. Ripeto la domanda: può un anno di merda dare un responso così?
In sintesi
Ho quasi finito coi pipponi classici ma concedetemi l’opportunità di concludere citando Hegel. Ho già citato Heidegger ad cazzum su questo blog. Ora è il turno di Hegel. La dialettica ha tre fasi principali: la tesi, l’antitesi e la sintesi. La tesi è che il 2020 viene e verrà comunemente considerato un anno di merda. L’antitesi è che, probabilmente, se ci guardiamo dentro, qualcosa di buono c’è e ci resterà. Come insegnamento per gli anni a venire. La sintesi sta, per Hegel, nel divenire ovvero nella negazione della negazione. La logica non è più lineare ma è una spirale che conduce, fermandosi su più momenti, da un punto A a un punto B. Insomma, il mondo è dei tornanti, non delle autostrade dritte. Così lo è la conoscenza, così la nostra vita. Ogni anno di merda ha la sua valenza positiva. Altrimenti l’essere umano non sarebbe ancora qui a dannarsi per vivere alla grande. Caro 2020, mi hai insegnato che cosa sia la fatica. Non l’infelicità. Anzi. Mi hai insegnato cosa sia l’insicurezza, quella sì. Ma mi hai anche dato la volontà (oddio, mi viene in mente Kant… qualcuno mi fermi) per non cedere mai. Per dirla alla Alfred Lord Tennyson to strive, to seek, to find and not to yield. Also sprach Giovy.
In sintesi… un anno di Giovy (e di lentiggini)
I poeti sono specchi delle gigantesche
ombre che l’avvenire getta
sul presente. Forza che non è mossa ma che muove.
I poeti sono i non riconosciuti
legislatori del mondo.
Percy B.Shelley – 1816
Le parole che cito in questo post sono patrimonio dell’Umanità.
Il video è © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Più delle parole il tuo anno in foto racconta di serenità e consapevolezza. Per molti è stato un anno difficile perché è dura fermarsi e farsi compagnia. Ascoltare i propri pensieri.
Buon anno cara!
Buon anno a te cara Marlene. E chissà che il 2021 non ci porti a incontrarci!