
Una delle cose che avrei voluto fare nel 2020 era visitare Milano, soprattutto alcuni quartieri, con la mia amica Elena Crespi. Da lettrice ad anima super-affine il passo è stato breve. Una calda sera di luglio di un paio di anni fa, mi sono trovata con Elena in quel dell’Ortica, storico quartiere milanese, per mangiare una pizza. A fine cena, mi sono ripromessa che avrei esplorato di più quella parte di Milano che proprio non conoscevo. Ci si è messo, poi, di mezzo il Covid-19 e non sono più tornata a Milano. Sicché ho chiesto a Elena di portarci in giro virtualmente grazie a foto e parole. Siete pronti per passeggiare per Milano?

Per me le città hanno un’anima, proprio come le persone. Quest’anima gli è data da chi le vive ma anche dalla loro storia. Per questo amo così tanto scoprire le città passeggiandoci dentro, più che chiudendomi in un museo: respirando la loro aria riesco ad entrarci in sintonia. Milano è la mia città, ci sono nata, cresciuta e – tolte due pause di circa un anno l’una – ci ho sempre vissuto. Pur avendo spesso la testa in altri luoghi è sempre qui che voglio tornare e faccio fatica ad immaginarmi in un luogo diverso (e paragono spesso tutto a Milano).
Quando Giovy (o meglio La Giovy, alla lombarda) mi ha chiesto di scrivere un post per il suo blog parlando del mio quartiere sono stata felicissima. Mi sento onorata di essere ospitata tra queste pagine (che spesso sono state preludio a miei meravigliosi viaggi) e sono orgogliosa di parlarvi un po’ di Milano: troppo spesso rinchiusa in categorie stantie dai più. Si parla di Milano da bere (basta dai, che gli anni ’80 sono – per fortuna – finiti), si parla di moda (c’è, ed è una fetta ben importante del panorama socio – economico della mia città, ma non è tutto lì) e si parla di alienazione, città che va di corsa, ingoia tutto e non lascia scampo. Ecco, questa Milano non è proprio la mia Milano.
Io sono nata e cresciuta a Porta Venezia, oggi quartiere super alla moda, importantissimo per la comunità africana e per la comunità LGBT+, ricco di locali alla moda, ristorantini interessanti e a due passi dalla Madonnina e dal quadrilatero. Quando ci vivevo io era molto diverso, ma io lo amavo. Sono cresciuta in una casa di ringhiera e continuo ad amare queste case: cortili interni che presuppongono condivisione, spazi comuni, vita condivisa, così tipici della mia città.
Milano e i suoi quartieri: un po’ di storia (ogni tanto ci vuole)

Oggi mi sono un po’ spostata da lì (ma ci bazzico ogni giorno perché ci lavoro vicinissimo). Ma qual è il mio quartiere oggi? Difficile definirlo perché è un mix di quartieri. Io amo i confini, i luoghi di confine e vivere sulle linee, impersonandone il miscuglio. E così mi muovo amabilmente tra Città studi (dove sta proprio la mia casa), Lambrate, Ortica e Porta Vittoria. Un mix di stili, modi di vivere la città e substrati sociali molto variegati tra loro. Parte il pippone storico, giuro sarò breve.
Porta Vittoria è la parte più “centrale” di questo mix, deve il nome alla vittoria sugli austriaci durante le 5 giornate di Milano (infatti i caselli delle porte si trovano proprio in Piazza Cinque Giornate). Oggi è un quartiere semi – centrale, elegante, ricco di belle case e villette colorate. La parte più periferica del quartiere invece è più popolare. È un quartiere pieno di vita.
Città studi è il quartiere nato intorno al Politecnico di Piazza Leonardo da Vinci, quartiere popolare, vivace, pieno di giovani e studenti e vita notturna (senza arrivare ai livelli dei navigli – per fortuna).
Lambrate (da cui prende il nome la Lambretta che qui veniva prodotta), è un quartiere operaio nato intorno alla stazione e alle fabbriche che qui avevano i capannoni. Una parte di quartiere (quella che va da Piazza Rimembranze verso l’Ortica) è stato oggetto di un tentativo di riqualificazione, alcuni capannoni sono stati restaurati e portati a nuova vita e si sono portate nel quartiere gallerie d’arte e artisti. La “gentrificazione” non è però riuscita del tutto e oggi quello che resta è un bel mix di vecchio e nuovo, di quartiere hipster e realtà all’ennesima potenza.
E poi c’è lei: l’Ortica, forse la mia parte preferita. Il nome dice molto delle sue origini: campi e contadini. Poi operai. Il quartiere è un po’ isolato dalla città, dalla ferrovia che lo attraversa su due lati, e questo ne ha permesso uno sviluppo più lento e “sonnacchioso” rispetto al resto della città che corre. Qui vivevano molti operai che lavoravano nelle fabbriche vicine di Lambrate e ferrovieri, l’anima resta quella ed è sempre un gran piacere bazzicarci. Oggi poi è un museo a cielo aperto (ma ne parliamo tra poco). Fine del pippone.
La “vecchia Milano” esiste ancora?

Sono stata brava?! Bene, ora che vi ho fatto un quadro generale capite bene che “il mio quartiere” è difficile definirlo. La parola che però mi viene sempre in mente è: Vecchia Milano. Intanto perché sono quartieri ricchi di storia, che parlano della storia di questa città fatta di fabbriche, lavoro duro, incontro e accoglienza. Sono quartieri in cui la dimensione umana è ancora molto presente, ci sono piccole botteghe storiche, molto commercio al minuto, tantissimi bar che sono punti fermi per gli abitanti del quartiere e tante case di ringhiera (no, io purtroppo non abito in una casa di ringhiera ma dalla mia devo dire che dal mio balcone vedo montagne da un lato e la Madonnina dall’altro, quindi non mi lamento troppo). È un quartiere con un carattere forte, che ha voglia di raccontare tanto, basta saperlo ascoltare. Milano non si svela al primo sguardo, non ti colpisce con una bellezza scintillante (anche se, ragazzi, avete visto Palazzo Malpighi, per esempio?). La devi scoprire, devi avere voglia di conoscerla, camminarci insieme, con lo sguardo in su. E così oggi vi porto in una camminata immaginaria – psicogeografia la chiamano – attraverso questo mix di quartieri che è il mio quartiere.
Porta Vittoria, eleganza e villette

Io partirei proprio da Piazza Cinque Giornate, dove possiamo prendere un caffè con calma (magari da Cocotte, tipo un caffè gigante con nutella e panna montata???) e poi lanciarci con scarpe comode nell’esplorazione. Se volete darvi a un po’ di shopping vi lascio Corso XXII Marzo, una versione un po’ più “posh” di Corso Buenos Aires. Io prendo una vietta laterale e passeggio tra belle case fino a trovarmi davanti alle villette colorate di Via Marcona (me ne regalate una?), sono bellissime, due piani, colori pastello e il giardinetto davanti con palme e glicini. Sospiriamo immaginando quando mai potremmo permettercele e andiamo avanti, che di passi da fare ce ne sono ancora. Andando avanti si arriva in Piazza Grandi, una piazza un po’ particolare con una zona verde rialzata, quasi una “collinetta”. Sotto nasconde un luogo ricco di storia: un vecchio rifugio antiaereo della guerra. Visitabile grazie Neiade Tour. (curiosità storica: girando a Milano ogni tanto sui muri di certe case si vedono delle frecce rivolte verso il basso. Indicavano i rifugi antiaerei più vicini).
Avanti dritto e arriviamo al Boom – Spazio fumetto, un museo molto carino per gli appassionati di fumetti. E lì vicino, nel cortile/parco interno c’è anche un bel locale dove fermarsi a fare un prima pausa birretta (che dite?). Vicino al Boom c’è uno dei miei luoghi del cuore, il ritrovo di tutta la mia compagnia, il bar Paperoga. Una vera istituzione della via Lomellina. Fermatevi per un ottimo panino o una birretta e due chiacchiere con Domenico e Mariuccia, risate assicurate.
Ortica, street art e case di ringhiera

Ma non è più tempo di soste e birrette, bisogna proseguire. Passando da Viale Argonne. Oggi grande viale alberato (qui sotto passerà la metro 4), nell’immediato dopo guerra ospitò alcune casette prefabbricate che servirono a mitigare l’emergenza abitativa data dai palazzi distrutti dai bombardamenti e dall’arrivo degli immigrati dal sud Italia che trovarono lavoro (tra le altre) nelle fabbriche di Lambrate. Ci penso spesso quando passo di qui e vedo i grandi alberi che ci sono oggi, le macchine parcheggiate e la vita che scorre sul viale.
Superando viale Argonne entriamo in Città studi, lasciamo definitivamente Porta Vittoria. Ma ci stiamo solo per un po’ (vi ci voglio portare dopo). Prima andiamo ad immergerci nell’Ortica e a Lambrate. Preparate le macchine fotografiche perché stiamo entrando in un museo a cielo aperto.
Passiamo per il cavalcavia Buccari e già si vedono macchie di colore.
Grazie all’associazione Or.Me (ORtica MEmoria) e al collettivo Ortica Noodles, il quartiere si sta popolando di bellissimi murales con i più svariati temi: donne e lotte sindacali (il mio preferito), personalità della musica popolare (qui hanno bazzicato Jannacci, Fo e tanti altri), il Duomo (meraviglioso) e potrei continuare. Quando l’arte esce dai musei, entra nelle strade e si mette a servizio della città e della sua gente, la meraviglia!

Passeggiando per l’Ortica si incontrano anche luoghi storici come l’ex dopo lavoro ferroviario che oggi è una Balera con cucina casalinga molto popolare, o la pizzeria L’Ortiga (ti ricordi, Giovy?) che serve una meravigliosa pizza al trancio (quella alta) che è poesia. O l’osteria del Generale, un tempo Trattoria del Gatto Nero, frequentata da un sacco di artisti negli anni ‘60/’70.
Se prendiamo il cavalcavia pedonale finiamo dall’altro lato della ferrovia, beviamo una birra (sì lo so, sono monotona) all’Impronta Birraia e possiamo poi dirigerci verso il Parco Forlanini, uno dei grandi polmoni verdi della città (sì, abbiamo del verde anche noi).

Ma anche Ortica ha il suo polmone verde, nato accanto alla vecchia fabbrica della Lambretta. Il Parco della Lambretta offre spazi verdi, archeologia industriale, street art e relax (e un po’ di zanzare d’estate, ma d’altra parte la perfezione non è di questo mondo, come si sa).
Lambrate: tra Design e senso di quartiere

Proseguendo su via Pitteri, poi Crespi e Canzi si entra nel quartiere di Lambrate. Da subito si intuisce il cambio di atmosfere. La vecchia Milano ci abbraccia a piene mani, a tratti pare essere in un piccolo Paese.
Le due anime si rincorrono di continuo. La vecchia Chiesa di San Martino in Lambrate con la torre campanaria del XIV secolo. Via Conte Rosso, l’anima popolare e sincera del quartiere. E poi il Lambrate Design District e i recuperi industriali interessanti (informatavi nel caso ci sia qualche evento particolare, quando si potrà tornare a frequentare certi luoghi) e un po’ di archeologia industriale. Qui si respira proprio l’aria della vecchia Milano, immergetevi, prendetevi un caffè, parlate con la gente. Vivete il quartiere.
Città studi, come ritrovarsi a Notting Hill passeggiando per Milano

E ora rientriamo verso Città studi. Superiamo il ponte di Lambrate e prendiamo via Bassini, piano piano compariranno studentati, facoltà, il campo Giuriati (dove si allenano alcune squadre del CUS Milano). E poi compare lui, il Politecnico, mitica università scientifica milanese. Il palazzo è bellissimo, la piazza esterna vivibile e ricca di vita a ogni ora del giorno (e della notte). Ma io vi voglio portare nella mia vita preferita in assoluto, l’ho lasciata alla fine.
Qui ci ritroveremo in un attimo in un sogno, in Notting Hill con Hugh Grant, in un mondo fatto di colori perché sì, la mia città – spero l’abbiate capito – è piena anche di colori. Eccoci allora in via Giuseppe Colombo.
La prima parte sembra anonima, ricca di edifici universitari. Ma dopo la rotonda eccole, sulla destra, le villette ricavate dalle antiche cascine, colorate, con le porticine strane. Uno spettacolo per gli occhi. E qui se girate un po’, lasciate i piedi vagare, ne incontrerete parecchie.
Non si può lasciare Milano senza un po’ di Liberty

Bene. Ora vi lascio andare. Vi porto alla fermata del tram 5, un tram storico: per salirci ci si deve un po’ arrampicare ma vuoi mettere il fascino? Sono questi i tram che girano a San Francisco, vedete vi ho risparmiato anche un intercontinentale!
Torniamo alla fermata, siamo in Piazza Ferravilla. Qui un tempo era abbandono, poi i ragazzi del centro sociale Lambretta avevano occupato un paio di case abbandonate e ripulito un po’ la zona. Qualche tempo fa sono stati sgombrati perché il lotto ha avuto un nuovo proprietario. Oggi stanno rivedendo la luce le vecchie ville in stile Liberty. Sogniamo un po’ prima di prendere il tram e andare verso la stazione Centrale.
Come dite? Volete restare? E allora sediamoci in uno dei locali di piazza Guardi (o limitrofe), come il Birrificio Meneghino, il Gainatt o il Tut a Post… Come vedete tutti locali con una bella identità!
Spero tornerete a Milano, spero le darete una chance oltre gli stereotipi e il grigiume che la precede. Perché Milano è tante cose, tante anime. Ascoltiamole!

[Riprendo la parola io, la Giovy]
Ringrazio alla grande Elena e le mando un abbraccio grande perché mi manca il poterle dire “domani sono lì per lavoro, caffé assieme?“. Mi manca il fatto di poter programmare un’uscita con lei e mi manca, lo ammetto, un bel po’ anche Milano. Strano, no?
Post di Elena Crespi.
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