Un po’ di tempo fa, su Instagram, ho letto un commento di apprezzamento sotto una foto che avevo postato. Era di Jacopo. Come spesso faccio, vado a vedere i profili di chi mi commenta e “non è del solito giro” della gente che mi segue. Così ho scoperto che c’era un italiano che viveva alle Isole Cook e che lì faceva il pompiere. “Che cosa particolare“, mi sono detta. Ho subito immaginato Grisù in versione Polinesia e ho sorriso. Qualche giorno fa ho scritto un messaggio a Jacopo e gli ho chiesto se gli andava di essere intervistato per raccontare la sua storia. In quanti hanno pensato “mollo tutto e vado a vivere su un’isola tropicale“. Ecco: lui è la prova che – come ben si dice in Frankenstein Junior – si può fare!
Ciao Jacopo, ci racconti in poche parole chi sei?
Kia Orana!
Sono Jacopo, 31 anni, nato e cresciuto a Milano ma con cuore e mente legato alla bellissima Val di Scalve. Ho sempre voluto essere il bastian contrario in qualsiasi situazione, fare le cose alla mia maniera, andare contro corrente e con un obiettivo: vivere una vita sensazionale. Penso che questo, ovvero l’essere positivo e credere nella legge dell’attrazione, mi abbia portato dove sono ora: in un paradiso terrestre che piu lontano di cosi non lo potevo trovare. Sono un sognatore, un duro lavoratore, un avventuriero e ho sempre lottato per quello che credo sia giusto e corretto, per me e per le persone a me vicine. Mi piace la compagnia, ma allo stesso tempo sto bene con me stesso e la solitudine non mi fa paura.
Sono veramente ambizioso, e nessun idea, desiderio o obiettivo é impossibile se hai la voglia, tenacia e le “palle” di ottenerlo. Penso di essere una persona moralmente corretta, educata e rispettosa e soprattutto onesta. Questo grazie agli isegnamenti di Nonno Renzo (ora non é più con noi) e della mia famiglia. Mi hanno sempre detto che sei sei onesto e se lavori duro arriverà il giorno che verrai premiato e ci credo ciecamente. Ho il desiderio di fare felice le persone che mi sono vicine, e anche quelle lontane. Che questo sia dare loro una vita migliore, dare un tetto, dare da mangiare non importa.. ..da grande voglio essere un filantropo. Segno Zodiacale Capricorno ( e tutto quello che ne viene), Interista, amo la montagna e mangio per 5 persone.
Com’è nato il tuo primo viaggio alle Isole Cook e cosa ti ha fatto capire di voler vivere lì?
Per il primo viaggio alle Cook devo ringraziare un agente di viaggio, Matt Armstrong. Lui mi ha cambiato la vita senza saperlo. Nel 2012/13 ho studiato per un anno in Nuova Zelanda, ottenendo diploma in Management del Turismo. Dopo circa sei mesi di corso sono arrivate le prime ferie scolastiche, e i miei genitori sono venuti a trovarmi. Con tre settimane a disposizione abbiamo deciso di spendere due settimane di roadtrip in Nuova Zelanda e concludere il tutto visitando una delle Isole del Pacifico.
Con il budget a disposizione andai in agenzia di viaggio e chiesi quattro preventivi per Fiji, Samoa, Tonga e Polinesia Francese. Dopo qulache giorno l’agenzia mi chiamò per dirmi di avere i preventivi pronti. Una volta arrivato, Matt mi presentò un quinto preventivo per le Isole Cook. Mai sentite, mai viste e non avevo la minima idea di dove fossero. Matt mi disse solamente: sono uno dei pochi posti rimasti in Polynesia dove la cultura é viva e palpabile, dove tutti stanno bene e sono felici.. ..e per qul poco che ti conosco penso che sarà il posto dove andrai a vivere! VENDUTE!
Una volta arrivati capii di essere arrivato in un posto diametralmente opposto a quello a cui ero abituato a Milano. Si percepiva uno stile di vita totalmente differente, dove tutto é semplice, dove le preoccupazioni sono minime, dove tutti sorridono e soprattutto dove non servono piu le scarpe! In quella settimana di ferie cercai lavoro, e lo trovai in un resort. Mi offrirono un mese di prova al termine del mio corso di studi in Nuova Zelanda. Cosi tornai ad Auckland, finii il mio corso e il 3/01/2014 (il mio compleanno) atterrai nuovamente a Rarotonga. Durante il secondo servizio al bar del resort incontrai la piu bella musa polinesiana che l’arcipelago potesse offrire – Kura – la mia attuale compagna. Non fu facile entare nelle sue attenzioni, ma anche li si torna al principio base: se vuoi una cosa devi lottare. Dopo tre settimane di corteggiamento Kura finalmente accettò il mio invito a cena, e sei anni dopo siamo ancora insieme. Kura mi ha permesso di entrare a pié pari nella vita dell’isola, nella comunità, nei suoi ritmi, nella sua natura. E più mi addentravo in questa vita isolana piu mi veniva difficle anche solo pensare di tornare a quella vita che per anni é stata la normalità. Ora mi considero un “Island Boy” e so che la mia vita é qui.
Adoro la comunita di cui ora faccio parte, amo avere una famiglia gigante (dal lato della mia ragazza ovviamente), amo poter salutare tutti e tutti quanti e potermi fermare e chiaccherare con chiunque. Ma la cosa che mi piace di più é che alle Cook puoi essere quello che vuoi, e ogni desiderio é fattibile e realizzabile. Vuoi fare il pompiere, sei pompiere. Vuoi andare in viaggio per il Pacifico sulla Vaka Tradizionale, fatto. Vuoi giorcare a pallone anche se hai piedi a banana e in Italia ti hanno obbligato a giocare a pallacanestro, fatto due stagioni in serie A e un gol. Vuoi diventare console, conosci l’ambasciatore Italiano. Vuoi fare carriera, basta lavorare duro e succede. Qui tutto è a portata e a dimesione d’uomo: basta crederci, essere persone gentili, dare indietro alla comunità e tutto ti sarà dato.
In tanti pensano “mollo tutto e mi trasferisco su di un’isola in Polinesia”. Com’è farlo realmente?
Non é facile, anzi! Il prendere e mollare tutto non è facile a priori, soprattutto se non si ha mai provato a stare soli e lontani dai confort della famiglia, degli amici e della quotidianità. Io fatto tutto a piccoli passi, fino a quando ho fatto il passo piu lungo della gamba. A 19 anni ho incominciato a fare le stagioni in Sicilia. In inverno lavoravo a Milano al Bar degli Interisti, mentre da Giugno a Settembre scendevo in Sicilia per lavorare in cocktail bar e discoteche. E qui i primi 3 mesi da solo lontano da casa, 1200km di distanza. A 22 ho fatto sei mesi a Londra, dove ho fatto corso intensivo di inglese e lavorato in un nuovissimo high end Pub in centro a Londra. 6 Mesi lontano da casa, lingua non tua, 1300km da casa. A 24 anni mi sono trasferito in Nuova Zelanda per corso di studi ed esperienza lavoro (che raccomando a tutti!). 14 mesi da solo, 18400km da casa. Dai 25 anni ad adesso sono qui in questo puntino in mezzo all’Oceano Pacifico, in un posto che piu lontano di cosi non puoi andare.
Tutti questi passi sono stati fondamentali per portarmi qui, per aiutarmi a mettersi in gioco ogni volta, per essere obbligati a cambiare le abitutini, per essere capaci di creare nuovi rapporti sociali in posti dove i rapporti sociali sono completemente diversi da quelli a cui siamo abituati. E in tutto questo ho sempre avuto il supporto della mia famiglia, sempre. Senza di questo la storia sarebbe stata differente. E considera che sono figlio unico e unico nipote! Vivere su di una remota isola del Pacifico è si stupendo, ma lontano dall’essere facile soprattutto all’inizio e per molte ragioni.
Uno: la lontananza, siamo davvero lontani da tutti e da tutto. Questo vuol vedere rarament parenti e amici, o praticamente mai. Di mio torno una volta ogni due anni, mentre mia mamma e il suo compagno sono venuti a trovarmi tre volte. Dei miei amici non è ancora venuto nessuno, perché la distanza è tanta e venire qui di sicuro non è economico ( poi per come sono fatto io se il mio migliore amico vive dall’altra parte del mondo in 6 anni avrei fatto di tutto per mettere da parte i soldi del biglietto!). Se, per esempio decidi, che domani vuoi tornare a casa, per qualsiasi motivo o emergenza (perché ci sono anche quelle) sono minimo 1,500€ di volo e 36 ore di volo se ti va bene.
Qui non ci sono i servizi e strutture a cui siamo abiutati. Nei “supermercati” non c’é praticamnte nulla di quello a cui noi siamo abiutati. Non ci sono esselunga, mcdonalds (ahimé), shopping mall, parchi divertimenti, centro storico. Non ci sono gite fuoriporta, non ci sono weekend al lago, non c’é skytv, non c’è Natale, abbuffate e feste con la famiglia. “L’Island Time” é fantastico una volta che entri, ma abituarsi é dura! Quando sei abiutato ad andare a mille e il resto della popolazione va a 10 (giustamente) tante volte le situazioni e l’attesa diventano estenuanti.
La monotonia penso sia la cosa piu difficile a cui abiturasi, non tanto perché qui non ci sia niente da fare, anzi! Ma il fatto che in Italia ( o in qualsiasi altro paese) siamo abituati a spendere ore e ore della nostra giornata a fare cose “inutili” per ottenere cose che ci servono. Mi spiego, qui per andare a lavorare ci metto 15 minuti in moto (senza casco e a piedi nudi) e lavoro per 7 ore, punto. A Milano per fare la stessa distanza che faccio qui ci mettevo un’ora andare e una a tornare e mezz’ora a trovare parcheggio. Per fare la spesa stessa cosa, qui non mi ci vuole niente, per andare all’Esselunga di via novara due ore tra guidare, parcheggiare, fare la coda e decidere cosa comprare. Stessa cosa puo essere applicata a qualsiasi cosa che facciamo in Italia, qui non ci vuole niente, in Italia ci vuole un sacco diu tempo e una cifra di stress. Una volta che sei abiutato a questi ritmi ( di Milano o di ovunque tu sia) fa strano avere a disposizione cosi tanto tempo da non essere abiutati a godercelo e gestircelo e agli inizi non é facile. Pensi, cacchio oggi ho lavorato, ho pagato le bollette, ho fatto la spesa, ho pulito casa e sono ancora le 16.00! Questo ti fa pensare che non ci sia niente da fare, ma in realtà sei tu che non sei mai stato abituato ad avere tempo per te stesso e per la tua famiglia e per i tuoi interessi.
Inoltre, le paghe non sono altissime, anzi! E la vita è relativamente cara. Considera che qualsiasi cosa che non cresce/é prodotta sull’isola cosa 2 o 3 volte tanto (se non di piu) quello che costa in Italia. Se vuoi provare a mantenere lo stile di vita che avevi in Italia una volta qui o hai i soldi da parte, o perdi in partenza… e tanti non ce la fanno
Infine, se vivi in un posto cosi lontano è molto probabile che le prime persone con cui farai amicizia e legherai saranno altri stranieri, qui come te per lavoro, cambio di vita, studio. Il problema che queste sono le stesse persone che con molta probabilità, a un certo punto, lasceranno l’isola perché il contratto é finito, perché devono tornare dalla loro famiglia o semplicemente perché non ce la fanno più a vivere in un posto cosi piccolo, lontano e diverso dal resto del mondo.
Come ho combattutto tutti questi problemi? Io sapevo e so che voglio vivere qui, e il modo migliore per farlo é adattarsi ma soprattutto essere pronti a farlo e accettare tutte queste piccole sfide come passi per un percorso di crescita personale. Infine, e sopratutto, devi saper stare bene con te stesso.
Tu a Ratoronga sei diventato pompiere: come mai questa scelta?
Ho sempre voluto fare il pompiere, per due motivi. Il primo é che da “giovane” ho fatto un sacco di incidenti, in macchina ed i moto. Grazie a Dio non ho mai fatto del male a nessuno, e grazie al cielo non mi sono mai fatto male nemmeno io! Da qui l’idea di ‘restituire” questa fortuna indietro, cercando di aituare le persone che invece non sono state cosi fortunate come me in situazioni simili. Il secondo è perché, appunto, ho sempre voluto fare le cose diverse dagli altri, cose fighe, e soprattutto cose che tanti ritengono impossibili e non sai quante volte I proved them wrong!
A 19 anni cercai di arruolarmi con i Vigili del Fuoco di Milano ma, in breve, mi fecero capire che o conosci qualcuno o il pomiere non lo fai, neanche da volontario. Falsificai anche la carta di identità, ma anche questo non servì se non a far incazzare e parecchio i miei genitori. Dopo un paio di anni che ero alle Cook, eravamo a casa di un nostro conoscente (papa Andy) che gentilemente mi aveva portato dei BigMac dal suo viaggio in Nuova Zelanda ( si, Big Mac di McDonald). Mi disse che doveva scappare perché in ritardo per il training con i pompieri. POMPIERI???? Ero basito! Chiesi allora quali fossero le procedure per arruolarsi alla sua brigata e lui mi guardo come se fossi un idiota. Mi rispose, “vuoi fare il pompiere? Vai alla Brigata lunedi prossimo, ti presenti al Chief Barry e gli dici che vuoi fare il pompiere e diventi pompiere, semplice!”
Cosi feci, il lunedi successivo mi presentai al Chief Barry, dissi che volevo fare il pompiere e diventai pompiere! Adesso sono volontario da tre anni per Puaikura Volunteer Fire Brigade, e nonostante tutto questo sembri paradossale, facciamo comunque le cose con scrupolo. Tutti i lunedi facciamo training alla notra brigata e l’anno scorso mi hanno mandato in Nuova Zelanda a fare il corso ufficiale intensivo da pompiere con Fire and Emergency New Zealand. Durante gli ultimi tre anni sono andato a parecchi incendi, principalmente case in fiamme perché qui non ci sono falsi allarmi o gatti sugli alberi da cocco. Se la chiamata arriva vuol dire che c’é qualcosa in fiamme e ti devi sbrigare! Adoro fare il pompiere, adoro la divisa, adoro dare indietro alla comunità che mi ospita da sei anni e adoro il senso di comradeship con gli altri volontari. Da 5 anni lavoro a tempo pieno per il tour operator dell’isola, Turama Pacific Travel Group, ma sto cercando di entrare nel Rescue Fire dell’aereporto, che qui sono gli unici pompieri in carriera.
Parliamo di viaggi ora: dai tre consigli a chi vuole visitare le isole Cook
- Dovete venire e vedere questa parte del mondo con i vostri occhi e vivere la cultura locale e questo incredibile stile di vita. Cercate di passare piu tempo possibile con i locali, ascoltate le loro storie e condivide le vostre. Venite con mente aperta, non pensate di essere superiori solo perché qui si vive bene senza scarpe e senza BMW e accettate la loro ospitalità, generosità e umiltà cosi com’è: rimarrete sbalorditi.
- Dovete assolutamente visitare Aitutaki. La laguna é INCREDIBILE. Si, ci sono altre lagune al mondo altrettanto belle, ma nessuna é cosi al naturale come Aitutaki. Non ci sono overwater bungalow per incominciare, e molto spesso durante le crociere della laguna sarete DA SOLI in un’ isoletta solo ed esclusivamente per voi. Infine, se andrete ad Aitutaki, consiglio vivamente di alloggiare per un paio di notti a One Foot Island a McBinerys house. Un’esperienza alla Castaway, in versione moderna e in tutta sicurezza.
- Esplorate, esplorate, esplorate. Se siete tipi da vacanza nel resort, all inclusive, animazione e trenino a fine serata – beh meglio scegliere altra destinazione. Le Cook devono essere vissute! Uscite dal resort, cambiate spiaggia ogni ora, addentratevi all’interno, perdetevi nelle strade secondarie, provate ristoranti e caffé. Solo cosi potete godervi, apprezzare e vivere l’atmosfera Polinesiana.
Ultima domanda: c’è qualcosa che ti manca dell’Italia?
Si, in realtà tante cose sia piccole che grandi. Tra le grandi:
- Mi manca mia nonna, l’ultima rimasta. Mia nonna non é tecnologica, quindi non ci vediamo su skype/whatapp come faccio con il resto della famiglia. Ci sentiamo una volta al mese via telefono, ogni tanto via video quando papà va a trovarla. Anche se non ci sentiamo spesso, il bene che ci vogliamo é immenso e so che é sempre qui con me. Le mando cartoline ogni mese, e so che questo la rende estremamente felice.
- Mi mancano i miei amici. Con loro ci sentiamo spesso, ma non é la stessa cosa di potersi trovare al bar, farsi due chiacchere e via. Non sono li per loro quando hanno bisogno del mio supporto, come loro non sono qui quando io ne ho bisogno. Si, vero esistono i telefoni etc.. ma un abbraccio, due chiacchere e due risate dal vero non saranno MAI come una whattsappata. In piu adesso siamo tutti nell’eta che si fa famiglia, e da quando sono qui ho già perso non so quanti matrimoni e soprattutto la nascita dei loro bambini.
- Mi manca il Bar degli Intersiti “Il Cammello”. Questo é la mia seconda casa a Milano, che frequento da quando ho 15 anni. Qui é dove per anni io e i miei amici “facevamo piazza”, dove ci guaradavamo tutte le partite, dove mangiavamo, dove ci nascondevameo dalle nostre famiglie ma soprattutto dove sono stato accolto dal proprietario Tony come un secondo figlio. Qui ho lavorato per un po’di anni, facevo l’inverno al Cammello e l’estate in Sicilia a fare le stagioni. Ogni volta che torno a Milano la prima tappa é salutare la nonna, seconda tappa da Tony che apre il bar solo per me e i miei amici (se il volo arriva tardi tardi o presto presto).
- Mi manca la Val di Scalve e tutti i miei amici della valle. Sono nato e cresciuto a Milano ma per piu di 40 anni i miei nonni hanno affittato e poi comprato una casa in questa piccola valle della Bergamasca. La Valle è dove ho passato tutte le mie estati, inverni, vacanze scolastiche dai 0 ai 19 anni. Questo é il posto dove ho tutti i miei ricordi piu belli. Quando sogno di essere in Italia sogno sempre di essere lì. Di solito torno in Italia ogni due anni, e ogni volta che torno una tappa in Valle é un MUST, cascasse il mondo.
Ovviamente mi manca il resto della famiglia, ma con mamma e papà e i loro compagni ci sentiamo regolarmente. Io so che loro ci sono sempre e comunque, che ho tutto il loro supporto e questo mi fa sentire meno la loro mancanza.
Tra le piccole cose:
- Dylan Dog, le Fiesta, Estathe (al limone), il salumiere, il pane croccante, la Sambuca Molinari, la grappa,il caffe al bar e Mc Donald!
Infine mi manca il mio stato di “Principe” . Come dicevo, sono figlio unico e unico nipote dal lato di mio papà. Per questo non ho nessun problema ad ammettere che da sempre sono stato viziato e sempre trattato come il principino della famiglia. Fino ai 19 anni non ho mai lavato i piatti, fatto il bucato, pulito casa, cambiato la carta igenica, pulito il firgorifero… chiedevo e mi veniva dato ( e in abbondanza). Adesso la situazione, come puoi immaginare, é differente: vivo con Kura da sei anni e lei me lo ha fatto capire chiaramente che la pacchia é finita. Per carità, giusto cosi ed era anche ora.. ..ma preferivo lo status da principe!
[Riprendo la parola io, la Giovy]
Mi piacciono un sacco queste storie, queste vicende di gente che esce davvero dalla propria “zona di conforto” (per quanto trovi abusato questo termine) e si smazza, letteralmente, per diventare ciò che ha sempre voluto essere. Per di più, dall’altra parte del mondo. E non solo letteralmente parlando. Una mia amica un tempo mi scrisse una cosa su uno dei miei diari di viaggio: il mondo è pieno di gente che non aspetta altro che incontrarsi per strada. In questo caso, Jacopo e io ci siamo appena incrociati sulla strada virtuale di Instagram ma sono felice sia successo. Leggere la sua intervista per riportarla qui mi ha messo un sacco di buon umore. Partirei io con un carico di Estathé al limone da portare direttamente alle Isole Cook. Prima o poi. Sappiate, intanto, che Jacopo ha un blog ancora in fase embrionale ma potrebbe esservi utile per restare in contatto con lui e magari chiedergli consiglio su quelle isole così belle e piene di colore e vita.
Tutte le foto che vedete sono © Jacopo Dozzo – riproduzione vietata.
Ciao Giovi, ho letto con moltissimo interesse la storia di Jacopo Dozzo e vorrei avere il link del suo blog per poterlo contattare.
In vita mia ho costruito molto, ho fondato Aliadriatica/Air One, una grossa compagnia aerea nata con l’equivalente di 20 milioni di lire poi rivenduta ad un grosso imprenditore ad oltre un miliardo (sempre lire ).
Poi ho cambiato lavoro e sono diventato allevatore, poi ho costruito due ville in collina donate ai figli.
Ebbene concordo con il motto di Jacopo, ” se vuoi una cosa devi lottare” ed io ho lottato molto.
Ora però mi ritrovo a 70 anni suonati da solo ( sono separato ) e non vedo molta riconoscenza da parte di chi ha beneficiato dei risultati della mia lotta.
Visto che sono un sognatore nato, sogno di espatriare su un isola del Pacifico lontano da tutto e da tutti, ecco perché mi affascina questa storia.
Scusami per il tempo che ti ho fatto perdere, ti saluto chiaramente,.
Luciano Diodoro – Pescara
Ciao
Salve Luciano,
grazie per il suo commento. Il link al blog di Jacopo è nel testo del mio post. Lì trova tutto.