
Nell’ultimo mese e mezzo ho fatto una cosa alla quale ho badato molto di più che in tutto il resto della mia vita: ho preso degli aerei e mi sono spostata dall’Italia. Se ripenso al mio ultimo ritorno a casa in aereo pre-pandemia, tutto è cambiato da quel 21 Febbraio. Tutto. A partire dalla mia agenda: quel giorno avevo già almeno un viaggio all’estero in programma al mese. Certo, tutti programmi in fieri ma erano pur sempre programmi: ero a posto fino ad autunno inoltrato. E invece avrei dovuto – come tutti – fare i conti con il destino del mondo. Com’è stato ritornare a viaggiare e cosa ha generato in me? Ve lo racconto subito.
Il primo decollo (post pandemia) non si scorda mai
Anni fa, tanti anni fa, poco prima di un viaggio importante, ho passato una notte d’inferno. Di punto in bianco mi è venuta la febbre più febbre del mondo. Tipo 39,5°, dal pomeriggio alla sera. La testa mi esplodeva e io mi chiedevo “ma ti pare che ho la febbre in estate?”. La mattina dopo mi sono svegliata come nuova. Era tutta tensione. Il mio primo decollo post pandemia è stato il simbolo assoluto del mio ritorno al viaggio. Così come lo è stato il primo viaggio in Umbria il 5 maggio di quest’anno. Per andare verso l’Umbria, viaggiavo in auto ed ero quasi da sola in autostrada, per andare a Tenerife… ero una delle poche persone all’aeroporto di Bologna. Mi aspettavo un aeroporto quasi vuoto ma non pensavo così tanto. E cosa mi è succcesso stavolta? L’agitazione mi ha portata a stare malissimo tutta la notte prima della partenza, col risultato di farmi arrivare in aeroporto a pezzi, con la sensazione di avere la febbre. Sono addirittura andata a chiedere in farmacia di farmela misurare e non avevo nulla. Il malanno che mi era caduto adosso quella notte mi aveva lasciata disidratata e sentivo la testa che mi scoppiava per quel motivo. Salita in aereo, mi è sembrato tutto normale. L’aereo è decollato e mi è sembrato pura magia. Ero di nuovo in the sky. Ero di nuovo pronta a viaggiare.
La risposta alla fatidica domanda “tornerò?”

Ogni volta che parto da un posto – soprattutto un posto che amo tanto – mi dico sempre “tornerò presto“. Certo che tornerò. La mia mente sa che tornerò. Si torna sempre dove si ama, da chi si ama. Il problema (che poi non è un problema) è sapere quando. Il 21 febbraio 2020 sono salita su di un aereo che, di prima mattina, mi ha portata via da Manchester e riportata a casa. Da quel giorno, ho imparato di nuovo a riadattarmi. A essere come la creta o il pongo, come scrivevo. Ho già scritto la mia lista di cose che ho imparato durante il lockdown ma ritornare a viaggiare mi ha insegnato altro. Davvero. E mi viene subito in mente una cosa, una di quelle frasi scontate ma che non lo sono: si impara sempre. E questa è una ricchezza.
Quello che ho imparato dal ritornare a viaggiare

Si impara sempre, dicevo. Sto imparando a ridialogare con molta gente. Sto imparando a ritornare nel mondo. Sto imparando – di nuovo – a rivedermi nel mondo. Cosa sto imparando? Faccio una lista, as usual, così metto a posto i pensieri.
- Ho imparato a riconoscere il mio essere fallace, capace di crollare.
- Ho imparato, nuovamente, che sono un contenitore che, ogni tanto, va svuotato.
- Ho imparato che, in fondo, crollare aiuta.
- Ho imparato, sempre di nuovo, che il mio posto è il mondo.
- Ho imparato che posso solo essere me stessa. E basta.
- Ho imparato a essere felice… e farci sempre caso.
- Ho imparato che I will be queen.
- Ho imparato a essere un amuleto per me.
- Ho imparato che ci sono delle persone che sono davvero degli amuleti di positività.
- Ho imparato che lasciare è difficile. E fa male.
- Ho imparato che il dolore fortifica. Proprio come dicono i vecchi proverbi.
- Ho imparato a fare programmi, non dirli a nessuno, cambiarli quando serve.
- Ho imparato che certi piani B sono meglio di mille piani A.
- Ho imparato che c’e sempre qualcosa di nuovo per cui sorprendersi.
Choose Life, Veronika!

Avete presente Trainspotting 2? Ecco. Quel “Choose Life” che Renton spiega a Veronika, la ragazza di Sick Boy, è un qualcosa che mi è rimasto dentro. Quando mi metto in viaggio verso Edimburgo – com’è successo quel giorno – ci sono tre cose a cui penso: Lust for life di Iggy Pop, Born Slippy degli Underworld e il discorso che Renton fa a Veronika (ascoltatelo perché l’accento Scottish di Ewan McGregor è spettacolare).
Choose unfulfilled promise and wishing you’d done it all differently. Choose never learning from your own mistakes. Choose watching history repeat itself. Choose the slow reconciliation towards what you can get, rather than what you always hoped for. Settle for less and keep a brave face on it. Choose disappointment and choose losing the ones you love, then as they fall from view, a piece of you dies with them until you can see that one day in the future, piece by piece, they will all be gone and there’ll be nothing left of you to call alive or dead. Choose your future, Veronika. Choose life.
Ho capito e ho imparato quanto io ami quel pezzo di Trainspotting 2 e forse è così perché io – come tutti voi – sono Renton. Sono quella persona passata dai vent’anni ai quaranta come se ci fosse stato solo un battito di ciglia. Sono quella persona che, però, ha imparato da questi vent’anni passata. Ero in treno e pensavo a questo. Ero in treno e ho capito di aver imparato, di nuovo. Fuori da quel treno c’era tutta la bellezza di quel pezzo di Gran Bretagna tra Scozia e Inghilterra del nord. Dentro quel treno, c’ero io che mi dicevo “Choose life, Giovy”. Ecco cosa mi ha insegnato ritornare a viaggiare. Non credo ci saranno più aerei da qui alla fine del 2020. Ma poco male. Io, almeno, ci sono.
Choose life, Giovy!
Scegli la vita, Giovy. Quella vita che hai lottato tanto per avere, quel lavoro che ami fare e che da anni ti fa sentire in perenne battaglia. Ma sempre viva, come Lagertha. Scegli la vita, Giovy: quella valigia rosa pronta a seguirti in ogni dove, dove riesci a farci stare dentro tutta la tua esistenza e che sarà sempre la tua estensione in ogni parte del mondo. Non importa se vicina o lontana. Scegli la vita, Giovy, quella piena di parole da scrivere ed emozioni da cercare di comunicare. Perché le emozioni si vivono, non si spiegano. Ma si raccontano. Scegli la vita, Giovy: quella sensazione di pavimento elastico che provi appena metti piede su di un aereo. Scegli il posto finestrino per i viaggi corti, quello sul corridoio per quelli lunghi. Scegli la vita, Giovy, quella stessa vita che è piena di incertezze ma, lo sai benissimo, l’incertezza è solo un’opportunità col look sbagliato. Scegli la vita Giovy, la forza di essere dalla parte sbagliata (sbagliata per chi, in fondo?), la voglia di impremerti addosso tuto ciò che ti racconto. Guarderai quei tatuaggi da vecchia e avrai la certezza – come dice Thoreau – di aver vissuto. Scegli la vita, Giovy. Scegli la musica che ti piace, che ti fa piangere, che ti esalta, che ti eccita, che ti carica, che dice chi sei. Scegli la vita, Giovy, quella in cui i tuoi capelli non sono mai in ordine. E va bene così. Scegli la vita, Giovy. Purché sia tua, sempre. E non importa dove sarai, con chi sarai, come sarai. Sarai. E sarai tu. Pronta a tornare a viaggiare. Perché, davvero, in qualche modo questo accadrà di nuovo. Choose life, Giovy!
Tutte le foto senza caption sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
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