
Lo vedi arriva un’altra estate, Lo so non ci credevi più… inizia così una canzone di Diodato, artista che ho imparato ad apprezzare davvero molto. Questa canzone mi ha avvolta in uno dei miei viaggi verso l’Umbria e, forse per quello, la sto tenendo nel cuore come poche altre cose al mondo. Non tanto melodia e versi (che sono belli davvero), quanto più per la sensazione di estate che mi lascia addosso. Sto scrivendo questo post per farvi e farmi, in primis, una domanda: com’è questa estate 2020? Sicuramente non è come l’avevamo pianificata, soprattutto a livello di spostamenti e cose da fare. Ma, a livello di emozione, come siamo messi?
L’estate e me: connubio difficile
Giovy, ti piace l’estate? Insomma, mica tanto. Sono perfettamente avvinghiata a quanto cantano gli Smiths in Ask: spending warm summer days indoor. Eppure… Eppure cosa? Eppure ho guardato il calendario e mi sono resa conto di quanti giorni outdoor io abbia vissuto in questa estate 2020. Giorni outdoor, giorni zingari, giorni fuori dalla mia normale zona di sconforto, non di conforto. Dico zona di “sconforto” perché – lo sapete – io non appartengo alla regione che mi ha adottata, a quella pianura quasi senza fine che genera in me pochi pensieri belli. Ciò che ha generato in me pensieri belli è stato il mio vagare, il mio tornare ad affetti certi e in luoghi che mi dicono molto. Cio che ha generato in me il barlume della bellezza totale sono stati i luoghi vissuti da sola o condivisi. Le albe poco prima delle 5 del mattino, il raglio di un asino, il gusto della vita.
Ho riscoperto il valore delle giornate che corrono
Già, il valore delle giornate. Fino all’estate 2019, i miei giorni estivi erano parte di un solo grande countdown: quello che segnava lo scorrere del tempo tra il viaggio a Tenerife di maggio e quello di settembre. Un solo grande conteggio di 100 e passa giorni che io guardavo tutte le mattine e che, per decenza verso voi che mi leggete e mi seguite, postavo sulle stories di Instagram solo a pochi giorni dalla partenza, sempre – o quasi – con Pure Shores delle All Saints come sottofondo. Take me to my beach era il mio imperativo, la mia richiesta all’universo. Quest’estate, forse proprio per una forte esigenza della mia anima, mi sono ritrovata a guardare countdown diversi. O nessun countdown. Ho cominciato a vivere, come si suol dire, alla giornata. Volete sapere una cosa? Va bene così. Quando si mette assieme il vivere alla giornata con la voglia di vivere per se stessi, ciò che ne risulta è un mix grandioso. Un mix che produce good vibes only. E le vibrazioni positive fanno bene a tutti. Sempre.
Ho capito che devo sempre fare ciò che amo

Sì, Lovecraft vi prende il cervello. Io traduco quel “fuck” così. Come quando sei con qualcuno e ti divori di baci, ti respiri l’anima a vicenda. E ti lasci prendere. Così, fisicamente, mentalmente, emotivamente. Senza il bisogno di dire nulla. La scrittura di Lovecraft è questo e l’ho sempre saputo ma erano anni che non rimettevo la testa dentro le sue parole e lo sto facendo ora. Il Necronomicon è sul comodino e dentro il mio cuore. La cosa che mi sorprende è che l’ho ritrovato proprio dove l’ho lasciato. Come la mia essenza. Ma, ovviamente, non c’è solo Lovecraft nelle cose che amo. Ci sono le serate con le persone che adoro, quelle in cui fai tardi e ti ubriachi e non pensi a nulla. Quelle in cui torni a casa con in borsa una lettera bellissima per la quale ti commuoverai. Quelle in cui capisci che sei capace di lasciare il segno solo essendo semplicemente te stessa. E valgono ancora tutte quelle cose (60 cose) che ho imparato durante la pandemia.
E poi c’è la strada

Già, poi c’è la strada. A inizio pandemia, poco prima del lockdown, ho cambiato auto. Mi è sembrato una sorta di turning point della mia vita e, probabilmente, lo è stato. Ho pianto nel lasciare la mia vecchia auto, mi sono sentita in colpa ma quel cambiamento serviva. Ed è stato una sorta di metafora della mia vita. La macchina nuova si chiama Floki ed è rimasta parcheggiata durante il lockdown. Mi guardava e mi diceva “quando andiamo via?“. E poi, come per magia, siamo partiti. Sono partita a bordo di Floki e, parafrasando e modificando una citazione di De Gregori, “la strada io l’ho presa e ho fatto bene“ (l’originale era “il treno io l’ho preso e ho fatto bene”). La strada mi attende anche tra pochi giorni. E saranno giorni… giorni. Giorni. Punto.
E poi ci sono io, la mia galassia
L’avete vista questa foto, vero? L’ho messa su Instragram qualche giorno fa e, ancora prima, l’avevo postata nelle stories scrivendo “amo le foto in cui ho lentiggini e il vento mi porta una ciocca di capelli sul volto“. Lo dico sempre: quando sei felice, facci caso. E io ho fatto caso che, in questa foto, ci sono mille imperfezioni da attribuire alla sottoscritta. Ma chi se ne frega? Io no di certo. Quello che vedo io in questa foto è una Giovy felice. Finalmente. La felicità è forse quel “pursuit of magic” che ho messo nella copertina di questo post, di questa pagina del mio personale diario. Ho postato varie foto del mio volto pieno di lentiggini in questa estate 2020. In un commento, una persona che adoro ha scritto che sono una galassia di splendore. Le mie lentiggini sicuramente. Io lo sono per proprietà transitiva. Concedetemi questa cosa, questo piccolo spruzzo di vanità nei miei giorni. In questa estate 2020 ci sono io. In der Mitte, ich.
E nuoteremo con il cuore in gola fino all’orizzonte
Perché in fondo noi a quell’orizzonte ci crediamo ancora
Ci crediamo ancora
Tu ci credi? (Tu ci credi? Tu ci credi? Tu ci credi?)
Io ci credo ancora
Diodato, Un’altra estate, 2020
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