
In der Ferne è un’espressione tedesca che indica “nella lontananza“. Mi sto rendendo conto, sempre di più, quanto quella sia la mia condizione di vita … come dire, normale. O a cui sono destinata se vogliamo sentirci in balia di una qualche forza superiore. Sono giorni che chiacchiero, parlo, discuto, mi confido e mi racconto con le persone più importanti della mia vita. E grazie a qualsiasi forza governi l’universo per la loro presenza. Presenza… in der Ferne, ovvero nella lontananza. In un mondo in cui tutto sembra renderci più vicini in ogni momento (nessuno scorderà mai le riunioni via Zoom o Skype, vero?) o in un mondo in cui i messaggi vocali hanno rimpiazzato i “ti chiamo alle 21“, com’è che la lontananza mi appartiene così tanto?
Quando “è lontano” è un concetto ad personam

La prima cosa sulla quale vorrei ragionare (e, lo sapete, scrivo questo post per rimettere in ordine i pensieri dentro di me. Perdonatemi e vogliatemi bene così) è il concetto di lontananza. Per molti, un’ora di macchina è già troppo per considerare un luogo, un amico, una persona da amare un qualcuno di vicino. Per me no. Per anni, il mio limite per dire “è lontano” o “è vicino” era l’ora e mezza di strada. Non importa se col treno ad alta velocità, un’auto, un regionale o a piedi. Tutto ciò che era a un’ora e mezza da me era vicino. Poi sono passata al range dei 150 km. Entro quella distanza tutto era vicino. Poi i km sono diventati di più e di più e di più e di più. Attualmente, alla veneranda età di 42 anni, credo che il mio concetto di lontananza si stia dissolvendo. Nulla, tra ciò e chi che mi è affine, è lontano. I problemi che sorgono sono due: il mio pensiero è mio e potrebbe non incontrare quello altrui. Per cui io potrei essere la persona più lontana del mondo. Il secondo problema è ancora più grave: non avere un limite mi porta a pensare di non averne io. Mi preoccupo?
Quando lontanana è vicinanza

La mia vita è un casino, un casino colorato e morbido come il cesto dei gomitoli di lana della nonna. Quello in cui butti dentro una mano e vieni accolto da una nuvola di fluffosità totale ma, in poche parole, trovi poco di quello che cercavi. O forse troppo. Chi lo sa. Paragoni a parte, sono giorni in cui ho le mie persone vicino a me. Vicine, in der Ferne. Come dice il titolo di questo post. In tempi in cui il distanziamento sociale è necessario, oltre che imposto, vivere la vicinanza in lontananza sembra ciò che mi riesce meglio. E qui arrivo alla domanda che mi ponevo nell’introduzione del post. Ci sono le persone che vivono le stesse amicizie di quando erano piccoli (stavo formulando questo pensiero diversamente: “ci sono persone che nascono per avere sempre le stesse amicizie”, ma non so se suona meglio), ci sono persone che volano di fiore in fiore come la migliore delle api. E poi ci sono quelli come me, ovvero quelli per cui un amore non è amore senza due ore di strada in mezzo; quelle che fanno la lista dei migliori amici o amiche e non ce n’è uno a portata di “esco a piedi e passo da te“. O sono io che rifuggo la vicinanza come la peggiore delle maledizioni o, forse, le mie persone sono ciò che più mi assomiglia: gente che va, fa e vive dove deve e vuole vivere. Io propendo di più per quest’ultima ipotesi.
Il blog è mio e ringrazio chi voglio io

Piccola imposizione personale. Sapete benissimo che i miei post personali non sono buttati all’aria e hanno profondo fondamento nella mia anima e nella mia vita. Quello che sta per seguire è una sorta di “Quelli che” alla Jannacci (o come si faceva, un millennio fa, in un forum che mi ha dato tanta vita). Avete presente? Ho voglia di nominare, a modo mio, chi c’è e ci è sempre stato. E ci sarà. Senza di voi io non sarei in piedi in questa Estate 2020. Senza di voi, io sarei l’ombra di me stessa. Senza di voi, non vedrei i colori di quel marasma di gomitoli di lana colorata che è la mia anima. Senza di voi, le lacrime che ora mi solcano il volto finché scrivo sarebbero lacrime tristi. Ma sono lacrime di pienezza e totale coscienza della mia fortuna. Perché voi ci siete e io lo so. E vi amo tutti a modo mio, ognuno di voi in un modo diverso. Sappiate che prima o poi farò il giro del mondo per raggiungervi ovunque voi sarete, per dirvi ciò che siete per me e per raccontarvi come mi sento io a leggermi dentro le vostre menti, i vostri cuori, i vostri destini che hanno incrociato il mio. Perdonatemi se ogni tanto mi sento persa. Perdonatemi se ogni tanto vi sembro la più persa delle donne. Sono sempre io: la sostanza non mente. E tornerò a splendere, come scrivevo e mi auguravo un mesetto fa circa.
Tu sei la mia persona

Questa è l’unica cosa che amo di Grey’s Anatomy: il riconoscere a qualcuno il ruolo che ha nella propria vita. Immaginatemi davanti a voi – voi che vi riconoscete – mentre vi dico che siete la mia persona. Lo so, siete tanti, ma col tempo ho imparato che le persone sono proprio tante. E se sono tante – cavolo – io sono una donna fortunata. C’è chi c’è da quasi 40 anni. C’è chi c’è da poco tempo. C’è anche chi passa con la velocità di una meteora ma, in realtà, è una cometa che resta anni e anni e anni e anni. E così via. Ad libitum.
- A te che vivi all’ombra del castello di Edimburgo e che dici spesso “meglio aver paura che buscarne“. A te che hai condiviso strada, vita, cose belle e cose brutte con me. A te, perché sei te.
- A te che quel “ghe la faremo” è diventato un inno, un mantra, una scelta di vita e sottolinea la volontà che, davvero, qualsiasi cosa accada, noi ci saremo sempre.
- A te che mi scrivi da Barcellona ed è come quando ti portavo a casa dopo i concerti. A te che hai un sorriso pieno di vita e che sei vita pura. Sei ciò che testimonia il cerchio della vita, quel continuum che siamo noi e che mai smetteremo di essere. A prescindere da dove saremo.
- A te che sei una certezza dal 1997 e ti sento sorridere dal primo messaggio che mi mandi. Fossero anche passati due anni da quello precedente. Oggi come 23 anni fa. I stay alive!
- A te che, non so come ci riesci, sei un’altra grande presenza certa dal 2006. Facciamo dalla fine del 2005. A te che, con tutta probabilità, vorrei vederti di più. Prendere il caffé, chiacchierare, fare le lasagne. Non so come fai a sopportare le mie altalene e a esserci sempre come fossi una rete di salvataggio alla quale io non ho mai reso giustizia. Non c’è grazie abbastanza grande per te. Non c’è qualcosa che possa ripagarti per essere sempre da qualche parte, vicino a me.
- A te che mi hai definita “sublime vellutata” quando, per fare dei paragoni calzanti, si parlava di minestre varie. A te che tieni sempre i pugni per me. A te che ti sento troppo poco, ti vedo troppo poco ma che sei sempre qui.
- A te che sai che cosa voglia dire rimboccarsi le mani e cambiare vita. A te che sei diventata mia amica dopo una serata in pizzeria. A te che alla quale io faccio coraggio. E tu lo fai a me. Saremo più vicine tra poco. E saremo sempre noi.
- A te che che mi hai conosciuta grazie alle mie parole e che sei diventata una presenza da seguire. Quel tuo “universo di splendore” riferito alle mie lentiggini e quei tuoi complimenti così belli sono ossigeno nei miei polmoni. Fammeli sempre, please. La tua creatività e il tuo sorriso sono forza totale.
- A te che, dal 1992, sei nella mia vita, sempre come se fossimo sedute in corriera assieme: ci siamo staccate ma mai perse. E ci vogliamo bene. La tua amicizia è valore puro per me. La tua forza è grande. Sei una donna meravigliosa.
- A te che, sempre dal 1992, I’ll be there for you è una promessa. Ci sentiamo poco. Ci vediamo ancora meno, ma siamo sempre in banco assieme.
- A te che che hai camminato con me per le strade di San Francisco o per quelle di Philadelphia. A te che che brindi con me via WhatsApp, tu sei una di quelle persone che vorrei vicino. Sempre.
- A te che mi hai conosciuta nel tuo primo colloquio di lavoro e che mi hai ispirato un intero file excel con titoli di film da vedere e libri da leggere, tu sei proprio la genuinità fatta donna. E mi sento orgogliosa di averti insegnato alcune cose. Vederti camminare con le tue gambe è un regalo immeso. Vai sempre avanti così.
Voi siete le stelle principali della mia costellazione. Questa non è una classifica: è un elenco che, mi auguro, progredirà. Se lo farà, sarò ancora più fortunata di oggi. Oggi che sono un casino, un puzzle da ricomporre, creta da rimodellare… ma sempre con la stessa essenza di cui sono fatta. Grazie. Siamo in der Ferne, ma ci siamo. Spesso commettiamo l’errore di pensare all’amore come un sentimento da coppia. Ma non è così. Il vero amore ha mille forme. E voi siete amore. Per me. In me. Con me.
E grazie anche a voi che state leggendo: non avete idea di quanto mi facciate del bene. Sempre.
E il vero amore può
Nascondersi
Confondersi
Ma non può perdersi mai
Sempre e per sempre
Dalla stessa parte mi troverai
Sempre e per sempre
Dalla stessa parte mi troverai.
F. De Gregori, 2001
…perchè di te cara Giovy, una volta conosciuta nel profondo, non si può più fare a meno!
Non hai idea di quante cose insegni e trasmetti ogni minuto che si sta in tua compagnia, anche distanti, anche solo via etere o via schermo. Sei unica, e ci piaci così: un po’ a nord e un po’ a sud, dentro e fuori!
Un abbraccione e a presto.
Cara la mia Lindauz,
grazie mille per le tue belle parole. Mi sento così fragile, a volte (tipo oggi, un bel po’) che non mi sembra di restare intera per 5 minuti di fila. E invece, con tutta probabilità, lo sono.
Come sempre quando parli di te, dei tuoi sentimenti, sei unica. Hai una capacità di metterti a nudo che è poesia pura.
Le mie persone sono molte meno, sono molto più riccio di te. Molte delle mie persone sono lontane ma, se guardo bene, più sono lontane più sono “la persona”. Strano concetto, però è così.
Siamo fortunate a vivere in un momento nel quale comunicare è facilissimo e la lontananza fisica la si percepisce meno. Ma siamo anche state fortunate ad aver vissuto quando proteggere l’amicizia e l’affetto dalla lontananza non era facile, era fatto di lettere, di schede telefoniche, di attese e trepidazioni. Che ora ci fanno capire quando sia speciale ogni singolo messaggio. E quanto siano forti certi legami
Grazie per le tue parole, Elena.
Noi probabilmente siamo una generazione molto fortunata perché comprendiamo di più la facilità di essere vicini nella lontananza.
“Questo é il meraviglioso, questo continuerebbero a raccontare per sempre, perché nessuno possa dimenticare che non si é mai lontani abbastanza per trovarsi. Mai.”
Appartenere a quel branco di lup@ che impara giocando e rotolandosi sull’erba fresca, che corre a perdifiato, che mantiene vivido l’amore e la lealtá per il branco..che sente dentro la frequenza di quell’ululare, risponde e si fiuta per il mondo per ritrovarsi una volta e un’ altra ancora. Ad libitum. Questo é il Meraviglioso.
T’estimo molt, Giovy!
Ti adoro, Nai mia!