Siete d’accordo con me che l’estate sia perfetta per i libri gialli? Io la penso proprio così: durante la stagione fredda leggo libri che mi ribaltano l’anima. Se potessi usare un verbo francese, dire che quei libri che scelgo in autunno e inverno boulversent la mia anima. Mi piace tanto quel verbo. Senza divagare, torniamo ai gialli. C’è uno scrittore molto bravo che si chiama Matteo Bortolotti e che io ho la fortuna di conoscere da anni. Avete presente quelle persone amici di amici che conosci per caso e che poi segui sempre? Ecco, Matteo per me è una di quelle e apprezzo sempre tutto ciò che scrivere. Da poco è uscito un suo libro che si chiama Il Talento di Bartolo Matteotti. Va da se che si colga la vicinanza anagrammata col suo nome vero. Di cosa parla questo libro e perché, secondo me, dovreste leggerlo? Iniziamo a parlarne proprio con Matteo Bortolotti. Poi vi dico la mia.
Ciao Matteo, qualche parola per presentarti.
Ecco la mia ‘origin story’.
Tranquilla, niente ragni radioattivi. Semmai radioterapia. Quando avevo sedici anni mi è stato diagnosticato un tumore osseo, il mondo mi è crollato addosso nel momento della vita in cui di solito ci si sente immortali: l’adolescenza. A diciotto anni, terminate le cure con successo e con una costola in meno, mi sono stancato di scrivere di me stesso sui numerosi taccuini di cui mi circondavo, nei quali tentavo di riversare il mio dolore. Mi annoiavo, stavo soffocando in tutti quegli io, io, io.
Un bel giorno ho pensato che sarebbe stato più interessante parlare di qualcun altro, usando magari i miei problemi, le mie emozioni, le convinzioni che mettevo quotidianamente alla prova come una specie di ‘libreria‘ alla quale attingere. In questo modo avrei potuto fare leggere quello che avevo scritto ad altri, cosa che non mi sentivo di fare coi taccuini più personali. Avevo bisogno di instaurare una connessione, e questa non era una cosa che potevo fare col mio diario segreto.
Così ho cominciato ad avvicinarmi al mondo della narrazione. Scrissi un primo romanzetto ‘di prova’ e due giorni dopo che l’avevo finito incontrai per caso Loriano Macchiavelli. Cominciammo a parlare, io adoravo i gialli e non mi sembrava vero di avere di fronte un vero giallista. Loriano fu così disponibile e generoso da volermi leggere. Grazie al suo supporto morale mi avvicinai allo studio della narrazione, all’Associazione Scrittori di Bologna e alla stesura del mio primo (vero e proprio) romanzo. Da lì in poi ho pubblicato coi principali editori italiani, ho lavorato nel campo dell’editing, dell’adattamento cinematografico e della sceneggiatura, e negli anni mi sono specializzato anche nelle più disparate forme di comunicazione cross-mediale, nel marketing umanistico e istituzionale, nella formazione e nel public speaking, che amo tantissimo.
Come nasce il racconto “Il Talento di Bartolo Matteotti”?
‘Il Talento‘ nasce da un romanzo precedente, ‘Il mistero della Loggia Perduta‘, uscito nel 2012. Un piccolo romanzo che voleva essere l’inizio di una sperimentazione nel Cozy Mystery, il giallo anglosassone tradizionale, di detection, con marcati accenti comici. Nasce dagli anni di lavoro a ‘L’Ispettore Coliandro’ e dalla voglia di riscoprire il divertimento del giallo. L’intrattenimento oltre la riflessione.
Ti ricordi il telefilm ‘La signora in giallo‘? E ‘Castle‘? E ancora prima i romanzi di ‘Ellery Queen‘?
Avevo voglia di sfondare la quarta parete, con questo progetto, un po’ come il personaggio di Deadpool, Bartolo Matteotti sa di essere il protagonista di un giallo. D’altronde è anche lui uno scrittore. Facendo questo volevo creare un rapporto di complicità con i lettori e persino coi miei personaggi. Così mi sono messo a giocare coi generi e gli stereotipi del genere, ribaltando il calzino dei cliché per vedere cosa ci fosse dentro… e ci ho trovato un mondo che mi faceva ridere, ma anche riflettere. Un mondo che trasmetteva messaggi positivi senza la pretesa d’insegnarmi come funziona DAVVERO la vita. Cosa che forse, leggendo (e scrivendo) tanto noir, negli anni, mi aveva fatto prendere un po’ troppo sul serio e non mi ha permesso di prendere la giusta distanza da quello che mi veniva raccontato.
La distanza critica, quella che permette al lettore di ribellarsi alle ingiustizie che gli vengono raccontate invece di arrendersi all’evidenza che in questo mondo ‘tratto da una storia vera’ è la cattiveria l’unica cosa che funziona. Secondo me abbiamo abusato degli antieroi, il giusto e l’ingiusto si sono mescolati così bene che questa società vive in zona grigie che ormai sono diventate più nere della notte di campagna.
Il giallo, invece, è un colore luminoso, estroverso, panico, impiccione… come Bartolo Matteotti che invece di scrivere romanzi aiuta un commissario smemorato e sua figlia a risolvere le indagini del suo paesino.
Tu dai vita a tutta la vicenda in un piccolo pezzo di provincia di Bologna. Quanto, secondo te, la provincia in genere può essere adatta al giallo o al noir?
Il giallo dell’epoca d’oro inglese nasce in provincia. Pensiamo ad Agatha Christie, a G.K. Chesterton… ma anche a esempi più recenti, da P.D. James a Caroline Graham [la “mamma” dell’Ispettore Barnaby, nota di Giovy] fino a M.C. Beaton. Il giallo è ambientato in provincia di tutto, al confine estremo dell’etica umana, dove il ricercatore di turno indaga l’animo dei sospettati per indagare di fatto la nostra società partendo dalle sue caricature, dai vizi, dai desideri, dalle frustrazioni della quotidianità. Dal nostro punto di vista… l’Italia è fatta all’ottanta percento di provincia. Negli ultimi trent’anni non abbiamo fatto altro che parlare di metropoli e di metropolizzazioni che non si sono realizzate o che si sono realizzate in parte. La provincia è ancora separata dalle città e la maggioranza delle persone sta ancora qui. In campagna,, in montagna, al mare… in provincia.
Se dobbiamo cercare l’origine del male, allora, dobbiamo andare a cercarla qui dove la maggioranza silenziosa (ora non più grazie ai social network) vive le proprie giornate, e dove la delittuosità dell’uomo comune trova un riparo agli sguardi indiscreti di città. La provincia è più misteriosa, la città è più adatta all’azione, al sensazionalismo, anche al pessimismo esistenziale di cui si nutre il noir al giorno d’oggi, quando non si tratta di giallo mascherato da noir per convenienza d’etichetta.
Altre due parole su Torre di Reno, è un paesino che assomiglia molto a Pieve di Cento, il posto che mi ha addomesticato e che io chiamo casa. Solo che non poteva essere DAVVERO Pieve di Cento, perché il paesino di questi gialli dev’essere qualcosa in cui sia facile riconoscersi.
Torre di Reno è un posto della Bassa come ce ne sono tanti altri in Emilia, in Romagna, ma anche in altre regioni d’Italia. È particolarissimo, così particolare che non esiste, ma lo si può ritrovare a Pieve, a Cento, a Nonantola, a Guastalla, a Brescello. Non volevo usare una sovrapposizione diretta, piuttosto volevo trovare un mio spazio narrativo di libertà, in cui rubare quello che mi pareva al mondo che ci circonda e mischiarlo con ogni possibile follia che mi venisse in mente. Perché in provincia, nella mia provincia, tutto può succedere. Tutto deve ancora succedere. Ho molte idee a riguardo, e Torre di Reno è definitivamente uno dei protagonisti di questa serie e magari lo sarà anche di molto altro che scriverò.
Tu scrivi da molto tempo e i tuoi lavori sono sempre interessanti. A quale sei più legato e perché?
Grazie per il complimento! Sono più legato ai miei lettori che ai miei personaggi, ma devo dire che per ciascuno dei lavori che ho fatto ho sempre cercato di creare un mondo abitabile per i miei protagonisti, che non si esaurisse nelle pagine di un libro, ma che mi desse la sensazione che loro potessero tutti continuare a vivere oltre le pagine, nel caso avessi voluto tornare a trovarli. Sono molto legato Walter Maggiorani, protagonista del mio primo romanzo. A Murer e Vincente de ‘L’ora nera‘. E non posso che essere legato a Bartolo Matteotti, visto che condividiamo molti amici (i personaggi del Carne e del Gozzilla sono ispirati a due miei cari amici) e che condividiamo quasi tutte le lettere del nome (anche se lui non mi somiglia per niente).
Arriveranno altri racconti di Bartolo Matteotti? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Ne arriveranno altri otto a cadenza mensile. Da giugno a dicembre. Si tratta di romanzi brevissimi. Io li chiamo romanzi ‘pendolari’. Sono short story da un’ora di lettura adatte a un viaggio, a una pausa dai social, a un pomeriggio sotto l’ombrellone o davanti al camino. Un’alternativa soddisfacente alle serie tv – almeno questa è la mia proposta – anche per chi alla lettura di gialli non si è ancora avvicinato. A dicembre ci sarà una doppia uscita con uno speciale di Natale. Tutti i titoli sono ispirati a grandi gialli del passato, ma le storie sono originali e auto-conclusive. Potendo seguire le avventure di Torre di Reno in ordine d’uscita si potranno godere meglio alcune sorprese che ho in serbo per i lettori, ma non è obbligatorio. L’unica cosa obbligatoria è non prendersi sul serio per un’oretta. Ecco tutti i titoli:
- Il talento di Bartolo Matteotti
- Romanzo comunale
- Il silenzio degli influencer
- Uno stadio in rosso
- Assassinio all’Orient Espresso
- Uomini che odiano le donnole
- La morte di Bartolo Matteotti
- Almost Brut: un canto di Natale con delitto
Ormai agosto è alle porte: quali sono i libri che ti porteresti su un’isola deserta?
Le storie sono importanti, ma non c’è storia più importante di quella che raccontiamo a noi stessi, ogni giorno. Specie se finiamo su un’isola deserta. Ogni mattina rileggo i principali pensatori dello stoicismo romano. Quindi ti rispondo che probabilmente porterei ‘Le lettere a Lucilio‘ di Seneca, i ‘Discorsi’ di Epitteto e i ‘Pensieri‘ di Marco Aurelio. Non te l’aspettavi, eh? Magari porto anche ‘Il lungo addio‘ di Chandler e ‘Finzioni‘ di Borges, ma non facciamo il gioco della Torre (di Reno?).

Il Talento di Matteo Bortolotti (e di Bartolo Matteotti), per me
Sono la Giovy e riprendo la parola. Se dovessi ripondere alla mia stessa domanda sui libri da portare su di un’isola deserta io citerei rigorosamente Gwendolen in “The Importance of Being Ernest” che dice: “I never travel without my diary. One should always have something sensational to read in the train.“. A questo aggiungerei, però, un baule di libri dai quali non mi separo mai. E ci metterei anche il libro di Matteo perché mi ha regalato una buona ora di serenità. Ecco perché amo i gialli in estate: perché mi aiutano a pensare e, allo stesso tempo, mi liberano il cervello facendolo piombare in pieno nella storia. Sparisce ogni pensiero sul quotidiano, entra in pieno la storia, il suo svolgimento, la volontà di arrivare alla fine. Ringrazio davvero Matteo Bortolotti per questa intervista in cui si è raccontato alla grande. Non vedo l’ora esca il Romanzo Comunale. Fatevi un regalo: leggete ciò che Matteo ha scritto. Ne sarete felici perché unire in un modo così bello intelligenza, capacità narrativa e ironia, legandole assieme con la propria personalità, non è da tutti. PS: trovate tutto su Matteo Bortolotti, sul suo sito ufficiale. Tenetelo d’occhio!
I gialli non sono di solito il mio genere, ma devo dire che mi hanno ispirato le risposte dell’Autore, e quindi mi hanno incuriosito le sue opere. Per cui leggerò “il talento di Bartalo Matteotti”. Grazie!
Io vario genere, a seconda di come mi sento.
Non c’è estate senza che acquisti un libro giallo! E’ il genere che preferisco. Mi incuriosisce l’ambientazione italiana 🙂
Prova a leggerlo e poi dimmi!
Adoro leggere, adoro i gialli , conosco la provincia bolognese Pieve di Cento inclusa e – mea culpa, mea maxima culpa – non conosco Mattero. Voglio assolutamente rimediare perchè mi è piaciuta tantissimo la tua intervista, trovo una splendida idea il romanzo pendolare che inizia e finisce e mi piace anche l’idea di un pò di humor all’inglese. Nei gialli è sempre bellissimo e intelligente poter sorridere con l’autore, quando ci si riesce allora sì la quarta parete è stata abbattuta. Complimenti Giovy per le tue chicche!
Grazie a te Antonella: ora hai un nuovo scrittore di cui appassionarti.
Per me non è estate senza un buon libro giallo (giusto l’altro giorno sono andata alla Giunti e sono uscita con una sporta piena di romanzi gialli – povere le mie finanze). Comunque non conosco questo scrittore, ma grazie per avercelo presentato 🙂 Sei proprio fortunata a conoscere di persona uno scrittore 🙂
Spero tu possa leggere qualcosa scritto da Matteo!
Non ci avevo mai fatto caso, ma in effetti anch’io sono più bendisposta verso i gialli in estate! Intervista molto interessante e grazie per la parola francese che non conoscevo 😉
Grazie a te Anna!
Io adoro i gialli, estate o inverno, se sono scritti bene li divoro! Non conoscevo questo scrittore, ma da come si descrive e dall’ambientazione di provincia, credo mi possa piacere. FAro’ un salto in libreria
Brava Anna. I racconti di questa collana sono direttamente su Amazon.
Per me esistono i “periodi gialli”, a prescindere dalla stagione. Anzi, tendenzialmente l’estate è per me la stagione dei “mattoni”, perchè è l’unica in cui ho la testa un po’ più sgombra!
Ma, soprattutto, grazie mille per aver intervistato Matteo Bortolotti! Sarà che è uno scrittore bolognese bolognese (nel senso geografico e nel senso concettuale), sarà che è figlio della scuola di Macchiavelli, sarà che mi ritrovo tantissimo nei suoi ragionamenti sulla letteratura, ma lo adoro!
Per me è l’inverno la stagione dei mattoni, soprattutto quelli che mi sconvolgono l’anima. Mi fa piacere leggere il tuo amore per ciò che scrive Matteo.