Vi ho già parlato di Carlotto, il locale storico del mio paese (Valdagno, in provincia di Vicenza), un luogo che per me è come la Madeleine di Proust. Quando vado a casa (vi ricordate il concetto di salmone che vi ho spiegato la settimana scorsa?), passare da Carlotto per bere un biancorosso per me è un qualcosa di obbligatorio: non importa che tu sia da sola o in compagnia, da Carlotto sarai sempre in famiglia. O almeno io mi sento così. Carlotto sta compiendo 100 anni, li compie in tutto questo 2019 e, pochi giorni, fa io sono tornata nella mia Valdagno proprio per partecipare alle celebrazioni previste per quei giorni. Che cosa ho scoperto? Che il passato è una fune resistente che si protende verso il futuro: la cosa importante è afferrare saldamente quella fune. E andare avanti facendo tesoro del passato. Ora vi spiego tutto. Lo so, sono contorta a volte.
La storia di una famiglia e di un paese intero
Il mio paese natale pullula di riferimenti mitteleuropei: nel dialetto, nella fisionomia delle persone (guardate me), nella storia delle persone. La Famiglia Carlotto – di cui non vi avevo ancora parlato – è una buona rappresentate di questa sensazione di Mitteleuropa. Tutto inizia nel 1820 quando un certo Anton Potepan, proveniente da quella che allora era Ungheria (ma che ora è Transilvania) si avvicina alla corte di Francesco I d’Absburgo. Herr Potepan arriva a Valdagno verso la fine del XIX Secolo e lì continua a fare ciò che faceva a Vienna: il suo Rosolio. La famiglia Potepan va avanti e cresce finché non arriva Teresa Potepan che, cento anni fa, sposa un certo Girolamo Carlotto, portando in dote il quaderno con le ricette dei liquori del nonno. Apre ufficialmente la Carlotto Liquori in via Garibaldi a Valdagno. Oggi, 100 anni dopo, lì troverete Daniela Carlotto, tenutaria attuale della conoscenza di famiglia nel produrre liquori di altissima qualità. Entrate dentro al locale, chiedete di lei: se non è lì, sarà a pochi metri di distanza nella sede di Carlotto II Le Bontà, il negozio che vende i prodotti Carlotto e non solo.
Un locale storico come ponte tra passato e futuro
La storia di Carlotto, dei suoi prodotti, della famiglia e del loro legame con Valdagno sono un po’ come questi bicchieri: contengono un riflesso di un qualcosa di stabile, solido e che vuole durare. Passeggiando per il mio paese mi rendo conto che ci sono molte realtà che non esistono più. Alcune si sono semplicemente trasformate, mantenendo quel pizzico di passato che fa tanto bene. Altre sono sparite e mi piange il cuore. Ce ne sono tante, però, rimaste e questo mi rende felice. Spesso additiamo i paesi di provincia di immobilismo quando, a modo loro, sono testimoni di un qualcosa che non si vuole disperdere. Carlotto è questo e molto di più. Vi sto raccontando tutto questo perché, in primis, vorrei che ci andaste (e se passate in agosto, fate un fischio perché potreste trovarmi lì) e provaste la qualità dei suoi prodotti, oltre all’inesorabile e immancabile sensazione di attaccarsi al pavimento con le scarpe. Non è che il pavimento sia sporco, è storico: trattiene la gente come un signore anziano che si siede di fianco a voi su di una panchina al parco e inizia a parlare del suo passato. Il Centenario di Carlotto ha portato a prodotti nuovi? No di certo: ha portato a un uso ulteriore – oltre al solito – dei prodotti Carlotto. La contaminazione di cui sono parte in questo 2019 sono il materiale edile che getta la storia di Carlotto nel futuro. Ve le racconto ora.
Contaminazioni di Carlotto: la pasticceria
Ognuno ha le proprie certezze nella vita e la Pasticceria Dall’Alba di Valdagno è una delle mie. No, nessuna marchetta in corso ma solo tanta riconoscenza verso quell’esercizio commerciale d’eccellenza che ha prodotto tutte le mie torte di compleanno da 1 a 22 anni. E anche qualcuna dopo. La grande sostenitrice di Dall’Alba era la mia mamma Bruna, amica di lunga data di Franco Dall’Alba, il proprietario di quei tempi. Ora la pasticceria è in mano al figlio di Franco, Enrico, e per me non cambia nulla. Sono passata lì di buona mattina per assaggiare la prima contaminazione di Carlotto arrivata al mio cospetto: una torta con lo Zabov di Carlotto. Mille calorie al primo sguardo, ma chi se ne frega: se vuoi un dolce, mangi un dolce. Non un surrogato di un dolce. Quella che vedete nella foto è una torta in formato mini, fatta apposta per l’assaggio. Buona? Ça va sans dire. Ci troviamo lì per colazione?
Contaminazioni di Carlotto: i cocktail
A Valdagno si beve bene, inutile nascondervelo. La cosa migliore? Ci si può muovere spesso a piedi e questo è fondamentale quando si ha voglia di gustare prodotti o cocktail di alto livello. Si beve bene quando si beve responsabilmente e io sono la prima a farlo. Qual è la contaminazione più semplice alla quale pensare quando si pensa a un’azienda che produce liquori e prodotti simili? Sicuramente i cocktail. Nel centro a Valdagno ci sono alcuni locali dove entrare e chiedere davvero qualcosa di speciale. Uno di essi è sicuramente il Corso Italia 47, capace di mettere sul banco un cocktail a base di Amaro ‘900 – altro grande classico Carlotto – e di Maresina De.Co. di Valdagno. Per me una combinazione perfetta. E letale per la sottoscritta, vista la mia grande passione per la Maresina. Ordino per tutti?
Contaminazioni di Carlotto: un pranzo che si fa racconto
Ciò che vedete dentro questo piatto bellissimo è una delle contaminazioni di Carlotto che più mi ha sorpresa: un buon risi e bisi tradizionalmente veneto con una riduzione di Rabarbaro Carlotto a completare il piatto. Matrimonio praticamente perfetto perché il rabarbaro si univa e contrastava allo stesso tempo la dolcezza del riso coi piselli (rigorosamente freschi). Questa splendida unione è stata una delle proposte della Trattoria della Chiesetta del Muccion, un luogo che ha fatto parte della mia infanzia e dove non tornavo da millenni. Ora è in mano a una squadra di ragazzi giovani, molto capaci in sala e perfetti in cucina. La loro lettura dei prodotti Carlotto mi ha sorpresi. Vi parlerò presto di quel pranzo, senza tralasciare i dettagli. Nel frattempo, la colazione è fatta. L’aperitivo pure. A che ora prenoto per il pranzo?
Contaminazioni di Carlotto: la cultura, le storie da raccontare
Avrei potuto dire “storytelling” ma preferisco “raccontare una storia“. Questa è l’ennesima contaminazione di Carlotto alla quale ho assistito e, lo dico davvero senza nessun ritegno, mi ha fatta sentire orgogliosa del paese da dove vengo. Perché? Perché nell’ascolta la storia della famiglia Potepan che diventa Famiglia Carlotto ho pensato alla mia di famiglia. La mia che “è partita” (come di dice dalle mie parti) dalla Contrada Lorenzi e che, ancora prima, arrivava da Crespadoro, in pieno territorio Cimbro. Da Lorenzi è diventata Perin e da Perin è diventata Malfiori. Siamo tutti figli di passaggi che, troppo spesso, tendiamo a dimenticare in virtù della ricerca di una personalità che non sappiamo nemmeno noi dove andare a trovare. Siamo tutti pronti a dimenticare i semi ma esistiamo proprio grazie ai quei semi. Il primo sorso di un Biancorosso o di un Rosolio Carlotto dicono Potepan e parlano tedesco. Il secondo sorso inizia a parlare il dialetto veneto. Il terzo sorso ci porta diretti su Instagram, in cerca del profilo ufficiale dell’azienda. Io sono stata felice di aver assistito allo spettacolo messo in scena (e scritto) dalla compagnia “La Piccionaia”. Loro hanno centrato il punto: la centralità del gusto, il gusto come filo conduttore di una storia che è già proiettata nel futuro. Come fosse salita a bordo del Galaxy Express 999. Perdonate il riferimento quasi sacrilego: sono pur sempre stata una bimba negli anni ’80.
Niente fa rivivere il passato più intensamente di un odore che una volta vi era associato.
Vladimir Nabokov
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori, a uso esclusivo di questo articolo.
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Nella mia città Ormai tutti i locali storici stanno chiudendo Forse perché a differenza di questo non hanno saputo rimettersi al passo con i tempi. Mi hai fatto venire voglia di venire fin lì per passarci una serata
Una serata sarà difficile perché, essendo una mescita, chiude alle 20. Ma prima lo troverai sempre aperto.
100 anni non sono pochi. C’è bisogno di tanto impegno, passione, rispetto per le tradizioni e voglia di rinnovarsi. E mi sembra che qui ci sia proprio tutto.
100 anni sono tantissimi e quelli di Carlotto sono meravigliosi.
Nella mia cittadina, sono di Arona lago maggiore, i locali come questo scarseggiano. Meraviglioso leggere che esistono ancora realtà di questo genere 😍
Secondo me c’è stata un’epoca in cui esercizi commerciali come questo sono spariti e ora se ne ha nostalgia.
Conosco questo locale, quanto per lavoro andavo a Valdagno i colleghi mi ci portavano spesso, ma non conoscevo la sua storia e non sapevo che compiessi gli anni! E’ un giovanotto ancora, gli auguro davvero tanti tanti altri compleanni come questo. Valdagno è un paese che mi ha sempre dato tanta serenità, non sapevo fossi nata da queste parti. Siamo quasi compaesane 🙂
Eh già: sono proprio Valdagnese! 🙂
Lo farai anch’io volentieri un giro da Carlotto! Uno perché adoro i locali storici con tutto quello che raccontano e due per quelle belle foto che ho visto sia di piatti che di bevande
Se passi dall’Alto Vicentino, sai dove fermarti.
È bello che questi locali rimangano per testimoniare il passato e la storia del paese. Da me che vivo nei Castelli Romani, a pochi km da Roma, ancora resistono ma spesso vengono sostituiti da altri uguali tra loro che chiudono poco dopo. Ci vuole passione in queste cose e da questo pezzo traspare anche quanto ti sia appassionata ❤️
La tua zona mi piace molto ed è uno di quei pezzi d’Italia che mi riprometto di vedere di più.
L’altro giorno mi sei venuta in mente. Ho fatto la Trans d’Havet (una gara di trail running, che sono sicura tu conoscerai..).
Arrivo in pieno centro a Valdagno, e mentre faccio gli ultimi metri di corsa, poco prima di arrivare al traguardo, passo davanti proprio a questo locale.
Ci sono dei concorrenti dentro, che arrivati prima di me, si stanno già rilassando lì e bevendo qualcosa.
A fine gara non ho resistito e sono andata anch’io a farci un salto, per vedere questi meravigliosi 100 anni del locale, e bermi qualcosa..
Mannaggia a te Martina: ho visto che c’era la Trans D’Havet e ho pensato “chissà se la Martina ci va”.