
Il 3 febbraio del 1959 è stato, per chi c’era o per chi è appassionato di un certo tipo di musica, the day that music died. Quel giorno cadde un aereo con a bordo, tra gli altri, Ritchie Valens (la Bamba vi dice nulla?) e Buddy Holly. Pensate che, su quell’aereo, dovevano esserci anche Elvis e Johnny Cash. Almeno così dicono alcuni. Perché inizio così? Perché il 4 marzo del 2019 è stato il giorno in cui, chi era adolescente negli anni ’90, ha sofferto un po’ e – come dire – ha incassato un bel colpo. Ci ricordiamo ogni giorno quali siano le cose importanti per noi: gli amici, la famiglia, l’amore, la nostra felicità. Ma ci sono anche i ricordi, ci sono quei ricordi fatti di gente che non abbiamo mai conosciuto e di personaggi mai esistiti. Sentire della morte di Luke Perry e di Keith Flint dei Prodigy mi ha toccato il cuore. Dite sia una cosa stupida? Io direi di noi: l’essere umano è una sorta di puzzle di tutto ciò che ha incontrato lungo la strada. Anche i giorni in cui eravamo adolescenti. Tutto questo mi ha fatto pensare al fatto che, realmente, tutto scorra davanti a noi, con noi, intorno a noi. Questo mi ha fatto pensare a quanto io mi senta sempre uguale, malgrado gli anni passino. La domanda è questa: è un male che io mi senta sempre uguale?
Le cose stanno da qua fin qua

Immaginate la scena, l’avrete vista in mille film, mille serie tv, mille momenti della vostra vita: arrivate a una sorta di cena di classe, qualcosa di simile. Un qualcosa che metta assieme voi con i vostri amici di quando eravate adolescenti. Serate e momenti così possono scatenare dei ricordi positivi, di quelli a cui si ride tutti assieme pensando “te la ricordi quella canzone?” oppure “hai presente la cassetta che ti avevo preparato per il tuo primo viaggio in Spagna?“. Ecco, cose così fanno sorridere, di quel sorriso tenero, quella reazione di chi guarda indietro verso un tempo in cui tutto sembrava difficile. In realtà era tutto più facile, spensierato, se si guardava indietro si tornava ai tempi della comunione o della cresima. Quel sorriso tenero, d’improvviso, diventa dolce-amaro, come un cocktail fatto a regola d’arte gustato quando ancora non si è pronti. In quella dolcezza-amarezza si riconosce che ora, guardando indietro, si arriva al tempo della maturità, al tempo in cui hai salutato quegli amici che ora hai ritrovato, augurando loro buona vita. Quello è il momento in cui arriva un po’ di malinconia a velare gli occhi, ad avvolgere i pensieri. Come va avanti la storia? Qui dipende da voi: c’è chi fa tesoro del passato e vive totalmente il presente. C’è chi soccombe al passato e dice “non sarò mai più felice come allora“. Voi da che parte state?
Il mio impasto

C’è una cosa che mi preme sul cuore quando penso ai miei anni passati: guardo a ciò che ho vissuto come se mi sentissi la donna più fortunata del mondo. Ho avuto una grande infanzia fatta di giochi durante i quali già inventavo storie, vicende. La mia Barbie si chiamava Claudia e, in tanti anni, praticamente l’ho resa protagonista di un romanzo a puntate che è esistito solo dentro la mia testa. Tutto ciò mi ha reso quella che sono ora. Ho avuto un’adolescenza serena, malgrado degli episodi di dolore fortissimo che mi porto dentro da quando ho 15 anni. Malgrado questo sono stata un’adolescente felice, quasi sempre leader del mio gruppo di amici, sempre amata e ben voluta. Mai un episodio di bullismo nella mia vita, mai una paura che mi costringesse a essere ciò che non ero. E quanche questa è gran fortuna. Arrivata all’età adulta, ero già libera e indipendente a 19 anni: ho sempre fatto quello che ho voluto, nel rispetto di chi mi aveva cresciuta e portato fino a quegli anni. Ho sempre detto “io faccio questo” e “io vado là” senza chiedere il permesso. Che si trattasse di genitori, fidanzati o parenti di ogni genere. Di nuovo, tutto questo fa di me ciò che sono ora. Questi sono gli ingredienti dell’impasto che mi forma. Eppure, c’è qualcosa che non mi torna, soprattutto in questi giorni.
Il mondo va avanti… e io?

La domanda di questi giorni è questa: io mi vedo sempre uguale a un sacco di anni fa. E se fosse un problema? Io non l’ho mai vissuto come tale ma ho provato a immaginarmi nella seguente situazione. Sono seduta nella sala d’aspetto di un ufficio qualsiasi, in una città qualsiasi, ora. Accanto a me ci sono solo dei miei coetanei e io ascolto i loro discorsi. C’è chi parla di bimbi, chi di mutuo, chi di figli, chi del secondo o terzo figlio. Si sentono parole sulla responsabilità, sulla quotidianità, sul sonno perso, sul corpo che cambia e che è cambiato. Poi parlo io e i miei discorsi riguardano libri da scrivere, viaggi da fare, calendari pieni da qui all’eternità. Ovviamente c’è posto per l’amore, per un rapporto da coltivare e da far crescere. Almeno su questo discorso mi trovo in linea con i miei coetanei. Vengo, però, guardata come un demone. Mi sento un demone che vive in modo lineare mentre tutti viaggiano su sali-scendi fisici ed emotivi impressionanti. Non posso fare a meno di chiedermi se sia io fuori posto, fuori tempo o se tutto possa coesistere con la stessa grande importanza. A volte mi dico che il mio non vedermi mai diversa (attenzione: ho detto che non mi vedo diversa ma mi sento diversa da quando avevo 20 anni) da quando ero solo una giovane adulta dipenda dal fatto che io non abbia avuto figli. Una donna irrimediabilmente cambia con la gravidanza, e non solo fisicamente. Ciò che vivi ti segna. Ciò che non vivi non ti tocca, non ti cambia. Nei tempi antichi c’erano i riti di passaggio (anche ora, in alcune parti del mondo). Io sarei stata la donna del villaggio che non ha mai compiuto tutti questi riti, ma solo alcuni. Sicchè mi domando se questo faccia di me quel demone che vi dicevo prima. Non posso fare a meno di interrogarmi su quanto sia fattibile che la mia vita incontri quella di chi ha fatto altre scelte. Stesso pianeta o pianeti diversi?
Tutto scorre
Tutto scorre, πάντα ῥεῖ diceva Eraclito di Efeso, consegnando all’umanità una di quelle frasi dalla parvenza colta (e dall’essenza colta) pronta a essere utilizzata in ogni cosa. Finisce il latte? Panta Rei, se ne va a comprare di nuovo. Perdi il treno? Panta Rei, ce ne sarà un altro. La tua mente ragiona sempre mettendoti al centro anche se hai 41 anni? Panta Rei, Giovy. La vita è tua. La domanda, l’ennesima, è questa: c’è qualcosa di male in tutto questo? Qualcosa di male nel fatto che non viva la vita della quarantenne tipica (secondo il modo di vedere tipico italiano), qualcosa di male nel mio pensare sempre e comunque a portare avanti i miei sogni e a volerli conquistare? La convenzione e il pensiero convenzionale troppo spesso avvolgono, proteggono, tengono al caldo. Mi piace guardare a chi ha fatto scelte di vita diverse dalle mie. Ci sono persone che tengo in grande considerazione che hanno percorso e stanno percorrendo strade diverse dalle mie ma questo non vieta loro di capire il mio percorso. E non vieta a me di capire il loro. Sono dentro quella stanza con tutti i miei coetanei davanti a me. Mi alzo ed esco, perché la mia vita è fuori di lì e non c’è nulla di male in questo. Ho imparato che cosa sia l’impegno, la responsabilità, il fatto di guardare avanti più che guardare indietro. Eppure sono sempre la stessa che piange per la morte di Chris Cornell. Sono sempre la stessa che piange la morte di Luke Perry e sono sempre la stessa che pensa che questo non sia sbagliato, che non sia una cavolata. È parte del mio personale diritto di essere ciò che sono. Non un demone ma la Giovy. Ora e sempre.
Whatever happened to the funky race?
A generation lost in pace
Wasn’t life supposed to be more than this?
In this kiss I’ll change your bore for my bliss
Colonna sonora del post It takes a fool to remain sane, The Ark
Nella vita non c’è un giusto o uno sbagliato universale per tutti. Ognuno di noi ha la sua felicità e la deve perseguire ogni giorno.
Non potrei essere più d’accordo. Grazie Cla.
Penso, che non esiste in questo mondo, qualcosa di giusto o sbagliato, come non esista una sola verità ( A patto che ne esista una)
Per quanto riguarda i figli: stessa cosa, non c’è scritto da nessuna parte che tutti ne avrebbero avuti in questa vita! (Giusto o sbagliato? Boh)
Poi, per il demone: a volte lo adoro!
Cammino e mi volto sorridendo, guardo avanti e continuo ad ammirare tutto.
maxdiax
Grazie per le tue parole Max.
Non so da che parte iniziare… Nel senso che conosco la sensazione di essere diversa o forse più che esserlo, sentirsi così. Ma non mi sento nemmeno di dire che siamo demoni. Lo so, a volte qualcuno ci guarda in modo strano…ricorderò sempre le parole di un vecchio amico di famiglia… Mi diceva sempre: Simo tu sei un giocatore libero… E forse aveva ragione. Un abbraccio.
A me dicono sempre che sono un mediano, del rugby però.
Io ho avuto un’infanzia/adolescenza travagliata. Per vari eventi successi nella mia vita non posso dirla serena e, di fatto, non sono stata serena fino a pochi anni fa. Crescendo ho fatto fatica a trovare me stessa, il mio lato del mondo. Accettare chi ero, sentendomi molto diversa dai miei coetanei, ha richiesto tempo e fatica.
Oggi mi sento a posto, nel mio posto. Non ho fatto scelte convenzionali, non sono quello che ci aspetterebbe da una 38enne “classica” ma sono esattamente come volevo essere.
Credo che l’importante sia sentirsi “risolti”, a posto con se stessi.
In effeti è vero: io mi sento “risolta” con me stessa. Vivessi in un mondo plasmato su di me, sarebbe tutto perfetto. Ma anche noioso.
Il tuo articolo mi ha tenuta incollata fino alla fine, hai scritto delle riflessioni personali ma che hanno il grande valore di far riflettere chi le sta leggendo. Io ho vissuto gli ultimi 10 anni in modo non così spensierato, ma oggi riesco a dire grazie per quegli anni bui della mia vita perchè mi hanno reso più forte e ciò che sono oggi 🙂
Ti ringrazio per avermelo ricordato e quello che ti dico è di essere fiera di te stessa sempre 🙂
Grazie a Te Ylenia. Grazie per il tuo commento.
Abbiamo avuto lo stesso percorso di vita. Sono diventata però una fautrice del “vivi ora o mai più” qualche anno fa, dopo che un incidente ha messo fine alla vita della mia nipotina. Da li è scattato qualcosa, una voglia di vivere e assaporare ogni singolo momento “fottendomene” delle gente e di tutto il resto. Perdona il francesismo, un altro verbo non avrebbe espresso bene lo stato d’animo in cui mi trovo.
Immagino il dolore e immagino il cambiamento che hai vissuto. Complimenti per la forza!
Adoro questi tuoi post introspettivi perché, figli e mutuo a parte, mi ci riconosco. E risento ancora risuonare “Losing my religion”. R. I. P Luke Perry.
Io non mi toglierò mai più dalle orecchie quella canzone.
Accettare se stessi e stare bene con il nostro essere è difficile e riuscirci è una grande prova di consapevolezza e conoscenza
Lo penso anch’io!
Credo che la vita vada vissuta al meglio. Abbiamo a volte troppe convenzioni, sposarsi, avere dei figli, essere brave mamme, perfette nel lavoro… una serie di “obblighi morali”. Ma l’obbligo piu grande che abbiamo è vivere, ed è una gran bella cosa se riusciamo a farlo stando bene con noi stessi.
Sono anch’io convinta che l’obbligo più grande sia vivere.
Ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza non serene. Mi ci è voluto molto tempo per sentirmi libera, e per ritrovarmi circondata delle persone “giuste”.
Eppure mi riconosco moltissimo nel tuo ragionamento.
E, anche leggendo gli altri commenti, mi appare evidente che nessuna di noi è sola nell’essere un po’ meno convenzionale di quello che parte della società vorrebbe.
E mi pare anche evidente che trovare il proprio equilibrio personale, al di là di idee di vita “normale” imposte da altri, tenda a renderci felici.
Quindi qualcosa di giusto nel vivere così ci deve essere essere, no?
C’è di sicuro Giorgia!
Mentre leggevo il tuo post mi chiedevo a che punto sono della mia vita. Sono vicina ai 50 anni e ho cambiato vita già 4 o 5 volte. E so già che cambierà ancora. E non credo sia da imputare al fatto che sono madre. Molti dei cambiamenti non riguardano nè l’amore nè l’essere madre. Ma sono stati parte di un mio percorso personale.
Quello che so è che non ho nessuna voglia di tornare indietro. Non perchè non fossi felice, anzi. Ma perchè ora sono molto più vicina a quella che vorrei essere. Anche se la strada è ancora lunga.
Nemmeno io, sai, vorrei proprio tornare indietro. Forse andrei a rivivere qualche momento. Solo alcuni.
Il mondo è bello perché è vario, e questo, ci si sa! 🙂
Quello è poco ma sicuro!
Secondo me in chi in un modo nell’altro si discosta da una qualche norma sono normali questi interrogativi. Vedi, già mi sono contraddetta nella frase! 🙂 Sinceramente anch’io mi sento come un pesce fuor d’acqua nell’ascoltare tanti discorsi-bilanci di coetanei e soprattutto coetanee, ma sai che c’è? Meglio così. 🙂
Concordo, Lucy!