
Ieri sera cucinavo e avevo gli occhi persi nel vuoto. Sto vivendo giorni intensi, pieni di lavoro, di quelli che piacciono a me anche se vorrei dormire di più. Sento la primavera nella testa e mi spaventa il cambio dell’ora che mi renderà un’ameba. Ma non devo perché sarò in partenza e devo essere al meglio di me. Vorrei dormire, vorrei dormire bene, il sonno dei giusti, come si dice in certi casi. Vorrei un clone di me capace di riposarsi, di guardare la lista delle cose da fare e dire “ok, domani“. Vorrei che quella me si incontrasse con quella che sono per parlare di cose belle, delle cose che vanno avanti, delle cose che tornano e di un calendario sempre più pieno. Ieri sera ho cucinato un risotto al pomodoro. Nella mia mente quel piatto era il risotto col formaggino. Nel mio cuore quello era ed è un gesto di totale amore.
I gesti dell’amore

Mia madre non cucinava quasi mai. Il cuoco di casa era mio padre, così come era mio padre quello che faceva “i mestieri“, ovvero i lavori. A mio padre andavano le pulizie della zona giorno, la spesa, i piatti, le cose da cucinare. A mia madre andavano i letti, le pulizie della zona notte, le lavatrici e stirare. Io pulivo i bagni. I miei fratelli erano già fuori casa. Mi rifacevo il letto dall’età di 7 anni. A 15 ho ricevuto in regalo il cesto per la mia bianchieria: da quel momento mi sarei anche fatta le lavatrici da sola. No, stirare no. Non ho mai imparato. Amen, vivo bene lo stesso. Tutte quelle cose che ho elencato (pulire, la spesa, cucinare…) possono essere considerati pura quotidianità quando, invece, per me sono un gesto d’amore. Sono arrivata a 40 anni (facciamo 41) per capirlo. Mia madre – dicevo – non cucinava mai. Quasi mai. Faceva l’infermiera e non poteva fare la donna di casa. Almeno la donna di casa così come la intendevano i manuali di economia domestica degli anni ’50 o giù di lì. Mia madre non cucinava mai ma quando lo faceva era un gesto di puro amore. I suoi piatti erano pochi ma costanti: il risotto col formaggino, l’arista di maiale con latte e cipolle, il puré più buono del mondo e le cotolette. Dette in Venete le bistecchine impanà. Quando mia madre si prendeva del tempo per fare questa o quell’altra pietanza… quello era un gesto di puro amore.
Il risotto col formaggino

Ieri sera volevo cucinare la pasta al pomodoro. Poco tempo, poca voglia, fame discreta: cosa vuoi di più? Gian mi ha suggerito di fare il risotto al pomodoro e io non ci avevo pensato perché, ultimamente, il riso mi è poco amico. Ho tagliato la cipolla e l’ho fatta rosolare, poi ho tostato il riso, aggiunto l’acqua bollente e iniziato a girare. Quel movimento ha portato in loop la mia mente e mi sono persa chissà dove, in preda alla stanchezza che iniziava a governarmi. Quando sono stanca non riesco nemmeno a parlare e, se mi conoscete un po’, saprete di sicuro che tipo di impatto questo possa avere. Ieri non ero stanca, ero sderenata, per usare un altro termine un bel po’ veneto ma comprensibile. Giravo il riso e poi ho aggiunto il pomodoro e lì ho pensato a mia madre, a lei che se ne stava in cucina poche volte ma che era davvero capace. Sarebbe stata la classica “è brava ma non si applica” a differenza di sua madre – ovvero mia nonna Cecilia – che in cucina era nel suo regno. Pur non essendo mai stata nemmeno lei la donna da manuale di economia domestica. Ieri ho pensato che quel risotto fosse, a modo suo, un atto d’amore. Sapete perché lo chiamava risotto col formaggino? Perché lo mantecava sempre con un formaggino Susanna. Questo lo rendeva uno dei miei cibi speciali e a esso ricorro quando mi ritrovo in deficit di energia, soprattutto morale.
Agire per amore, tutto l’amore

Ho capito una cosa ieri. Mi sono diretta verso la tavola, pochi passi col piatto di risotto in mano. Che faccio? Lo fotografo? Magari ne scrivo. No dai, lo mangio. Ma poi ne scrivo. Ovviamente non l’ho fotografato e poco male. La cosa importante per me è parlarle e dirvi quando mi sono messa a ragionare, boccone dopo boccone, a quante cose facciamo in nome dell’amore, qualsiasi forma d’amore, senza accorgecene. Prendiamo treni, aerei, facciamo ore di viaggio. Leggiamo libri, guardiamo film o serie tv delle quali non abbiamo mai sentito parlare. Facciamo liste nelle nostre teste piene di consigli che non daremo mai, di regali che non faremo mai, di azioni che non vivranno mai al di fuori di noi stessi. Eppure è tutto così vivo, vivido, intenso, energico. Ho pensato, e sto pensando, che – come si dice all’inizio di Love Actually – l’amore sia davvero d’appertutto. Anche nei gesti che compiamo quotidianamente. Ho ripensato, per esempio, al fatto che, per qualche volta l’anno, ho l’opportunità di tornare a essere una figlia. Adulta, ma una figlia. Quando vado da mio padre questa è una delle cose che mi rendono più felici perché lo so che non sarà un qualcosa di eterno. Mi spaventa pensarci ma la felicità è troppa per pensare al fatto che non sarà così per sempre.
Come una coclea

Avete mai visto una coclea? Qui torna in gioco la mente di uomini antichi, geni che hanno fatto la differenza. La coclea è una vite senza fine, usata in un sacco di operazioni varie e macchinari di ogni tipo. Si tratta di un oggetto ipnotico, capace di rendere continuo un qualcosa di finito. Io mi sento come se fossi la materia mossa da una coclea in questo periodo. Raccolgo spunti e do me stessa in tante cose: lavoro come una matta e credo che anche questo, a modo mio, sia un gesto d’amore. Mi consumo ma mi sostengo. Creo concretezza per i miei sogni. Mi sento profondamente felice, seppur esausta, a fine giornata perché scrivo come se non ci fosse un domani. Ho pensato che anche i gesti d’amore siano un po’ come una vite senza fine: danno continuità al finito. Rendono trascendente un qualcosa di puramente fisico. Penso che ci siano tanti gesti d’amore ad attendere tutti noi: a volte ci si allontana, a volte si va per poi tornare. A volte si capisce dove sia il proprio posto o ci comprende cosa proprio non lo sia. Credo che praticare dei gesti d’amore a casaccio (parafrasando una frase più celebre) sia ciò che possa darci energia in un modo di cui tutti abbiamo bisogno. Io so per certo che scrivere, per me, è un gesto d’amore. Probabilmente verso il mondo. Chi lo sa. Se il riso mi fosse più amico, stasera cucinerei di nuovo il risotto col formaggino. Io non so se voi che state leggendo avete ancora tutti e due i genitori e spero li abbiate per tanto tempo. Quello che mi viene da pensare è che, in questi giorni, mi sento molto consapevole di ciò che sono e mi rendo conto di essere un grande risultato di un gesto d’amore praticato a casaccio. Mi rendo conto di aver ricevuto tanti gesti d’amore quando non li pensavo tali. A volte basta un caffé, un mi sei venuta in mente, un risotto col formaggino che nutre molto di più che il solo stomaco.
Descrivi la realtà in un modo davvero molto commovente mi piace
Ti ringrazio Veronica.
Ho apprezzato il tuo racconto e ti sono vicina, anche io non ho mai imparato a stirare 🤣🤣
Mi fa piacere non essere l’unica!
Che bel post. Compiamo tanti gesti d’amore e tanti vengono compiuti per noi da tante persone. Mio padre è mancato il mese scorso e già mi mancano tante cose.
Mi dispiace per tuo padre, ma sono sicura che i ricordi alimenteranno la tua forza.
Io sono una pessima cuoca e una pessima donna di casa. In casa mia cucinano mio marito e mio figlio (ha dovuto imparare se voleva mangiare qualcosa di buono come dice lui). Ma io sono l’infermiera di casa quando stanno male, sono quella che aiuta a fare i compiti e a ripassare, sono quella che si occupa dei conti di casa, che ricorda a tutti gli impegni e le cose da fare. Sono quella che chiacchiera a tavola raccontando i libri che ha letto, gli articoli che ha scritto per lanciare dei piccoli semini, sono quella che ascolta e cerca di aiutare a risolvere i problemi, o ad interpretare gli altri quando sembrano incomprensibili… Mi illudo e spero che tra 100 anni, quando non ci sarò più, qualcuno ripenserà ai gesti d’amore che ho fatto alla mia maniera. E la mia vita avrà avuto ancora più senso. Grazie di avermi dato questo spunto di riflessione.
Grazie a te Raffi per esserti lasciata coinvolgere dalle mie parole.
Quanto amore nel tuo articolo. Devozione, anche, verso la donna che ti ha, vi ha messo al mondo, ha lavorato per voi privandovi della sua presenza, ma è stata comunque presente con pochi e importanti gesti. Anche mia mamma lavorativa e a sei anni ho imparato a cucinare per me e per mia sorella. Ma la sera la cotoletta e il purè di patate di mia mamma erano il piatto più buono del mondo. Anche se a volte il purè era quello in busta della knorr. Ma avevamo lei a tavola e andava bene così
La cotoletta e il puré sono sempre un atto d’amore. Ora è mia suocera che me li prepara ogni tanto. Se andiamo da lei qualche domenica, non mancano mai in tavola e io non potrei essere più felice.
Cosa darei per avere un clone e riuscire a fare tutto in una giornata?
Bellissimo il pensiero che hai rivolto a tua madre, lavorando a tempo pieno spesso non si ha non solo il tempo materiale ma anche la voglia di cucinare per bene. Adesso poi con il microonde e le pietanze pronte da riscaldare, cucinare spesso diventa un’optional. Eppure cucinare davvero rimane un gesto d’amore, far trovare qualcosa di caldo e preparato per bene… nulla di meglio a parer mio, soprattutto dopo una giornata stancante. Un vero gesto d’amore verso se stessi e le persone con cui si condivide il piatto.
Idem per i viaggi! Quando devo tornare a casa mi faccio quasi 12 ore tra due pullman ed aereo e macchina eppure le rifarei all’infinito se valgono a dire passare del tempo con i miei genitori, e lo stesso fanno loro per venire a trovare me.
A volte un gesto d’amore si trova in una carezza, un sorriso da uno sconosciuto. A volte si trova nel partner che vede quel film francese che non ha poi voglia di vedere eppure lo fa per stare accanto a te e passare la serata insieme (tratto da una storia vera).
Ti faccio i miei migliori complimenti per questo articolo che scalda il cuore e rimane un atto d’amore verso chi legge.
A volte un gesto d’amore è proprio legato a quello scampolo di tempo che una persona ti concede. Anche magari leggendo un post sul blog.
Che belle parole… parole che ti fanno fermare un secondo a riflettere. Non mi soffermo mai a pensare al “nulla è eterno” perchè, data la mia elevata emotività, finirei sempre per piangere. E non ho voglia di piangere. A quasi 40 anni ho capito che le cose davvero importanti non sono quelle che possiamo comprare… Voglio godermi ogni singolo giorno e voglio fare “con amore” tutto ciò che posso. Io non amo il riso al pomodoro, e non mi piace neanche il formaggino, ma capisco perfettamento ciò intendi. <3
Grazie Cinzia. Ognuno ha il suo risotto col formaggino.
Un articolo che mi ha suscitato profonda emozione, in cui hai messo a nudo una parte preziosa di te, i tuoi ricordi, i tuoi pensieri. Io non ho più i miei genitori, anche per questo mi colpisce a fondo
Grazie Patrizia.
Quanto è bello il “mi sei venuta in mente”, anche a me fa tantissimo piacere quando me lo dicono, mi sento “coccolata”. Mi ha colpita ciò che scrivi di tua mamma e del cucinare: anch’io sono così, non cucino mai, ci pensa mio marito. Solo ogni tanto mi ci metto io e ci inserisco sempre un dettaglio, un qualcosa di speciale che gli faccia capire che tendenzialmente mettermi ai fornelli è una cosa che non farei mai, ma che se è per far mangiare noi due insieme, diventa la più nobile delle attività (io da sola pranzo in piedi agguantando la roba direttamente dal frigo, per dire! :D). Oggi ho passato tutta la giornata a contatto con gente superficiale, è stato bello passare e leggere questo post.
Che bello questo tuo commento Lucy!
Io ho la fortuna di avere ancora i genitori, ma sempre più spesso mi soffermo a pensare che potrebbe succedergli qualcosa da un momento all’altro e questa cosa mi intristisce molto. Hanno fatto tanto x noi e ho dei bellissimi ricordi della mia infanzia… Sono grata x i sacrifici che ogni giorno hanno fatto x me e mia sorella.
Goditi la tua mamma e il tuo papà!