O meglio, quando è la paura a parlare. Oggi avrei voluto pubblicare altro (che arriverà venerdì, in ogni caso) ma la paura si è insinuata in me, trasformando le sue mille forme in folletti saltellanti sulle mie dita, pronti a governare le mie mani e far loro scrivere questo post. Ieri si parlava di Halloween, raccondolo come la notte in cui i mondi si uniscono. E tra i mondi, c’è anche quello della paura. A cosa pensate quando si parla di Paura? Qualsiasi tipo di Paura. Ve lo chiedo perché sono giorni che io provo quella sensazione dentro di me: per cose stupide, per cose importanti, per cose. Punto. Non esiste paura di Serie A o di Serie B: esiste il fatto di sentire che qualcosa, dentro di te, stride con quell’armonia che cerchi giorno dopo giorno. Ecco, oggi parliamo di questo.
Ritorniamo a 6 anni fa

Tempo fa vi ho raccontato, in parte, cosa mi successe 6 anni fa. Ne parlavo anche l’altro ieri nel video che ho caricato sulla mia IGTV, puntando più l’accendo sulla seconda grande conseguenza di quei fatti: la crescita della paura in me. Facciamo un passo indietro, così vi spiego tutto: giorni fa il vento si è preso mezza Italia. Come dico spesso, io adoro il vento, nel vento mi sento felice e tutto questo accade con un piccolo grande distinguo del quale non ho mai parlato: io non devo essere a casa mia a Carpi. Se sono in giro per il mondo, anche a 20 km da qui, va tutto bene: può soffiare anche la Bora per me. Se sono a casa no, soprattutto se sono nella mia stanza e cerco di dormire. Il vento “anima” le tapparelle della mia stanza e quel rumore mi ricorda solo una cosa: la notte del 20 Maggio 2012, quando ci fu la prima scossa di terremoto forte qui in Emilia. Quel rumore mi è rimasto nella testa e ha generato in me delle paure che, in parte, ho superato. In parte, per l’appunto. Nei giorni scorsi ho faticato a dormire, mi agitavo senza ragione al primo rumore di tapparella mossa dal vento. L’altro ieri notte ho approfittato di un momento senza vento per infilarmi sotto il piumone, cercando di addormentarmi subito. Nei miei ragionamenti pro-dormita, mi sono resa conto di avere davvero bisogno di parlarvi delle mie paure, quelle che si sono aggrappate alla mia anima e non vogliono lasciarmi. Ricordo a me stessa, in primis, che la paura genera mostri ma, a volte, genera opportunità speciali.
La paura del vuoto

La prima paura che alberga nella mia anima è quella del vuoto: da quel giorno in cui ci fu il terremoto, io ho iniziato a temere ciò che non posso umanamente controllare. C’è stato il momento delle vertigini (quando sono salita sulla Michelkirche di Amburgo credevo che si muovesse tutto attorno a me. E no, non avevo bevuto.), cosa poi passata. C’è stato il momento della velocità: quando un treno accellerava io sbiancavo. Anche quella poi è passata. Mi è rimasta la paura del vuoto. Il terrore si genera nel mio cuore in due modi: o camminando su di una superficie sospesa trasparente oppure camminando su passerelle e scale senza che io riesca a vedere mura o pavimento. Lì ancora mi blocco e non c’è verso che io vada avanti: mi pianto lì e non mi muovo. Possibilmente devo tenere le mani su di un qualcosa che mi dia l’idea della solidità. Fate voi cosa.
La paura di Baby (quella di Dirty Dancing)

Parliamo un secondo di Dirty Dancing: avete prensente quando Baby e Johnny fanno l’amore assieme per la prima volta? Baby riesce a rivelare a Johnny come si sente e gli racconta ciò che prova per lui. Ecco. Torniamo ora all’argomento di questo post: la paura di Baby è per me quella sensazione che si prova tra il cuore e la gola quando hai voglia di dire qualcosa ma non lo fai. Io sono pervasa dalla paura di Baby e lo sono per mia stessa volontà: ho capito che la mia natura sia quella di essere libera e senza filtri molto spesso. Non mi farei problemi a girare in mutande in casa di qualcuno appena conosciuto perché, in fondo, cosa c’è di male in un paio di mutande addosso? Nulla. Sono una di quelle persone a cui manca la decenza della convenzione: in mezzo agli altri ci si fa i fatti propri, le distanze vanno mantenute e così via. La paura di Baby – così definita da me – è una di quelle cose che mi protegge dal mondo e fa sì che io non combini casini di ogni genere. È quella sensazione che mi fa mordere la lingua e non mi fa dire, sempre, tutto. Ecco perché scrivo. Tra le altre cose. Perché quelle sensazioni da qualche parte devono pur uscire.
La paura e la voglia che tutto cambi, che nulla cambi

Non saprei come definire questa paura se non come un piccolo pezzo di codardaggine arricchita da un fiocchetto rosa per renderla più carina agli occhi degli altri. Mi piacerebbe – e chissà mai che questo mondo esista – vivere in una dimensione in cui si può parlare di tutto ciò che si vuole senza che esistano conseguenze. O almeno conseguenze definitive. “Davvero mi ami e stai bene con me? Che bello… hai visto che tempaccio oggi?” Questa sarebbe una di quelle conversazioni surreali parte di quel mondo. In quell’universo non c’è gelosia, non c’è la capacità di capire male, di farsi male e non ci sono “oddio cosa vuole questo da me“. C’è solo un fiume di parole dal quale cogliere qua e là ciò che ci fa più bene. A noi e agli altri. Difficile? Direi proprio irreale. Ma mi piace immaginarlo… per via della paura del paragrafo precedente.
La paura che ti stringe l’anima

E poi ci sono quelle paure che ti piombano dentro quando il vento soffia troppo, quando un dito che sarebbe dovuto guarire non guarisce, quando guardi al calendario nuovo da comprare e ti rendi conto che – probabilmente – non sai dove appenderlo. E appendere calendari è molto più che una semplice azione per controllare il tempo. Ti guardi e ti vedi come una moderna cappuccetto rosso (facciamo rosa, malgradio sia bionda il rosso mi sta male) in mezzo a un luogo che senti poco tuo. E non può essere il bosco perché, al contrario di quanto pensi il mondo, lì dentro c’è solo bene, ci sono solo creature capaci di dialogare con te, c’è il profumo della terra eternamente bagnata nel sottobosco. Ci sei tu che vuoi percorrere mille sentieri e non sai quel prendere. È lì che l’anima si stringe, fa male, guardi avanti e non sai cosa stai guardando se non te stessa e basta e ti dici che questo non va bene. Giovy, non va bene. Lascio agli altri fantasmi, ragni, paura degli spiriti e chissà chi. Io con loro ci parlo. La mia paura è altro.
Ieri, su Facebook, chiedevo delle vostre canzoni a riguardo della paura. Le trovate su una playlist pubblica su Spotify. Per il resto immaginatevi la scena finale di questo post con io che guardo in camera, sorrido. La ripresa si alza progressivamente, rivelando il mondo attorno a me. In sottofondo c’è God only knows dei Beach Boys.
La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.
H.P.Lovecraft
Molto interessante questo post, come sempre racconti molto di te, tocchi molto le anime di chi ti legge. Ho pensato, finchè leggevo, quali paure ho, avevo o poteri avere. Anche a me ogni tanto appare, come un fantasma, la paura del vuoto, non ho ancora capito come mai a volte si e a volte no. Una cosa però mi sono ripromessa, che nessuna paura mi deve impedire di vivere la mia vita. Credo che molte delle paure nascano dall’esperienza, dalle cose successe, sentite o vissute.. come da un senso di responsabilità che da giovani non ti sfiora nemmeno. Alla fine ciò che conta è essere in grado di affrontarle, a costo anche di cadere, perchè a volte è troppo facile nascondersi dietro ad esse
Attualmente, l’unica paura che mi blocca in modo irrazionale è quella del vuoto. Per le altre è come se scendissi a patti, ragionando con loro e capendo cosa fare.
Un post molto personale, hai fatto bene a scriverlo. Le paure vanno affrontate, non lasciate a crescere in un angolo.
Grazie mille Dani!
Trovo sempre coraggioso leggere post di chi si racconta. Dei blog non mi piace solo leggere le informazioni ma deve arrivarmi anche chi c’è dietro, almeno un minimo. E tu sei stata molto coraggiosa ad esporti qui, nominando proprio le tue paure.
Ci sono paure fondate, come quelle che ci vedono reduci da esperienze forti come calamità naturali, attentati, esse ci lasciano dei veri e propri solchi nell’anima. A me ha aiutato e aiuta sempre moltissimo la meditazione, la mia panacea per tutti i mali. Un abbraccio.
Grazie Sara. Raccontarmi è proprio la medicina per la mia anima.
Leggendo questo post ho cercato di fare un’analisi dentro di me per capire quali sono le mie più grandi paure.
Quella del terremoto ci accomuna. Ce l’ho dai tempi del terremoto del Friuli che aveva colpito dei miei parenti che erano scappati e venuti a vivere a Milano subito dopo. Da allora, dai loro racconti, ho continuato ad aver paura e quando mi ci sono ritrovata in mezzo (l’ultimo quello delle Marche dove ero a Riccione e l’ho sentito fortissimo) mi sono sempre sentita impotente e minuscola.
Poi un’altra paura è quella dei film horror che parlano di diavoli e fantasmi: li guardo cercando di fare la forte, ma poi rimango suggestionata e spaventata per giorni.
Ciao Raffi, che piacere rileggere un tuo commento!
Argomento affascinante quanto difficile da affrontare per il semplice fatto che la paura è un fattore intimo e personale che ognuno di noi affronta a modo suo ma il tuo articolo è bellissimo perché ne ha sviscerato diversi aspetti e sfaccettature. Io personalmente credo che la paura sia semplicemente un’opportunità. Nasce dal più profondo della nostra anima e rispecchia il braccio di ferro tra l’anima e la testa, una vuole fortemente il cambiamento e l’evoluzione l’altra lotta per la sicurezza e il controllo. Nella paura c’è appunto l’opportunità che abbiamo di fare il salto, quel salto nel buoi che è affidarsi alla nostra anima. Chi più di lei può sapere ciò di cui abbiamo veramente bisogno? Io ho sempre cercato di superare le mie paure affrontandole per non vivere in balia di una mente ingannevole. E devo dire che con il tempo sono riuscita a trovare il giusto equilibrio tra mente e cuore 😊
Grazie mille Sylvié: trovare l’equilibrio dentro di me è come cercare il Graal.
Comprendo perfettamente Giovy, anch’io ho perso un genitore 5 anni fa e da quel momento le mie paure sono in un certo senso aumentate. Il vuoto lo abbiamo in comune, anch’io devo sempre trovare degli appigli e se non vedo cosa c’è sotto vado in ansia. Io ho anche la paura di perder tempo, di sprecare attimi di vita preziosi in futilità quando potrei fare altro. E perdere chi si ama, ovviamente, ma penso sia un timore piuttosto diffuso.
Forse la generazione che ci ha preceduto ero più forte, non credi?
La codardia con il fiocchetto rosa è un’immagine bellissima 🙂 Le paure, soprattutto quelle irrazionali, sono sempre fastidiose, ma sono anche sintomo di qualcosa, quello che nel post in cui raccontavi di sei anni fa chiamavi “il sommerso”. Ascoltale e sii indulgente con te stessa, si può anche tenersela una paura e vivere più serenamente che se si cercasse con tutte le forze di contrastarla. A volte funziona. 🙂
Grazie Lucy, felice che quell’immagine ti sia piaciuta.