Continuerò a ripeterlo fino allo sfinemento: adoro essere viaggiatrice nella mia terra natale, lungo l’Anello Piccole Dolomiti, nell’Alto Vicentino. L’autunno ben si addice alla cucina della mia zona e, circa un paio di settimane fa, sono tornata a mangiare in un posto legato a mille ricordi d’infanzia. Ogni volta che ci si riuniva per festeggiare la mia nonna Cecilia, si finiva per andare a mangiare all’Albergo Alpestre a Castelvecchio, in quella Contrada Lago che ha davvero tante storie da raccontare. Oltre a mille bontà da mettere in tavola. Oggi vi racconterò perché, per me, l’Alpestre resta una delle migliori scelte per mangiare bene lungo l’Anello Piccole Dolomiti.
Dove si trova l’Albergo Alpestre e come raggiungerlo
Castelvecchio è ora una frazione del comune di Valdagno ma un tempo era un comune indipedente. Si trova sulle colline sul lato sinistro della valle (ovest, per intenderci), quel lato formato da terreno vulcanico ed è parte dei percorsi dell’Anello Piccole Dolomiti. Castelvecchio è sempre stato uno dei miei luoghi felici: le passeggiate, la vista su Marana (il monte sacro), l’altitudine giusta (800 metri circa) per non avere mai troppo caldo e mille uscite e campi con gli scout oltre che a non so quante feste con gli amici di una vita. Come vi dicevo, ci aggiungo i pranzi festosi con la mia cara nonna Cecilia. Per arrivare a Castelvecchio dovete raggiungere Valdagno e poi fare circa 6 chilometri di strada a curve non troppo difficili. L’uscita dell’autostrada è Montecchio Maggiore sulla A4. Da lì impiegherete circa 40 minuti buoni. Se passare di lì durante il weekend, prenotate il vostro tavolo.
Un pranzo autunnale all’Alpestre: cosa si mangia?
L’Albergo Alpestre di Castelvecchio è il posto giusto dove mangiare lungo l’Anello Piccole Dolomiti soprattutto se siete in cerca di prodotti a chilometro zero cucinati a dovere per diventare il racconto di un territorio davvero grandioso. L’Alpestre ha in suo proprio orto e questa è una grande garanzia. Ho mangiato moltissime volte lì e vi consiglio di provare un pranzo o una cena in ogni stagione. Che cosa ho mangiato io un paio di settimane fa?
Gli antipasti: le fritole con la Maresina
Qualcuno ha detto Maresina? Se leggete questo blog da molto saprete di sicuro quanto io ami da matti quell’erba amara, De.Co proprio del mio comune di nascita. Io sono cresciuta con quel gusto in me e amo la Maresina come poche altre cose. Se, invece, non leggete questo blog da molto… non preoccupatevi se non sapete cosa sia. Ho scritto un post apposito per dirvi cosa sia la Maresina. Anyway, l’Alpestre ha riproposto le fritole in una versione più piccola, quasi fossero un finger food. Erano buonissime e ben fatte. Ne avrei mangiate una vagonata. Ça va sans dire…
Gli antipasti: qualcosa di caldo
Un antipasto caldo è un qualcosa che ci vuole sempre per aprire degnamente un pranzo autunnale. Quello proposto dall’Alpestre, a dire il vero, era un qualcosa che metteva assieme caldo, tiepido e freddo. Si partiva da quest’ultimo con una trota in saor (a destra nella foto) e da un crostino con fegato (a sinistra) per poi approdare al tiepido di uno tortino di broccolo fiolaro (vi racconterò di questa verdura e della mia convinzione che si potesse trovare ovunque) per approdare al caldo di un pezzo di polenta ripassata in padella messa accanto a del salamino cotto.
I primi: i bigoli col colombino
I bigoli sono un grande classico della cucina veneta e, dalle mie parti, si condiscono spesso con il ragù d’arna (anatra) oppure col colombino. Questo accade soprattutto nella prima settimana di Ottobre. In Veneto, infatti, si celebra la domenica del Rosario (la prima domenica di Ottobre) con un bel piatto di bigoli secondo il detto “Arna lessa e bigolo tondo al Rosario fa contento el mondo“. Quel giorno all’Alpestre, i bigoli ci sono stati presentati con un ragù bianco di colombino. Buono fuori di misura e delicato come pochi altri ragù. Provatelo se non l’avete mai assaggiato.
I primi: gli gnocchi con tartufo nero di Marana De.Co su crema di ortiche
Si tratta del piatto che fa da copertina al post. Il territorio delle Piccole Dolomiti vanta molte De.Co. interessanti e gustose. Una di esse, perfettamente autunnale, è il Tartufo nero estivo di Marana detto anche scorzone, quasi volgarmente parlando. Il suo gusto si sposava benissimo con la delicatezza delle patate usate per gli gnocchi. La crema di ortica, come base per il piatto, dava quel tocco in più a chiudere un gusto capace quasi di parlare. Il territorio si racconta così. Ho sentito al primo morso tutta la mia valle.
Il secondo: rotolo di coniglio con patate e ravisse
E anche con un po’ di Polenta (del mulino Falloppi, di cui vi parlerò. Lo giuro). Il coniglio è una di quelle cose che mangio poco e non sto qui a spiegarvi il perché. Mi piace molto, però, quando viene preparato disossato e utilizzato per coprire una farcitura fatta con altra carne. Quello proprosto dall’Alpestre di Castelvecchio era davvero gustoso. Le ravisse sono una sorta di rapa bianca. Le foglie lunghe vengono cucinate come gli spinaci e mangiare solitamente tra autunno e inverno. Ottimo secondo. Super approvato.
Il dolce: sfoglia con crema di castagne
La mia zona natale è povera di dolci tipici, di quelli che li guardi e dici “ma quel dolce è proprio di quel posto“. La mia nonna mi faceva delle gran crostate, di quelle che sanno proprio di burro ma, se mi si chiedesse “fammi un dolce di casa tua“, io non saprei cosa preparare. L’Alpestre ci ha deliziati con una sfoglia con crema di castagne. La giusta conclusione di un gran pranzo.
Il vino: lunga vita alle Cantine Masari
Ho in mente un’intervista ai proprietari delle Cantine Masari quindi ora non vi dirò moltissimo su di loro. Vi basti sapere che producono dei vini davvero di alta qualità. Gli antipasti del pranzo all’Alpestre sono stati accompagnati proprio dall’AgnoBianco, vino che vedete in foto. Si tratta di un blend di Durella, Riesling Renano e Garganega. La prima e la terza sono uve bianche tipiche del Vicentino (e anche di parte del Veronese) mentre il Riesling Renano è divenuto tipico della mia valle dal XVIII Secolo circa. Il terreno di una parte della valle è adatto a questo vitigno. Ma ne parleremo… intanto segnatevi il nome.
Per il dopo pranzo: una camminata nel territorio circostante
La cosa bella dei pranzi a Castelvecchio è che poi si ha un mondo ai propri piedi per passeggiare, smaltire i bagordi fatti a tavola e godersi un territorio che ha tanto da dire. Castelvecchio, ve lo ripeto, è per me un pezzo di cuore e anche un pezzo di anima. Io sono fatta di quella terra lì, di quella che d’autunno fa sentire il proprio profumo perché ha raccolto tutta l’uminità della notte. Sono fatta del legno dei noccioli che proprio lì ho imparato a riconoscere. Sono fatta dell’essenza dei castagni che si mostrano immensi. La cosa bella di organizzare un pranzo a Castelvecchio è proprio questa: alzarsi da tavola e godersi la bellezza circostante. Inutile dirvi quanto io mi sia sentita bene lì. Ecco perché, al di là dell’oggettiva indiscutibile bontà del pranzo, ci tengo a consigliarvi un luogo che mi fa così tanto bene. Provate.
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Non conosco molto queste zone, ma i piatti sono davvero molto invitanti. Scoprire il cibo tipico del luogo che visito è una delle cose che mi piace di più
Fai un giro allora! Meritano molto.
Per me le Dolomiti sono un bellissimo ricordo d’infanzia. Adesso mi risultano davvero lontane ma, dalla descrizione peculiare che ne hai fatto (soprattutto del menu di questo albergo campestre), mi hai fatto davvero venire voglia di fare un salto in quella zona.
Occhio che le Dolomiti e le Piccole Dolomiti non sono la stessa cosa. Anche se geologicamente sono identiche, geograficamente sono in due luoghi diversi.
Che fame mi hai fatto venire! Mi attirano molto gli gnocchi al tartufo e il dolce con le castagne…mi sa che erano proprio buoni!
Lo erano davvero! 😛
Mamma Giovy che bontà 😋 non conoscevo questo posto! Devo assolutamente andarci! Adoro le frittelle con la maresina!
Davvero ti piacciono? Sei una delle poche vicentine di città a conoscerle. Vai a mangiare lì: merita alla grande.
Le frittole sembrano uguali a quelle che in Salento chiamiamo pittule o pettole! Le mangi una volta all’anno e sono super buone anche se molto grasse. Il piatto con il tartufo nero e le patate mi ha fatto andare in visibilio.
In questa versione sì. Nella loro versione originale sono molto diverse. Quello che le rende totalmente diverse è l’impasto.