
Era tempo che arrivassi, 20 Settembre 2018. Sto scrivendo questo post mentre mancano esattamente 24 ore alla mia partenza. Lo leggerete mentre io starò chiudendo la mia piccola valigia rosa: tre magliette, una gonna carina che non si sa mai che vada a mangiare fuori, il costume… mi raccomando. Ah, il pigiama, 2 paia di pantaloncini, la giacca anti-vento che lì serve. E poi cosa manca? Nella lista delle cose da mettere in valigia dovrei sempre segnare la mia testa. Devo portare la mia testa. Devo lasciare a casa ogni cosa che, nelle ultime settimane, mi ha fatto girare male (facciamo anche negli ultimi mesi) e portarmi dietro solo la voglia di fare il pieno di bellezza. Qualsiasi cosa bellezza significhi. I Ramones si fanno sentire nelle mie orecchie ” Twenty twenty twenty four hours to go I wanna be sedated. Nothing to do, no where to go o, I wanna be sedated Just get me to the airport, put me on a plane Hurry hurry hurry, before I go insane I can’t control my fingers, I can’t control my brain Oh no oh oh oh oh“. C’è solo un verso che non mi si addice. Per il resto, questa sono proprio io.
Ognuno vive la sua propria attesa

Ci sono persone che mi conoscono da una vita che sanno benissimo quale sia il significato della parola attesa per me: forse sono una quarantenne atipica ma per me l’attesa è il tempo che intercorre tra una viaggio e l’altro. È il tempo di gestazione di una partenza, di un andarsene per tornare a casa più ricchi nello spirito. Non importa la distanza. Ci sono viaggi che aspetto sempre con un carico di energia che non saprei nemmeno descrivere. Ho atteso questa partenza come poche altre nella mia vita perché, in primis e giusto per citarvi un motivo, ne avevo bisogno come l’acqua nel deserto. Sono sempre stata abituata a lavorare molto ma, quest’anno, mi sono concessa al lavoro in un modo più intenso di quello che, probabilmente, potevo permettermi. Ho perso il conto delle ore passate a darci dentro, nel senso lavorativo del termine e l’ho sempre fatto da ovunque ci fosse una presa e una connessione. Nello zaino o nella valigia, spesso, entra prima il computer di tutto il resto. E questa volta sarà diverso perché, this time, sono io a entrare nella valigia. Io con la mia Operazione Goldfinger da portare a termine (se non sapete di cosa sto parlando, date un occhio alle mie stories su Instagram. C’è una raccolta apposita), io con la mia voglia di scrivere cose mie, con la mia voglia di scoprire un luogo bello. Io con la mia vita che ha voglia e bisogno di respirare.
Il detox non è mai una cavolata

Se ne sente spesso parlare di Digital Detox e non lo reputo una cavolata. Quello che mi fa strano è che viviamo in un mondo in cui abbiamo sempre più bisogno, generalmente parlando, di sentirci dire le cose quando in realtà sappiamo benissimo cosa fare di noi stessi e dei nostri minuti liberi. Il mio detox sarà da quel grande senso del dovere che popola la mia anima fin dalle elementari. Quel senso del dovere che mi rende una professionista affidabile ma che, spesso mi impone degli obblighi che vorrei tanto non riuscire a prendermi. Virginia Woolf diceva che, se una donna vuole scrivere, deve avere da parte un po’ di soldi e trovare un posto per sé. Il mio modo per trovare un posto per me è viaggiare e, spesso, farlo da sola. Il che non è un atto brutto verso chi fa parte della mia vita e condivide con me la quotidianità. È un’occasione di respiro: legittimo, lecito, corretto, giusto verso me e verso tutti.
Quindi vado…

I Pearl Jam cantano (in quella che è una delle canzoni-chiave della mia vita) “I want you to know, that I shoud go…“. Una di quelle frasi che dovrei tatuarmi da qualche parte e con le quali ho imparato a dialogare in tanti anni di viaggi, partenze o, se volete, fuga. Il viaggio per me non è mai una fuga ma è un prendere respiro. Avete presente quando spalancate le finestre in una stanza rimasta chiusa a lungo. Ecco, sono io quella stanza e attendo la mia finestra. Ne ho bisogno, ve lo dicevo. Devo imparare a cedere ai miei bisogni perché, se non mi ascolto, io non ci sono più. E io adoro esserci: per me in primis e per tutto quello che ho da dare al mondo in secondo luogo. Ciao Gente, io vado. Guardate voi la casa mentre sono via? Come dite? Dove sto andando? Lì, nella foto che vedete all’inizio di quest’ultimo paragrafo.
Ho sentito ogni parola di questo post. Siamo abituati a essere sempre connessi, a dover rispondere a tutti nel più breve tempo possibile e alla fine ci dimentichiamo di rispondere a noi stessi. I momenti di detox sono fondamentali, per rigenerarci ma anche per riflettere, mettere in ordine i pensieri, fare nuovi progetti. Buon viaggio!
A me ci vuole proprio un Detox da tutto!
Non ho indovinato il posto dove stai andando ma ti auguro buon viaggio Giovy! È bellissima l’attesa.
Ciao Amina. Sono a Tenerife, dove vive mio padre e dove sto sempre tanto bene.
Buon viaggio, penso di aver indovinato dove vai 🙂 Viaggi davvero con un bagaglio minimal, in fondo in vacanza bastano poche cose e l’importante è staccare dal lavoro e vivere la bellezza dei luoghi visitati.
Qui mi serve davvero pochissimo.
Buon viaggio! Anch’io prima di partire ascolto sempre la canzone dei Ramones 😀
Ci sta tutta!
Conosco molto bene questa sensazione che descrivi benissimo nel tuo post.
Molte volte non viene capita da amici e familiari, ma poco importa.
L’importante è fare ciò che ci rende felici, e se viaggiare è quello che ci piace, va fatto!
Quindi buon viaggio…
Grazie mille Sara!
Prima di tutto buon viaggio! Ho un sospetto sulla meta, ma non ne sono sicura. L’importante è che per te sia un momento bello e rigenerante, per tornare carica e piena di fantastici ricordi.
La meta è Tenerife, uno dei luoghi del mio cuore. Da qui torno sempre rigenerata.
Tra quarantenni atipiche ci si capisce bene. Anche io, come te, ho bisogno di momenti di digital detox e anche io, come te, ho bisogno di staccare da sola. Hai fatto bene a non rivelare la tua meta. In questo modo staccherai davvero
Che dire… Buon viaggio e goditi ogni istante di questa meritata vacanza. Non c’è nulla di meglio di un viaggio per riacquistare energia e dare linfa ai propri pensieri.
Vivo anche io l’attesa come un momento unico, anche se fino all’ultimo secondo corro per finire tutto e rilegare pure gli appunti. Poi arrivata in aereporto inizio a calmarmi perchè viaggiare e respirare a pieni polmoni e vivere la giornate come voglio davvero!un po come te!
Io in aeroporto sono ancora più “in attesa”. Il momento più bello, soprattutto in questo viaggio, è stato il decollo. Ho proprio respirato. Finalmente.
Ho letto questo articolo come se fossi io ad attendere una partenza, con le tue parole riesci sempre a far immedesimare i lettori. Bravissima e buon viaggio! 😀
Grazie Elisa!
intanto buona permanenza, perchè per il buon viaggio arrivo tardi. Anche per me l’attesa è quel momento che corre tra un viaggio e l’altro, anzi passa lentamente tra un viaggio e l’altro, ci fermento, soprattutto quando arrivo sotto data, non sto nella pelle e cerco di fare il meno possibile, come se mi volessi conservare… insomma i giorni prima del viaggio sono attesa pura!
Non è mai tardi per dire “buon viaggio”.
Le tue sensazioni arrivano dritte al cuore, attraversando questa barriera virtuale.
Ti auguro il meglio da questo viaggio, che tu possa vivere intensamente ogni momento ed ogni emozione!
Ti ringrazio molto Stefania. Questo viaggio mi sta già dando molto, anche se sono qui solo da due giorni.