
Sette dita: ecco cosa posso avere a mia disposizione questa settimana. Sette dita su dieci… mica male, no? Se mi seguite su Instagram avrete già capito di cosa parlo. Per ridere l’ho chiamata Operazione Goldfinger e tutte le mattine mi canto la colonna sonora di quel film di 007 come se fosse la mia personale soundtrack. Una tendinite fulminante mi ha bloccato il dito medio della mano destra, con conseguenze anche sul medio e sul mignolo… dita che proprio non riesco a usare ora. Un dolore fortissimo che mi ha messa un po’ ko ma che ho imparato ad ascoltare. Per poterlo capire e per poter capire un po’ me.
Amerò fino a farmi male. Scriverò fino a farmi male

Sto dettando questo post direttamente a Google Drive perché, se scrivo con 7 dita, mi distruggo la mano e vanifico la guarigione che sono riuscita a raggiungere in questi primi giorni di Operazione Goldfinger. Avete mai notato che l’essere umano è in perfetto (imperfetto) equilibrio? Usare 2 dita su 5 sconvolge la nostra mano ma, finché non lo fai, non te ne accorgi. Scrivo dettando perché mi sono già fatta male e mi farò male di nuovo, prima o poi. “Amerò in modo che il mio cuore mi farà tanto male“, cantava Zucchero un sacco di tempo fa. L’amore non si spiega, si vive… dico sempre io. Scrivere per me è un atto d’amore, in primis, verso di me. È il mio modo di tenermi in equilibrio: c’è chi cammina, chi corre, chi dipinge. Io scrivo. Scrivo finché le dita mi fanno male. E non è una metafora, data la mia condizione attuale. Il medico mi ha detto che posso lavorare un po’. Solo un po’ per ridare movimento a quella metà della mia mano che ora sempre di marmo ma devo stare attenta a non danneggiare ciò che ora sta bene. Non scrivere, però, mi fa sentire inutile e mi rallenta il respiro. Perchè l’amore è tale anche quando ti fa sanguinare o piangere dal dolore. E non vi dico le lacrime di questi giorni.
La mia personale stupidità

Avete presente quando, in una situazione nella quale vi trovate, vi sentite stupidi all’ennesima potenza (non vi dico far scrivere al bot di Google Drive “ennesima potenza“)? Io in questi giorni mi sento così: mi sento stupida perché mi lamento del dolore che mi governa da tre giorni (un po’ di sollievo solo ieri… mi sentivo in paradiso) e mi dico “Giovy, sono solo 3 giorni“. Il fatto è questo: il dolore – fisico o morale che sia – è personale e tutti hanno il sacrosanto diritto di lagnarsene, a qualsiasi livello. Anni fa, una mia amica era in ospedale per un problema a un piede e sono andata a trovarla. Vicino al suo comodino c’era un righello di cartone per indicare il livello di dolore percepito. Da zero a 10. Ma cosa ne sai tu che il mio 5 non sia come il tuo 9 o viceversa? Mia madre, da brava infermiera, mi ha sempre insegnato a raccontare il dolore e, prima di farlo, ad ascoltarlo. Se non lo ascolti non lo capisci e non lo valuti. Lui è subdolo, ti confonde. Devi governarlo tu, ascoltarlo e definirlo. Così, l’altro giorno mentre ero dal medico, mi sono sentita ringraziare dalla dottoressa che mi ha visitata perché ero stata ineccepibile, secondo lei, nel farle capire il mio male. E lì mi sono sentita stupida perché forse ho datto troppo peso a un dolore banale, seppur forte. Banale perché passa. Però era il mio dolore. Ed io l’ho ascoltato. In tanti anni di nevralgie del trigemino ho proprio imparato ad ascoltare. Almeno il mio male, il mio dolore.
Questo è il tempo per dire grazie

Stima verso gli altri (e verso di me) e gratitudine sono due cose che ho voluto mettere in questo mio 2018 fin dal suo inizio. In questi ultimi 3 giorni ho detto non so quanti grazie, soprattutto a Gian che mi aiuta nelle cose più comuni, come tagliare una cotoletta o mescolare la pastasciutta. Con la sinistra faccio dei disastri, a volte, ma ho imparato a mangiare il minestrone senza sbrodolarmi… e con la mano che non si usa mai non è proprio uno scherzo. Al di là di questo sto ascoltando fortemente non solo il regredire del mio dolore fisico ma anche il suono della parola grazie. Ed è un suono meraviglioso. Uno di quelli capaci di rimettere in armonia il mondo. Non trovate? Oggi, giusto perché non riesco a scrivere più di così, vi lascio qui sotto il mio podcast gratuito. Perché avevo voglia di parlare di gratitudine anche lì. E credo che la puntata mi sia venuta particolarmente bene. Ascoltatela quando avete una mezz’oretta libera.
Cara Giovy,
è dall’anno scorso che mi sono imbattuta nel tema della ‘gratitudine’ e da allora non l’ho più abbandonata. È un approccio concreto, si può fare in autonomia e in qualsiasi momento. Non trovi? Ho fatto anche un corso online! 🙂 A parte gli scherzi, mi è di grande sostegno anche nei momenti di ‘divino scontento’ (cit).
“Si conosce per differenza” ho sentito dire proprio questa mattina per cui passata la tendinite sarai ancora più grata alla tua mano destra.
A presto!
Amina
Penso proprio che sarà così, sai Amina!? Oggi sono riuscita, quasi per miracolo, a tenere il cucchiano con cui mangio lo yogurt con la destra e mi sembrava di essere arrivata in cima all’Everest. Pensa te!
Io mi sono fatta un mese con la spalla appesa al collo, era la sinistra ma in quel momento ho capito che nonostante pensassi la parte sinistra di me mi servisse poco in effetti la uso tantissimo e mi serve, eccome!
E in quel mese il grazie l’ho detto tantissime volte e ho capito che dirlo e sentirsi grati per ciò che abbiamo ogni giorno sia importantissimo.
Così come è importante ascoltarsi, sempre: nel dolore e nella gioia.
Concordo in pieno su tutto quello che hai scritto!
Non sapevo che facessi anche podcast, come facevo a non saperlo?! Comunque non vedo l’ora di ascoltarti Giovy, perché se sei simpatica quando scrivi, dal vivo darai il meglio di te! Intanto ringraziamo santo Google Drive che ti ha permesso di far riposare un po’ quel povero dito 😉
Grazie mille Anna!
A volte il nostro corpo ci manda segnali che quasi sempre non vogliamo vedere. In realtà, come dici tu, basterebbe farlo per capire quando rallentare e persino che direzione prendere. I miei migliori auguri di buona e veloce guarigione. Goditi lo stop e le coccole di chi ti circonda!
Grazie mille Benedetta!
Quando ho visto la foto del “ditone” su FB mi hia fatto ridere, così mi ha attirato subito questo articolo. Hai la capacità di trasmettere emozioni e sorrisi anche con un dito, un semplicissimo dito! Beh è il medio, è anche un signor dito :). Hai detto bene, bisogna imparare ad ascoltarci e se fa male, fa male. Come fai a sapere quanto male fa? E’ poco, tanto, ognuno di noi ha una sua misura, ognuno ha dei livelli di sopportazione diversi. Ma è bello che alla fine di questo articolo, arrivi ai ringraziamenti… sono quelli che il dito, quel dito, ti ha insegnato: di dare importanza a piccole cose che altrimenti non consideravi. Questo per me è quello che “quel dito” gonfio ha voluto dirti!. Grazie a te per il bel articolo, e te lo dico con tutte e 10 le dita
Il mio caro Goldfinger credo abbia i giorni contati e me lo auguro: mi diverto a registrare ogni mattina il bollettino medico sulle mie instragram stories ed è il mio modo per “buttarla in vacca” e sdrammatizzare. Come faccio a conoscere il mio dolore? Ci ho messo anni a cercare di stabilire una mia scala personale e oggi posso dire di esserci quasi riuscita. Credo anch’io che questo dito sia stato una sorta di forma di comunicazione sui generis. Mi sta dicendo tante cose. E ne scriverò presto.
Ho capito, ancora di più, l’importanza della gratitudine quando ho deciso di porre fine ad una relazione velenosa con una persona che non era in grado di essere felice, di dire “grazie” e “scusa”.
Io, in queste parole, ci credo.
Quindi grazie Giovy, per avermi parlato dritto al cuore.
Credo che distacchi del genere non siano stati facili da vivere. Grazie per aver lasciato qui questo tuo pensiero personale.
Ti capisco molto bene. Ho degli scompensi alla schiena dovuti ad un incidente nel 2006 e ogni tanto capita che qualche nervo si infiamma o qualche muscolo si contrae troppo e inizio a perdere sensibilità, prima, e arriva il dolore, poi, alle dita della mano (indifferente destra o sinistra, dipende dove colpisce alla cervicale). In più, dopo lìinfortunio al ginocchio, so bene che vuol dire quando sei deficitata nelle cose più semplici che ti rendono indipendente. È proprio li che, dal mio punto di vista inizia la sfida, fare lo stesso con altre parti del corpo, magari con più tempo. Ed è sempre in quei momenti che capisci davvero l’importanza della gratitudine. Ti capisco! E ti auguro una pronta guarigione!
Grazie Sara e a te auguro di non provare più dolore!
Essere capaci di dire grazie o scusa è tutt’altro che banale o scontato. Ci rimette in sintonia con il mondo. Con calma mi ascolto il tuo podcast. Intanto buona guarigione.
Hai detto una parola fondamentale: sintonia. Grazie per la buona guarigione. Piano piano si prodece.