
Un anno fa, nel mio primo giorno pieno di quel viaggio in California, ho realizzato un piccolo sogno: visitare l’Università di Berkeley, ovvero UC Berkeley (nel suo nome ufficiale) o semplicemente The Cal, come la chiamano professori, studenti e appassionati di cultura americana. Questa università era nel mio cuore da tempo, come lo sono ancora Yale e Harvard che non ho ancora visitato. Visitare le università americane è più semplice di quel che si pensa. Oggi vi racconto come organizzarvi per visitare Berkeley durante un viaggio in California, nell’area di San Francisco.
UC Berkeley: un po’ di storia

L’Università di Berkeley nasce nel 1866, a poco meno di vent’anni dall’entrata della California negli Stati Uniti. È una delle 16 “UC“, ovvero University of California sparse nello stato. Una di quelle più conosciute, dopo Berkeley, è UCLA ovvero l’Università della California di Los Angeles. Berkeley si è sempre distinta, fin dai suoi primi anni di attività, per l’ottima offerta accademica soprattutto in campo tecnico, biologico e chimico. Giusto per dirne una, qui era professore di chimica Robert Oppenheimer, che divenne capo del Progetto Manhattan nel 1942. L’università di Berkeley ebbe un ruolo fondamentale nella storia americana degli Anni ’60 e fu un bacino molto attivo per la controcultura che si sviluppò nella Baia di San Francisco durante la “Summer of Love” e nei periodi immediatamente precedenti e successivo. Qui nacque il Movimento per la Libertà di parola, proprio a metà degli anni ’60. Berkeley è da sempre considerata un’università importante e conta circa 30’000 studenti iscritti. La troverete citata in miliardi di film e telefilm legati a San Francisco e al periodo storico che va dagli Anni ’60 agli Anni ’80.
Come raggiungere l’Università di Berkeley
Spostarsi nella Bay Area con i mezzi pubblici è molto semplice ed economico: l’università prende il nome dalla cittadina di Berkeley in cui si trova. Berkeley si trova nel territorio della Baia di San Francisco, dall’altro lato rispetto alla città che tutti visitano. Si trova molto vicina a Oakland. Per arrivare a Berkeley vi basterà prendere il Bart da San Francisco o da Oakland e scendere proprio alla fermata Downton Berkeley. Il viaggio dall’Embarcadero di San Francisco durerà circa 25 minuti e costerà poco meno di 10$ in totale per andata e ritorno. Da Oakland spenderete circa la metà per un viaggio di 12 minuti. Una volta arrivati in alla fermata del Bart, seguite le indicazioni dritti davanti a voi. Non sbaglierete. L’università si trova su un colle il cui punto più alto è segnato dal famoso “campanile”. Quindi gambe in spalla: la salita è lieve ma c’è.
Cosa vedere a Berkeley
Cosa vedere una volta giunti nel campus o alle sue porte? Esistono visite guidate di Berkeley e, se combaciano con il vostro tempo in giro per la Baia di San Francisco… ben venga. Il campus è enorme e conviene farsi guidare. Io, per motivi di tempo e di altri impegni già presi, sono andata da sola ma avrei sicuramente gradito la spiegazione di qualche studente esperto del luogo. Trovate le date e gli orari delle visite guidate (e come prenotarle) sul sito ufficiale dell’Università di Berkeley. Se volete, ecco il pdf della mappa del campus (che sembra una città intera). Il giro che vi sto per raccontare vi porterà al cospetto di:
- Il Sather Gate
- La Sather Tower
- La South Hall
- La Bancroft Library
Il Sather Gate

Se arrivate a Berkeley con i mezzi, entrerete sicuramente nel campus seguendo le frecce o la massa di studenti che si recano nelle varie facoltà. Il mio consiglio, una volta arrivati nel cuore dell’Università, è di non fermarvi lì ma di andare a cercare il Sather Gate, che è il cancello più famoso di Berkeley. Lo troverete a rimarare l’entrata sud dell’Università e qui sono state scattate molte foto celebri durante il periodo caldo di Berkeley, quello per il sostegno al movimento dei diritti civili. Varcate (o ri-varcate) il Sater Gather Gate e continuate fino a raggiungere la Sather Tower. Perché tutti questi “Sather“? Si tratta di epiteti messi in onore di Peder Sather, un immigrato norvegese che divenne uno dei primi banchieri di San Francisco e che finanziò, ovviamente, l’università.
Il Campanile o Sather Tower
Vi sembra un campanile italiano? Non sbagliate di certo. Viene chiamato “The Campanile” anche dagli studenti e dal personale di Berkeley. È stato progettato dal fondatore del dipartimento di Architettura dell’università sul modello del campanile di San Marco a Venezia. È stato voluto dalla vedova di Peder Sather, in memoria del marito. Il campanile segna il centro del campus e le sue campane vengono suonate regolarmente, ad ore diverse a seconda del semestre in corso. Si può visitare pagando un biglietto di 3$ e solo in giorni e ad orari prestabiliti. Se, durante la vostra visita, non fosse possibile salire sul campanile… non disperate. Salite sul suo basamento e voltatevi dal lato opposto rispetto al campanile. Non vi dico altro se non di guardare verso l’orizzonte. Vi toglierei la sorpresa.
La South Hall
La South Hall è l’edificio più antico dell’Università di Berkeley. Si trova proprio di fronte al Campanile e vi sarà impossibile non notarla. In un mondo di edifici in marmo o pietra bianca, la South Hall si fa riconoscere con i mattoni rossi e il suo aspetto quasi vittoriano. Risale al 1879 ed è l’unico edificio che rimane del campus originale. Qui ora si tengono lezioni e seminari legati a un corso post-laurea, oltre che conferenze. Come tutti gli edifici dell’Università di Berkeley, anche la South Hall è pubblica. Io sono entrata quasi in punta di piedi, chiedendo se potevo fare un giro per aule e corridoi. Mi hanno guardata come se chiedessi se l’erba del prato è verde. Evidentemente, nel mio zaino, porto sempre con me quella gran dose di “vorrei ma non posso” tipica di molte belle realtà italiane che non aprono mai, o quasi, al pubblico. Con garbo ed educazione… ma fate un giro.
La Bancroft Library

All’interno del Campus dell’Università di Berkeley ci sono molte biblioteche e avrete l’imbarazzo della scelta. Tendenzialmente, ogni biblioteca è un luogo pubblico… quindi perfettamente accessibile come la South Hall che vi ho raccontato nel paragrafo precedente. Vi dirò di più: essendo un luogo pubblico, potete entrare anche solo per andare in bagno (andate in bagno a Berkeley… vi renderete conto di cosa sia la potenza del brand anche a livello universitario). Io ho scelto di visitare quella biblioteca perché si tratta dello “scrigno” che conserva non so quanti volumi di storia contemporanea, soprattutto americana. A certe collezioni possono accedere solo studenti e professori ma gran parte della biblioteca è visitabile. Fatelo, anche perché spesso troverete i corridoi impreziositi da mostre di ogni genere. Comunque, una gran nota di demerito per me: ho fatto delle foto pietose della Bancroft Library… così ho dovuto trovarne una in rete. Shame on me!
Visitare l’Università di Berkeley, per me

Ho visitato Berkeley perché per me era un simbolo di un qualcosa che avrei sempre voluto, in parte, per me stessa. Io ho lavorato e studiato e non mi sono mai goduta la vita universitaria di Padova, posto che ha plasmato la mia formazione. Proprio il giorno di Pasqua sono tornata a Padova dopo un millennio e mi sono rivista in quelle mattine con la tensione sotto-pelle, quando mi recavo al Liviano per fare i miei esami di storia. Dentro la mia testa ci sono sempre stati molti sogni (anche non realizzati… o non ancora) e uno di questi era il fatto di potermi permettere un anno o due post-laurea in quel di un’università americana. L’Università di Berkeley sarebbe stata tra le mie scelte, perché il suo dipartimento di storia ha molto da dire, soprattutto in ambito di analisi di avvenimenti recenti. Quel giorno, visitando il campus, sorridevo guardando le facce assonnate degli studenti e mi chiedevo se si rendessero conto di dove fossero e delle possibilità nelle loro mani. Forse bisognerebbe tornare sempre a studiare intorno ai 40 anni: c’è più consapevolezza e si dà maggiore importanza a tutto. Quel giorno a Berkeley, seduta su di una panchina fuori dalla South Hall mi sono detta che, in fondo, è sempre bene tenere i sogni nelle nostre “to do list” e non archiviarli mai. Davvero mai.
Tutte le foto, salvo diversamente indicato, sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata.
Le università americane, ma anche quelle inglesi, mi affascinano tantissimo. In Inghilterra ho visto Oxford e negli USA Harvard, purtroppo però quando sono stata ad Harvard c’era ben poco da vedere perché era il periodo delle festività natalizie e il campus era quasi vuoto e gli edifici quasi tutti chiusi. Spero un giorno di poter visitare anche io Berkeley.
Ogni università è sempre interessante. Anche solo per l’atmosfera che le avvolge.
I tuoi post mi trasmettono tanta positività e voglia di fare… Sembra che tu non ti metta mai davanti degli ostacoli ai tuoi sogni… Brava… Sei d’ispirazione!
Ti ringrazio molto Alessandra!
Non potevo non leggere questo articolo: i sogni non bisogna mai archiviarli. Per questo, all’età di 33 anni, me ne sono andata a Berkeley a preparare la mia tesi universitaria grazie a una borsa di studio. Purtroppo gli accordi prevedevano un mese o poco più. Fosse stato per me, sarei rimasta almeno un anno. A distanza di 7 anni, ci penso ancora con amore e nostalgia…
Oh però… e com’è stato studiare lì dentro?
Bellissimo… <3
Altro luogo che merita alla grande.
Ci ho fatto un corso di letteratura americana lì, ed è stato top! Ottima per il campo della traduzione.
Chissà che bellezza!
Berkeley! E subito scatta quel formicolio che mi parte sempre se si parla di California! E ovviamente torna anche alla mente il buon vecchio telefilm The O.C. …! Bell’articolo, complimenti, scrivi davvero bene!
A me tornano in mente mille telefilm quando penso alla California. Ti ringrazio per il complimento!