
“La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero. La libertà è partecipazione.” Ieri sera, sul tardi, Gian e io tornavamo da un giro molto bello che ha occupato il nostro 25 Aprile e che vi racconterò presto. Il nostro è stato un viaggio di strade basse, di quelle tra Adige, Po e Pianura Padana dove è tutto piatto e tutto mi fa salire l’ansia perché l’orizzonte è troppo vasto per me che sono abituata alle montagne. Dalla radio usciva la voce di Gaber ed è io pensavo a libertà, liberazione, storia e tante altre cose. Il mio cervello ha agganciato poi un pensiero che può sembrare banale ma che, in fondo, non lo è: avevo appena trascorso uno di quei giorni in cui mi ero dimenticata dell’esistenza del mio telefono, delle notifiche, dei post da fare e della vita da raccontare quasi in diretta. Ero stato un giorno libero.
A volte, la fatalità…

Credo ci voglia un po’ di fatalità, in questi tempi moderni, per costringerci a lasciar perdere quelle azioni che, ormai, sono parte del quotidiano. Un tempo, tipo 20 anni fa, la quotidianità era ancora un caffè, la colazione fatta di corsa o con calma a seconda dei giusti, un occhio al giornale o l’ascolto del telegiornale e poi lavoro, chiacchiere con i colleghi, scazzi, voglia di tornare a casa, cosa faccio per cena e poi via… tutto da capo dopo una buona dormita. Si usciva dalla quotidianità con qualcosa che ci portava fuori dagli schemi: bastava un pic-nic, un giretto chissà dove, una birra con amici e così via. Tutto è questo è vivo anche ora, fermo restando che con noi c’è sempre il nostro personale bodyguard: lo smartphone. Non sono una di quelle attaccate al passato in modo totale, non sono una di quelle che dice “eh ma ora non ci parliamo più“. Sono convinta che il progredire della tecnologia ci porti del gran bene. Basta avere il giusto cervello per trattare il tutto. Ciò che è vero, però, è che anche la mia personale vita è molto caratterizzata dalle notifiche, da quel bip che mi indica che è arrivata una mail o che qualcuno mi ha scritto su WhatsApp. A volte, la fatalità è quella che ci vuole per farti dire “ma lo sai che la vita è più bella senza notifiche?“. Il mio telefono sbarella da un mese. Nell’ultima settimana si sta avvicinando inesorabilmente alla morte. Quello nuovo arriverà (quando? ancora non lo) o meglio sta per arrivare ma, nel frattempo, sto usando al minimo il mio smartphone: telefono… mando qualche messaggio. Stop. Ringrazio questa fatalità perché, in fondo, sto bene.
Non succede nulla

Il primo giorno in cui il mio telefono sbarellava in modo pesante mi è presa un po’ male: e se mi cercano? E se devo fare quella cosa? Poi mi sono seduta, ho respirato e ho costretto la mia testa a ripercorrere i miei 21 anni di lavoro (16 da dipendente e 5 da freelance) come se stessi guardando un film. Il risultato è stato che mi sono accorta di quanto lo smartphone mi aiuti a lavorare da ovunque (e grazie al cielo) ma di quanto riuscissi anche a lavorare senza. Ho respirato di nuovo e mi sono detta che non dovevo farmi prendere dall’ansia. Non succedeva, non succede e non sarebbe successo nulla se non avessi avuto il mio amato S7 in mano tutto il giorno. Anzi. Ho avvertito i miei clienti via mail, dicendo che ho qualche difficoltà col telefono. Ho ribadito che mail e skype restavano attivi e che, in caso di bisogno, sarei stata comunque raggiungibile. Ah… mi è sembrato un proclama di libertà. Qualche tempo fa, Salvatore Aranzulla ha fatto raccontato una cosa – sembrata quasi dirompente – durante un’intervista: ha detto di aver disattivato tutte le notifiche dal suo telefono. La libertà non è star sopra un albero. La libertà è partecipazione. La libertà è un “disattiva notifiche”. La libertà è curare il proprio tempo, dargli il valore giusto e non legarlo indissolubilmente al quel “bip” che ci dice che qualcosa sta succedendo. La libertà è decidere noi stessi cosa leggere e cosa no. Ne parlavo, in parte, raccontando la mia ricetta per la serenità.
Ogni tanto resta sconnesso

Resta sconnesso, decidi di disconnetterti, lascia che sia la vita a farla da padrona e non la tecnologia. Ecco il mio pensiero dell’altro ieri sera, sul tardi, mentre viaggiavo in mezzo alla pianura. Le mie giornate professionali non sono state né più complicate né menomate dal fatto che il telefono funzionasse male. Certo, sto parlando di giorni fatti di tranquillità professionale, di cose fa fare al pc anziché live ma è questa la mia quotidianità attualmente. La giornata dle 25 Aprile mi ha portata a visitare un villa veneta sui colli Euganei. Durante quelle ore di scoperta di un nuovo piccolo mondo non ho postato, non ho twittato, non ho fatto stories su Instagram né 2000 scatti da portare con me. Ho fotografato con la macchina fotografica, mi sono guardata attorno più del solito, ho ascoltato i luoghi che ho incontrato più del solito. Sono tornata ad assaporare il mondo come l’ho sempre visto. Sapete una cosa? È molto meglio dei giorni in cui sono stata perennemente connessa. Tempo fa vi raccontavo di quanto fondamentale fosse, per me, non raccontare tutto. Ora ho compreso quanto sia importante non condividere parte del mio tempo.
Condivido totalmente..bellissimo articolo!!purtroppo, io a volte mi faccio prendere dalla tecnologia e perdo un pò la libertà. Adesso me lo sono imposto e devo dire che mi sento molto più libera.Barcellona, dove vivo, è la capitale mondiale della tecnologia del cellulare..sono un pò un pesce fuor d’acqua, perché ho abitudine diverse da tutti, ma fa niente..vivo meglio!!
Ciao Silvia,
In effetti mi sono resa conto solo in questa settimana quanto presa fossi dal fatto di essere sempre, o quasi, connessa. Adesso mi sento un po’ più pacifica e realista.
Sai che anch’io ho provato a farlo? Il 25 aprile abbiamo fatto una passeggiata in montagna e, dato che ad alcune persone non volevo far sapere dove fossi, ho scattato delle fotografie, ma non ho condiviso nulla né fatto stories e devo dire che si sta molto meglio… Anche se all’inizio fa strano!😅
Fa strano ma fa tanto bene.
Questo post mi ha fatto molto riflettere! In effetti di questi tempi siamo diventati dipendenti dalla tecnologia!
Felice di averti fatto riflettere!
Quanto hai ragione, e quanto difficile ormai è riuscire a farlo. Ecco perché ho sempre fatto viaggi lontani, in zone desertiche, fuori dal mondo e soprattutto senza wifi… tre settimane di purificazione all’anno. Comunque forse siamo tutti troppo connessi …non succede nulla se per un giorno non accendiamo il cell, proprio nulla.
La purificazione è quella che ci vuole. Io ricordo viaggi in cui lasciavo il cellulare a casa per paura di perderlo oppure perché non mi sarebbe servito.
Io ti adoro! Adoro leggerti e condivido sempre in pieno il tuo pensiero. Godersi il tempo che non si ripresenta più.
Questa disconnessione forzata l’ho provata e capita recentemente a Cuba e mi ha fatto davvero bene e soprattutto riflettere. La “sconnessione” internet di Cuba che pensavamo fosse un problema ci ha fatto invece davvero bene all’anima, una quasi disconnessione dal Mondo di cui avevamo proprio bisogno!
Grazie Robi. Qualsiasi cosa arrivi da Cuba (nel tuo caso) è spettacolare. Anche qualsiasi cosa (nel mio caso) arrivi dalla fatalità. W la disconnessione!
Ciao! Condivido le tue parole. Il bello è proprio disconnettersi dai pensieri, soprattutto quelli, anche quando non siamo on-line. Staccare lo smartphone e il cervello 🙂
Esigenza totale.
Grazie di aver condiviso con noi la tua esperienza. Mi hai fatto riflettere. In effetti, quando lavoravo in azienda ero sempre connessa perchè qualcuno poteva aver bisogno. E quando sono diventata una freelance ho continuato a rimanere perennemente connessa perchè poteva chiamare qualche cliente.
In realtà non c’è mai nessuna vera urgenza che debba essere gestita “immediatamente”. Dovrei prenderne atto e rinunciare al cellulare ogni tanto….
Il problema è fare capire ai clienti che non esiste urgenza degna di essere definita tale.
Amen sorella!!!
Giovy cara, io ultimamente mi tengo i momenti per noi 4 e posto i giorni dopo (anche le storie).
Il live non esiste praticamente più a casa Rospi… un po’ per necessità (o corri dietro a Jack o lo recuperi nel fosso) e un po’ per scelta!
Ma va bene così:)
Brava Ale, tempo per voi in primis.
Complimenti per questo articolo è davvero molto bello e condivido pienamente il tuo pensiero. A volte l’essere sempre connesso davvero ci fa perdere di vista il vero senso delle cose, guardiamo la realtà attraverso uno schermo o facciamo più cose al tempo stesso e non ascoltiamo chi ci sta accanto. A volte dovremmo davvero spegnere il nostro fedele amico e connetterci con noi stessi ed il mondo attorno 😊
A volte dovremmo tornare a essere semplicemente “normali”. Basterebbe questo.
da qualche mese ho tolto facebook dal telefono: incredibile come passati i primi giorni ora non mi manchi proprio più!
Un’ottima scelta, direi. Io ho iniziato col togliere le notifiche.
Quando sono in vacanza (un po’ perché sono all’estero e non ho la connessione, un po’ perché non ho la necessità di stare connessa) è il momento in cui mi sento libera da tutto, libera di decidere cosa fare e di dove andare. Una bella sensazione.
Per me che sono una libera professionista, il concetto di vacanza è molto labile. E’ parte del bene e del male di fare il mio lavoro.
Ciao Giovy, bellissimo questo post. Oggi sono uscita e ho utilizzato, per scelta, lo smartphone il minimo. Mi sono goduta il mare, il caffè, la compagnia di mia nonna, le risate. Non ho scattato foto. Lo faccio spesso perché trovo necessario disconnettermi, vivere semplicemente il qui ed ora. La scorsa estate ho vissuto in montagna per più di una settimana senza elettricità e il telefono non mi è mai mancato. 🙂
Hai fatto benissimo!
Una riflessione che condivido, su un tema molto attuale e su cui mi sono recentemente interrogata. Come dici tu, servono intelligenza e consapevolezza nell’uso di una tecnologia ovviamente utilissima, ma non indispensabile o, almeno, non sempre! Quello che era nato come un divertimento, un passatempo e un modo per rimanere in contatto, rischia di diventare un impegno e quasi un lavoro! Ne ho parlato anche io sul blog… E poi il bello è che, alla fine, ti rendi conto che al mondo virtuale non importa niente se stacchi un po’ e che anche noi stessi viviamo a volte addirittura meglio, riscoprendo la bellezza della semplicità intorno a noi.
Anche in questi giorni sto latitando in quanto a connessione. Nulla di più bello!
Diciamo che la penso un pó come te sulla´uso del telefono. Posso consigliarti il libro Focus? secondo me ti piacerà.
Prendo nota. Grazie mille 🙂
Credo che tutti dovremmo allenarci a disconnetterci di tanto in tanto. Io ho viaggiato molto da sola e quando vado (da sola) in un ristorante mi impongo di non guardare il telefono ma di osservare cosa mi capita attorno. Questa pratica mi offre spunti interessanti sull’umanità che mi circonda.
Sono pienamente d’accordo con il tuo bellissimo post, anche a me viene naturale ogni tanto cercare di allontanarmi dalla tecnologia, staccare la spina per godermi solo la giornata e chi ho accanto.
Grazie mille Giulia!
Il tuo post fa riflettere parecchio, e non posso non condividere ogni tuo pensiero. Dobbiamo imparare a disconnetterci di tanto in tanto, a non essere schiavi della tecnologia..
Ne parlavo anche ieri con delle persone: ormai mi sono abituata alla grande a non avere un telefono che lavora in modo opportuno… e sto davvero benissimo!
Interessante questo post perchè fa riflettere e mette le cose in un’altra prospettiva. Disconnettersi per sentirsi liberi è un paradosso moderno, ma reale. Io cerco di disconnettermi qualche ora al giorno almeno, quando faccio yoga, quando pattino, o quando leggo un libro.
Serve per avere prospettive più reali.
Serve ad avere prospettive più reale. E’ vero.