
Oggi parto. Incrocio sempre le dita quando devo prendere un aereo, soprattutto se ho un biglietto in mano da molto tempo. Non ho paura del volo o di volare. Ho paura che qualche inghippo si metta tra me e quella partenza (o quell’arrivo) che aspettavo da un tempo. Oggi parto e questo mio “dislocarmi” (come dico spesso, visto che mi porto dietro il lavoro e non vado in vacanza. Cambio solo posto in cui lavorare) fa parte di una sorta di processo di guarigione che ho deciso di mettere in atto da qualche mese e che ogni tanto mollo lì, quasi come fosse un maglione vecchio da dimenticare sul sedile dell’auto. Fermo restando che, al primo fresco, andrai in cerca proprio di quel maglione e lo vorrai indossare anche se sporco e malconcio. Questa cosa che io ho chiamato processo di guarigione è, in fondo, la mia personale ricetta per la serenità.
Le piccole abitudini che generano sorrisi

Una volta, non ricordo quando, lessi su un giornale che il nostro cervello impiega circa due settimane per trasformare un’azione ripetuta in un’abitudine. Occorre abituarsi, a volte, per potere stare bene. A cosa e a chi non è dato di sapere. Ognuno di noi mette nella propria ricetta per la serenità quello che crede: chi il silenzio, chi la musica, chi il rumore, chi la compagnia e chi la solitudine. Io ci metto delle piccole grandi abitudini che ho sempre avuto e che, con il procedere normale della vita, ho accantonato o forse cercato di dimenticare. Non so nemmeno io il perché. Spesso parliamo di abitudine come un qualcosa di negativo. I Subsonica cantavano “l’abitudine fra noi è un concetto da evitare” ma non sempre è così. L’abitudine è l’espressione che il nostro corpo utilizza per dirci che qualcosa ci piace, ci fa stare bene. Sono mesi in cui, se mi guardo dentro, vedo poca armonia e troppi picchi, siano essi positivi o negativi. Le mie piccole grandi abitudini, con le quali sto dialogando lentamente, mi stanno riportando verso l’armonia. Il segreto che non mi verrà mai svelato è quanta strada ci sia ancora davanti a me, dentro di me. Quali sono queste piccole grandi abitudini che sto riportando nella mia vita? Nulla di trascendentale, tanto di personale.
Profuma come un fiore (o come un frutto)
Parto dall’abitudine più frivola: quella che riguarda direttamente me in quanto donna, in quanto persona esistente e tangibile. Non mi sono quasi mai truccata e non lo faccio oggi che ho 40 anni. Curo molto la mia pelle, soprattutto quella del viso e gongolo quando mi dicono “ma davvero hai 40 anni? Non te li avrei dati“. La mia vanità di donna mi impone che sia così per tanto, tantissimo tempo ancora. Ho un solo grande vizio: mi piace sapere di buono, di un qualcosa che si possa mordere, di un sapore che si possa riconoscere. Per questo non ho mai usato profumi di quelli tipici da donna (anche se ce ne sono alcuni che mi piacciano molto). C’è stato un tempo della mia vita in cui ogni mattina sceglievo una crema profumata in base a come mi svegliavo. Ora ho ricominciato, anche se il range di creme si è ridotto. Lo stesso vale per il lucidalabbra, unico “vezzo” che continuo a concedermi. Per ora vincono lampone e ciliegia. Consigli? Sapere di cose buone mi fa sentire buona. Mi fa sentire come se avessi la natura addosso e questo mi mette energia. E serenità nel cuore perché mi riconosco in questo marasma di mondo.
Mai dopo le 18.30 (e il multitasking non esiste)
Sono cinque anni che lavoro da freelance e cinque anni che amo organizzarmi la vita. Sono cinque anni che riempio le mie giornate di analisi, strategie, scrittura e creatività. E adoro tutto questo. Lavorare da freelance è un qualcosa che andrebbe concesso solo dopo un lungo percorso a contatto con realtà organizzate. Questo permette di essere presenti e puntuali e concede la grande bellezza di non lasciarsi mangiare le giornate dal lavoro. Io sono una che lavora tanto e, se mi conosco un po’, so che sarà sempre così. Ho imparato, però, a dire di no. Ho imparato a smettere di guardare le mail di lavoro dopo le 18.30 e di farmi solo i cavoli miei da quel momento in poi. Ho imparato la meraviglia del disattivare le notifiche di alcune pagine, così come ho imparato che, se voglio lavorare ad oltranza, lo farò solo per delle cose che avranno a che fare con me e me sola. C’è qualcuno di più esperto di me che dice che il multitasking è un mito e che in realtà non esiste. Io riesco a scrivere una cosa e a parlare al telefono parlando di altro allo stesso tempo ma, tutto ciò che faccio nella mia vita, non è multitasking. Quando compi un’azione è quella che fai, il resto è contorno. Mettiamoci in testa che siamo degli esseri grandiosi con dei limiti speciali. Questo ci darà serenità. Almeno la dà a me.
Le parole di altri. Le parole mie

Il mondo – almeno il mio – è un qualcosa fatto di parole. Quello che ho capito è che occorre trovarsi dentro le parole di altri per poi metter giù, nero su bianco, le proprie. Occorre capire il mondo raccontato con le frasi pensate da qualcuno che non siamo noi, non tanto per fare esattamente ciò che quella persona dice ma per trovare – dentro altre parole – la nostra strada. Io mi rifugio, ultimamente, nelle vite di altri, di altri che hanno lasciato il segno per capire quanto pazzesca sia la mia vita e quante cose potrei – posso – mettere dentro ai 27 mila romanzi che vorrei scrivere. Che scrivo. Pezzettino per pezzettino. Prima o poi. Chi lo sa. La vita è fatta di quelli che si perdono nei libri in cerca di un maestro, della strada spianata, delle indicazioni stradali date con precisione. E poi ci sono quelli che ascoltano le indicazioni e poi vogliono tracciare loro volta il percorso. Io sono tra questi. A costo di sbagliare. A costo di trovare la serenità.
Partire o arrivare?

Sono giorni che ho questo post pronto da scrivere e che vado avanti frase dopo frase. Pensiero dopo pensiero. Là in camera c’è la mia mini-valigia rosa che mi attende e alcuni vestiti da portare con me. Loro sono più pronti di me. Come se fossero nati pronti e io mi sentissi racchiusa in uno strano campo magnetico che mi fa sentire la voglia di andare e, allo stesso tempo, mi rende timorosa verso chissà che cosa. Parto e ho voglia di partire. Parto e ho voglia di arrivare. Perché partire e arrivare non sono la stessa cosa e solo ora, ragionandoci mentre scrivo, mi rendo conto che è l’arrivo il mio desiderio. Non è lasciare un luogo per un altro ma è accogliere quel pezzo di me che ho seminato nel mondo. Arrivo, sì. Arrivo. Ecco dov’è la serenità, per me.
La playlist giusta per questo post è Peaceful Piano su Spotify.
La uso molto spesso ultimamente per lavorare alla grande.
Tutte le foto, salvo diversamente indicato, sono di Pixabay.com
La mia serenità è fatta di connettermi con una situazione che mi da estremamente pace e trasladare questa pace a tutto ciò che mi circonda. Il viaggiare ed arrivare può essere evidentemente anche dentro casa, come sai. Il viaggio per me è qualcosa che avviene prima dentro di me e dopo si muove verso l’esterno.. grazie per il tuo profondo post!
Grazie a te per essere passata di qui.
Ciao Giovy, mi è piaciuto leggere delle tue riflessioni. Mi è ritornata alla mente una frase che diceva il mio prof di Italiano, citando non so bene quale letterato: “Le parole sono case già abitate”. Mi piace pensare che le parole siano proprio questo e che entrandoci e abitandoci per un po’ ne facciamo qualcosa di nostro, personale, pur ricevendo l’influenza di altri che le hanno vissute prima di noi.
La mia serenità è nel viaggio stesso, un momento solo per me e senza pretese. Grazie per la playlist, è bellissima.
Un caro saluto,
Fiorella
Grazie a te Fiorella. Mi piace molto quella frase che hai citato.
Bella la riflessione sull’abitudine, me ne ricorderò adesso che cerco di rimotivarmi per la corsa! Proust diceva che non c’è niente di meglio dell’abitudine, in generale proprio ^_^ Ps: la prima foto che hai pubblicato, quella della scritta, è della mia città! Amo ^_^
Ti ringrazio Lucy.
La mia serenità? Non appena penso di averla trovata ecco che fugge. Ma io non demordo e continuo a provarci…
Brava Priscilla… sempre in cerca di qualcosa!
Ciao Giovy, ho letto con molto piacere questo tuo post. In alcuni tratti l’ho letto con lacrime agli occhi di commozione miste a sorrisi. Sei molto d’ispirazione e in un momento in cui io ho difficoltá nel trovare la mia serenitá questo tuo articolo mi aiuta a sperare e a credere ancora in me stessa. Appena avró un po’ di tempo ascolteró anche la playlist che hai suggerito in modo da ricercare questa serenitá con piú consapevolezza!
Ciao Serena, grazie per le tue parole. Ti auguro di riuscire a trovare la tua personale ricetta per la serenità.
Ciao Giovy! Sai che anche io faccio come te nella pre-partenza? Paura degli inghippi! Bellissime foto e bellissimo post.
Gli inghippi sono quel qualcosa capace di ricordarmi che non posso avere sempre il controllo sul mondo.
“L’abitudine è l’espressione che il nostro corpo utilizza per dirci che qualcosa ci piace”, sono sempre molto attenta a rompere le abitudini ma durante l’ultimo lungo viaggio in India, di tanto in tanto, mi piaceva godere le nuove abitudini acquisite ed è proprio vero, ho avvertito che si trattava di un trucchetto del corpo per far sapere ciò che gradiva. 🙂
Felice di non essere l’unica a essere d’accordo con quella frase. Mi fa davvero piacere.
Una bellissima lettura, è incredibile il senso di serenità che hai saputo trasmettere parlando delle tue abitudini per ritrovarla! Io per ora non posso definirmi serena, ho un lavoro che occupa troppo spazio nella mia vita, rubandome a famiglia e passioni… però raggiungere un miglior equilibrio è nei miei buoni propositi!
Grazie mille Anna!
Mi è davvero piaciuto leggere queste tue riflessioni..
in alcuni mi sono ritrovata pure io, ma devo dire che tu riesci davvero a metterli nero su bianco con naturalezza.. Complimenti!
Grazie Mille Federica!
Bellissima riflessione. Mi ha colpito la tua capacità di staccare la spina dopo le 18.30. Anch’io vorrei esserne capace…
Da freelance, ho capito quanto sia necessario darsi un limite. Mi capita di lavorare dopo quell’ora… ma perché lo decido io, perché voglio scrivere cose mie e non per altri motivi.
Anche io dopo qualche anno di attività freelance sto imparando a dire No.. altrimenti diventa tutto davvero troppo 🙂 devo ancora imparare molto però
Credo che, anno dopo anno, si diventi sempre più consapevoli della propria capacità di accettare solo il lavoro o i lavori giusti.
A parte che ho messo subito la tua stessa colonna sonora, mi ritrovo molto nelle tue parole. Talvolta la serenità mi sembra un mito… Io mi sento molto fluttuante, vedo fluttuante la mia vita e se devo descrivermi, dico “in via di definizione”. Poi penso che, alla fine, serenità e felicità siano fatte di piccole cose. Profumi buoni… Io, in questo momento, ho addosso un classico Dolce e Gabbana ma non disdegno le creme (anche se sono pigra). E poi le partenze, gli arrivi, i libri… Sì, penso che ci sia tutto (o quasi)
Ti piace quella musica Robi? Io la metto su a oltranza ormai.