Guardo fuori dalla finestra e gli alberi non sono ancora pronti al cambio di stagione: esattamente un anno fa le foglie cominciavano ad aprirsi alla vita. Me lo ricordo bene perché il 27 Marzo del 2017 tornavo dal mio viaggio in treno lungo la West Coast degli Stati Uniti e ben ricordo l’ingresso in auto nel viale che porta a dove vivo. Ci sono dei tigli bellissimi e, nel momento della mia partenza, le foglie erano solo piccole gemme. Al ritorno già si mostravano nel loro verde che è davvero il colore di chi si fida della propria bellezza. La primavera mi è sempre piaciuta per alcuni motivi: posso mangiare le fragole, ritorno a mettere i sandali e spero eternamente che tutto sbocci, che la natura torni a prosperare e che la vita, quasi per magia, inizi a rallentare.
Tra stelle e monti

Non ho mai avuto una stagione preferita. Quando ero piccola e mi si chiedeva quale fosse il periodo dell’anno che amassi di più, rispondevo sempre l’inverno, perché sono nata in quella stagione. Della primavera amavo il risplendere del prato dietro casa mia e del pesco della casa di fronte. Ora quel pesco non c’è più e, a pensarci bene, nemmeno la mia casa. E’ la casa di qualcuno che non sono io. Qualcuno che non sono io dorme in quella stanza dove io, già grande, avevo appiccicato le stelline luminose sul soffitto. Nel momento di andarsene (da quella casa), mio padre non è riuscito a staccarle e ora qualcuno se le gode anche per me. O smadonna contro di me per il fatto di avere delle stelline luminose come guardiano per le proprie notti. La volete sapere una cosa: io le rivorrei quelle stelline. Le rivorrei anche ora. Avevo costretto mio padre a disegnare Orione e le Pleiadi mentre le attaccavamo. Ero venuto fuori un capolavoro luminoso. Mi faceva sentire parte di qualcosa di importante. Allo stesso modo venivo rassicurata ogni sera da quello che, dalle mie parti, chiamiamo la Montagna Sacra, ovvero Marana. La guardavo ogni sera, come in una specie di dialogo d’amorosi sensi. Chi coglie la citazione vince una torta. Davvero. Eccola lì, nella foto che sovrasta questo paragrafo, nella sua versione invernale, proprio come la vedevo da casa. E mi manca quella vista, cavolo se mi manca.
La primavera di Neruda

Quando penso alla primavera (che poi non mi ricordo mai se, in italiano, le stagioni vanno minuscole o maiuscole. Vedi te a sapere tante lingue? Ti si ingarbuglia il cervello a volte), mi torna in mente sempre (e dico davvero sempre) un verso di Neruda che, per me, è la descrizione esatta di ciò che l’amore dovrebbe essere. Non dico universalmente, ma almeno quello che per me è l’amore. “Quiero hacer contigo lo que la primavera hace con los cerezos“, ovvero vorrei fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi. Neruda scrisse questo verso nel 1924 e lo troverete nelle Venti poesie d’amore e una canzone disperata, una di quelle raccolte di poesie che tutti, prima o poi, dovrebbero leggere. Io ci arrivai tardi a quel libro. Non c’è nessuna Smemoranda del liceo con questa frase scritta qua e là ma l‘ho appuntata, qualche anno più tardi, in uno dei miei diari di viaggio, quello che inizia – se non erro – nell’estate del 2003. Ci sono stati momenti in cui scrivevo molto, soprattutto in treno. Mi piaceva chiudermi in quelli scompartimenti da 6 posti, tipici dei vecchi Intercity e, sempre nel senso di marcia, sedermi vicino al finestrino. Tiravo fuori il tavolino e il mondo poteva anche finire in quel momento.
Sbocciare, per me

L’ho capito dopo, sempre perché su certe cose sono il massimo della reattività, che il mio sbocciare inizia da me stessa, dall’amore che ho per me e per quella cosa che mi alimenta in stile dinamo perenne: la scrittura. L’ho capito chissà quando, poi, che per me sbocciare significa poter essere il burattinaio della mia vita. Torno nella mia vita presente dopo questo pensiero, riguardo fuori mentre Spotify mi propone l’ascolto di Debussy – il Clair de lune – ed io sorrido perché di nuovo penso a ciò che è in cielo e a quel cielo da me inventato che ho lasciato nella casa dove sono cresciuta. Guardo fuori e di nuovo vedo gli alberi che hanno ancora addosso il migliore del loro vestito invernale, pronti a toglierselo ma ancora privi della forza necessaria. Sapete, io parlo spesso con quegli alberi, uno più di altri. Noto che è sempre il primo che mette le foglie e mi piace pensare che sia, un po’, anche merito mio. Ora che ci penso non gli ho mai dato un nome e credo che, al momento giusto, lo farò. Mi piace pensare di essere io un po’ la primavera di quel tiglio; mi piace pensare che la mia compagnia gli faccia bene e che mettere le foglie prima di altri sia il suo modo di volermi bene.
Sbocciare è voler bene.
Sbocciare come un fiore a primavera è ciò che spero per me.
Oggi più che mai.
Non solo sai scrivere bene, ma hai una cultura impressionante. Complimenti!! Sai anch’io un tempo abitavo ai piedi delle montagne (le Prealpi biellesi nel mio caso) e quelle montagne erano una compagnia fissa in tutte le stagioni. Mi mancano molto!!
Grazie mille Alessandra.
Una lettura coinvolgente ed emozionante. Grazie davvero.
Grazie a te!
Anche io ho un albero con cui parlo! Lo chiamo giallone, è un Ginko biloba che in autunno è splendidamente giallo (il mio colore preferito). Lo vedo ogni mattina, aprendo la finestra e grazie a lui vedo le stagioni passare. 🙂
Chissà che meraviglia!
Anche se la mia stagione preferita resta l’inverno, sei comunque riuscita a farmi venire una gran voglia di primavera. Amo la montagna e credo sia stupenda in ogni stagione, compresa la primavera. Complimento per l’articolo!
Grazie mille! La montagna è davvero stupenda in ogni stagione.
Molto bella questa riflessione sulla primavera. Credo che la rinascita della natura e di tutte le cose intorno a noi stimolino molto a riflettere sul corso della propria vita e sul nostro personale concetto di rinascita. Anche per me questi sono giorni importanti, perché proprio tre anni fa tornavo dal mio anno in Australia… ancora “non ne sono uscita” 😀 Però il verso di Neruda piace immensamente anche a me. E pure io avevo quelle stelline luminose in camera 🙂
Davvero avevi le stelline in camera? Che bellezza, vero?
A me mancano tanto. Ti ringrazio per il tuo commento… e chissà che questa primavera non sia la stagione di rinascita per molti.
Che bello leggerti Giovy, dalle stelle ai ciliegi i tuoi pensieri scorrono luminosi e generosi. E anche io ho sempre il dubbio: primavera o Primavera? (ho appena controllato e treccani.it consiglia il minuscolo!)
Felice di condividere con te questo dubbio, Chiara!
Non sai quante volte controllo e quante volte mi scordo il giusto modo di trattare le stagioni nella scrittura.
Grazie per il tuo commento e quello che dici sui miei pensieri.