Giorni fa sono stata in viaggio per scoprire l’eccellenza del Piemonte. Anzi, le eccellenze del Piemonte perché, in 4 giorni, ho visto tanta di quella bellezza da restarne stupita. Stupita perché, infondo, io sono tra quelle persone che, pur avendo girato un sacco di luoghi, non si è mai spinta a conoscere a fondo alcune regioni d’Italia. Il mio racconto di quei giorni in Piemonte inizia dal Forte di Gavi, posto in una di quelle zone di confine che, col tempo, sono passate da una regione all’altra ma che, culturalmente, seguono l’imprinting dato da secoli di storia.
Visitare il Forte di Gavi è, forse, una delle prime cose da fare quando si arriva in quella zona del Basso Piemonte occupato dalla provincia di Alessandria. Seguendo il corso dello Scrivia si possono scoprire grandi cose: una di queste è proprio il paese di Gavi col suo vino e il suo forte. Del paese e del vino parleremo presto. Concentriamoci ora sulla storia di questa fortificazione posta a difesa della città e, come vi accennavo prima, del confine. Di che confine parliamo? Di quello tra le terre che, col passare dei secoli, entrano nel palmares di casa Savoia e quelle della Repubblica di Genova, alla quale Gavi apparteneva. La fortezza occupa un’altura naturale e, per dirla tutta, si fonde con la sua roccia. L’architettura del forte – cambiata nel corso degli anni – ha sempre seguito le linee della montagna sulla quale posa. C’è motivo di credere che questa altura naturale sia sempre stata occupata da posizioni di difesa, partendo fin dall’epoca pre-romana.
Il Forte di Gavi: un po’ di storia
Il primo documento in cui si parla di Gavi, e anche della sua fortezza, risale al 972 d.C. C’è chi dice anche 973. Si dice che di qui passò e soggiornò anche Federico Barbarossa. L’attuale forma risale a rifacimenti iniziati nel XVII Secolo e terminati con la II Guerra Mondiale, momento in cui il Forte di Gavi venne ancora utilizzato per scopi militari. A partire dal Risorgimento si guadagnò il nome di Forte Inferno perché divenne un penitenziario. Ciò che si dice è che non si poteva sperare di scappare. Sembra che l’unico riuscito a fuggire da lì sia stato un soldato inglese (della RAF) imprigionato nel forte di Gavi durante l’ultimo conflitto mondiale.
Cosa si può vedere al Forte di Gavi?
Questa fortificazione si può ammirare camminando tra i suoi corridoi e su alcuni dei camminanmenti esterni. Il forte è diviso in due parti: una bassa e una alta. Quest’ultima è attualmente chiusa al pubblico per via dei parapetti troppo bassi, secondo le attuali leggi in vigore. Camminare nella parte bassa del Forte di Gavi, fino al punto più alto permesso è già un bel regalo perché ci concede una delle migliori viste sulla zona cirostante. Gavi e i suoi dintorni sono stati per me una grande sorpresa perché non sapevo davvero nulla di questa parte del Piemonte. Non sapevo della città romana di Libarna, a pochi chilometri da lì (ve ne parlo presto, tempo di montare il video che ho fatto); non sapevo nulla del vino che viene prodotto a Gavi e che mi è piaciuto tanto. Non sapevo nulla della storia di questo piccolo pezzo d’Italia che, come tanti altri comuni fin troppo dimenticati dal grande turismo, ha davvero tanto da raccontare.
Informazioni utili per visitare il Forte di Gavi
Il vostro punto di riferimento, anche per chiedere eventuali visite guidate (altamente consigliate se, come me, siete a digiuno della storia della zona) è il sito ufficiale degli Amici del Forte di Gavi. E’ un po’ difficile indicarvi chiaramente quali siano gli orari di apertura del Forte di Gavi perché variano a seconda della stagione (sul sito che vi ho indicato è scritto tutto). Sappiate, però, che la fortezza si visita solo venerdì, sabato e domenica. La prima domenica del mese l’entrata è gratuita. Per quanto riguarda gli altri giorni, il biglietto costa 5€ e, per me, li vale tutti. Non c’è molto parcheggio a disposizione alla base del Forte. Meglio arrivare con un’auto piccola.
Vale la pena di visitare questo pezzo di Basso Piemonte? Sicuramente sì, con addosso un paio di scarpe comode e tanta curiosità nel cuore, come vi dico spesso io.
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori – riproduzione vietata
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