Mentre voi starete leggendo questo post, io starò vivendo il primo giorno di questo ennesimo viaggio a Tenerife, isola delle Canarie dove mi reco spesso perché mio padre vive lì. E’ ormai un anno che abita lì ed è ormai un anno che è passato dall’altra parte della barricata: ovvero da quella dell’emigrante volontario che sta tanto bene nella sua nuova vita ma che non smette di sentire nostalgia per qualcosa lasciato nella vecchia vita. Anch’io ho vissuto quella parte quando, da fine 2002 a fine 2008, ho vissuto in Svizzera. C’è una cosa che accomuna me e mio padre, così come moltissimi emigranti in ogni dove: il pacco dell’emigrante, quello con dentro tutte quelle cose che ti ricordano la tua terra e che quelli di Casa Surace (ma non solo) chiamato giustamente “il pacco da giù“.
Il pacco dell’emigrante: versione figlia
Il mio pacco dell’emigrante potrebbe essere definito “il pacco da nord-est“, perché conteneva e contiene (ecco perché poco fa ho usato il condizionale presente) solo bontà e delizie dall’Alto Vicentino, la mia terra d’origine. Quando mi sono trasferita in Svizzera è cambiata la frequenza con cui tornavo a Valdagno ma non cambiava la consistenza del pacco che riportavo con me. Nell’ordine, c’erano: almeno 2 sopresse vicentine DOP da circa 1 kg l’una, almeno mezzo chilo di Asiago (quello buono che piace a me), almeno 3 bottiglie di vino prodotto nella mia zona di cui, sempre e per sempre, di fragolino bianco perché mia madre diceva sempre che qualcosa da festeggiare si trova tutti i mesi. C’era il pan biscotto che, non appena finiva, diventava il mio cruccio svizzero perché il pane della Coop Svizzera non era adatto alla creazione del pan biscotto. C’era una bottiglia di Bianco Rosso di Carlotto. Perché non si sa mai: sempre meglio averlo in casa. Il mio pacco dell’emigrante aveva dentro anche, in senso figurato, un pezzo del Monte Pasubio, che tanto amavo e amo osservare dallo specchietto mentre vado via.
Il pacco dell’emigrante: versione padre

Il pacco dell’emigrante di mio padre è un po’ difficile da preparare perché contiene due spostamenti molto significativi: il primo è avvenuto quando lui aveva 18 anni e se n’è andato dalla zona della Lomellina. Della sua terra gli è rimasto dentro l’amore per il riso, per le verze, per i cacciatorini e per quella casseula che ogni tanto si prepara, non importa quale sia la latitudine sulla quale stia vivendo. La seconda partenza riguarda quando, dopo 50 anni, ha lasciato anche lui Valdagno e con essa l’Italia. Valdagno per mio padre è sempre stato un luogo-ospite, malgrado l’accento veneto l’abbia conquistato senza mai conquistarlo del tutto. Valdagno per mio padre è un luogo denso di ricordi, lasciato felicemente per concedersi un bel futuro a 70 e passi anni. Il pacco dell’emigrante di mio padre contiene libri in italiano, giornali di ogni genere… ma sempre in italiano. Ciò che porterò con me sono due cd di liscio della sua orchesta preferita… ecco una delle cose che più gli manca dell’Italia: il liscio. Mio padre mi fa sempre sorridere per le sue richieste alle quali sono obbligata a rispondere spesso con la stessa frase: “papà, vengo giù solo col bagaglio a mano. Quella roba lì non me la fanno portare”. Al massimo, la variante può essere “papà, vengo giù solo col bagaglio a mano. Non ci sta più nulla”.
Io, mio padre, la nostra eredità
Questi siamo io, mio nipote e mio padre a Tenerife lo scorso Gennaio. Era il primo giorno in cui lo rivedevo dopo mesi e, per me, questa foto è felicità pura perché non solo ritrovavo l’unico genitore che mi è rimasto ma lo ritrovavo come un uomo felice. Aveva preso il vedovo che era in lui e l’aveva lanciato nell’oceano perché si ha bisogno di uno zaino nuovo, oppure svuotato in qualche sua parte, per ripartire a raccogliere qualcosa sulla strada nuova che percorriamo. Io lo so già che in questi giorni mi farà arrabbiare. Io lo so già che finiro per sgridarlo mille volte ma so anche che, ad ogni suo sorriso, io sarò felice. Ripartirò con la nostalgia di Tenerife, di lui che è sempre la mia famiglia… pronta ad acquistare un nuovo biglietto per poi dirgli “papà, torno giù. Cosa ti porto?“.
Tutte le foto sono © Giovy Malfiori, salvo diversamente indicato – riproduzione vietata.
Niente… che dirti, amo le finestre sul tuo mondo e il come riesci a farmele vivere con la tua scrittura!
E ora amo anche i pacchi da emigranti!
Un abbraccio gigantesco a te e al tuo splendido papà… così coraggioso!
Che felicità leggere un tuo commento!
Un abbraccio grande a te da Tenerife.