Era un bel po’ – caspita se era un bel po’ – che non mi concedevo un momento di puro stacco. Quando parto, con me c’è sempre un tale quantitativo di attrezzatura collegabile e connettibile da far paura ad un agente segreto in missione per conto di sua maestà. Quando viaggio con me c’è la voglia di raccontare, desiderio che sento forte e che adoro e che, per mia fortuna, da un po’ di tempo è diventato parte del mio lavoro. Sono tornata ieri da una zona dell’Austria che, finalmente, ho conosciuto più a fondo e, questa volta, me la sono goduta in pieno dal punto di vista personale.
C’è una parte di me che non smette mai di esistere e spingere forte dentro alla mia anima per uscire: è quella che ascolta storie, spalanca gli occhi curiosi al mondo, tende le orecchie a lingue diverse e porta le mani sulla tastiera per tradurre tutte le emozioni in parole. Prima o poi. Con i miei tempi, con quella giusta tempistica che – se lo volete – a volte è poco immediata e poco social e resta tanto “old style“. Sono una donna di parole, ogni tanto di immagini, ma resto sempre quella blogger che, prima di tutto, vuole parlare a chi la legge e non a chi la guarda. Forse sono poco al passo coi tempi ma è così. Ed io non me ne vergogno.
Mentre ero in Austria nella mia mente si sono aperti migliaia di cassettini dove ho riposto tantissime cose da dire e da scrivere: itinerari, consigli, luoghi che nemmeno io pensavo esistessero, strade da solcare a piedi chissà quante volte, bontà da gustare e vento da ascoltare. Le ho messe lì per potarle a casa con me, per farle maturare e – soprattutto – per concedermi il tempo di mettere a maggese la mia vita. Anche se solo per una settimana. Maggese è una di quelle parole che ho sempre adorato, anche se fa parte di un ambito che non è mai stato il mio.
Maggese: Terreno agrario tenuto a riposo, o anche opportunamente lavorato, affinché riacquisti la sua fertilità.
Anche le persone necessitano del loro proprio periodo di maggese… e la definizione diventa personale. C’è chi si mette a riposo su un lettino al sole, chi viaggiando fino a devastarsi (sono una ferma sostenitrice della pars distruens e della successiva pars construens), chi cambiando pettinatura. Io ho capito che, in questi tempi, il mio maggese è rappresentato dallo stacco da tutto, dall’ascolto del mondo senza nessun secondo fine lavorativo, dalla messa a tacere di mail e lavoro. Del tentativo – questo giro più che riuscito – di non sentirmi in colpa se non sono presente per gli altri. E con altri, in questo caso, intendo tutto l’ambito del mio lavoro.
Mi ha fatto bene. Mi sono messa a guardare il cielo osservando gli aeri passare. Ho sognato nuove mete, seminato nel mio cuore chissà quanti progetti. Per la prima volta nella mia vita sento questo periodo come una sorta di inizio. E sorrido. Perché la normalità – ce lo dimentichiamo troppo spesso – è pura magia.
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