
Ci sono quei pomeriggio in cui non riesci a mettere assieme i viaggi da raccontare, quelli concretamente da fare e quelli che hai in testa. Ci sono pomeriggi in cui il lavoro sfugge via, quasi volatile, e tu sei lì con i tuoi appunti, con le le consegne da portare a termine, con i lavori da mettere in fila per i giorni successivi e tanti consigli di viaggio da dare in attesa tra posta, commenti, whatsApp e chissà quanti altri aggeggi per comunicare. Ci sono pomeriggi così in cui le dita scorrono da sole sulla tastiera, tu hai caldo ma non te la senti di lamentarti (anche se vorresti) perché la temperatura non è come quella dei giorni scorsi. Il viaggio che vorresti – ora – è un viaggio dentro di te.
Da qualche settimana sto sistemando i primi anni del blog. Dal 2011 ho scritto circa 1400 post, alcuni sicuramente trascurabili ma altri che adoro fin dal primo momento in cui sono usciti dalla mie mani. Raccontavo il mondo in modo diverso negli anni passati e non me ne rammarico. E’ piacevole – e anche soprendente – osservare quanto si cambi di anno in anno, soprattutto nel modo di raccontarsi e di rapportarsi con la vita. Se qualcuno me l’avesse chiesto, io avrei detto che sono la stessa del 2011 ma ho capito che non è così. Mi stranisce sempre osservare il cambiamento di un adulto, soprattutto se quell’adulto sono io. Io che mi vedo sempre uguale eppure sono arrivata alla soglia di un’età che mi spaventa e mi confonde. Il blog è uno dei miei punti fermi e mai l’avrei pensato.
Lo ammetto, ci sono giorni in cui vorrei rendere tutto privato. Vorrei essere l’unica a leggermi, unica spettatrice delle mie giornate, della mia voglia di vedere il mondo, delle mie emozioni e di quei pianti di felicità che ogni tanto mi prendono in giro per il mondo. Vorrei essere l’unica e sola, poter coltivare il mio orto di racconti senza dovermi preoccupare di niente e nessuno. Poi sono la prima a dirmi che tutto ciò non avrebbe senso. Il bello del mondo è la condivisione – il convivium -che non è ricerca del sostegno altrui ma la capacità di rafforzarsi senza ledere nessuno. Diventando semplicemente più forti in modo corretto. Questo mi piacerebbe fosse l’intento delle mie giornate. Questo e qualche viaggio in più dentro me stessa.
Viaggiare dentro se stessi è forse una delle cose più difficili da fare. Quante volte ci raccontiamo bugie sulle nostre vite perché è più semplice e ci provocherebbe meno danni? Il viaggio dentro se stessi prevede una pars distruens prima che ci possa essere una pars construens e questo fa paura. A tutte le età. Oggi è uno di quei giorni in cui sono stanca fisicamente, stanca moralmente e ammetterlo per me non è una lamentela ma un dato di fatto. I social network ci hanno resi, spesso ma non sempre, più vulnerabili a giorni così, momenti in cui si scrive per cercare l’appoggio altrui per poi ritrarsi e dire cose del tipo “non chiedetemi che cosa ho che non lo dico in pubblico“. Quanto odio i momenti così. Se mai dovesse capitarmi di scrivere una cosa così, abbattetemi seduta stante. Please.
Le mie parole di oggi forse hanno poco senso ma vi posso dire che ho passato il pomeriggio a cercare la concentrazione dentro ai miei viaggi passati, ai libri letti, ai film che mi hanno appassionata. Dentro la musica che vi lascerò alla fine del post. Ho cercato un personaggio al quale aggrapparmi, un ricordo per alimentarmi, un momento di sospensione letteraria per capire che ho ancora forza nelle braccia, nelle gambe, nella voce e nella mente. Ho cercato di convincermi che – infondo – anch’io quest’anno farò qualche giorno di vacanza e – sappiatelo – conto le ore che mi separano da quella piccola partenza sempre piena di significato. Ho voglia di chiudere casa, salutate il computer, salutare gli impegni, le scadenze e tutto ciò che mi circonda in questa fine di luglio.
Ho cercato a lungo un rifugio mentale che mi salvasse da questo pomeriggio: l’ho trovato guardando il mio piede destro e quel tatuaggio a forma di felce che mi ricorda un sogno, un obiettivo, un modo di essere: lo sapevate che la felce è praticamente un fossile vivente? E’ una delle forme vegetali più longeve al mondo. Si evoluta, adattata senza mai tradirsi e straniarsi. E così dev’essere anche per me, nel grande viaggio dentro me stessa.
Ora che siete arrivati alla fine del post, ecco la playlist dei miei pomeriggi di scrittura.
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