Ogni volta che voglio iniziare un post con “quel tempo dell’anno“, o frasi simili, parte dentro di me il sonetto 73 di Shakespere e quel “that time of year thou mayst in me behold” che dà l’inizio a cotanta bellezza. Divagazioni letterarie a parte, in questi giorni sono in una di quelle fasi di vita nelle quali farei bene ad entrare in libreria o biblioteca per chiedere “avete mica uno di quei manuali per imparare ad avere quasi 40 anni, vero? Uno di quelli in cui ti spiegano tutto per filo e per segno, come quando entri nell’adolescenza e ti regalano pile di libri sull’argomento“.
Già, perché mi sono resa conto che esistono manuali per ogni cosa: a volte utili e a volte no. Ma non è questo il punto. Esistono manuali che ti seguono quando il tuo corpo cambia, quando metti al mondo un bimbo, quando il tuo bimbo a svariate età e così via. Poi di punto in bianco si cambia registro: arrivi ai manuali di self improvement, arrivi a quelli per quanto ti innamori e per quando ti lasciano. Ci sono poi quelli per metter su casa e poi riparti dal via senza esser passata per la corsia delle vita da adulta, quella che ti costruisci da te e che nessuno ti spiega. Chissà poi perché.
Sono giorni questi (ed ecco che il verso di Shakespeare torna prepotente in me… Bardo, esci da questo corpo!!) in cui mi sto capendo poco sotto molti punti di vista. Metto in discussione tante cose, mi interrogo su altre e – infondo – mi dico che tutto ciò è normale. Ciò che, invece, non lo è, almeno per me, è non trovare le risposte. Avete presente quando siete in piedi e state per appoggiarvi su qualcosa dietro di voi e, improvvisamente, non trovate nulla e cadete come un sacco di patate? Ecco, io sono proprio in una situazione così. Nulla di trascendentale o preoccupante: è solo il tempo che marcia su di me inesorabile e la mia testa non sembra stargli dietro. Mi manca una direzione, o forse solo qualcosa che mi aiuti a seguirla. E quel qualcosa è la mia mamma. Già, fa strano dire “voglio la mamma” a 39 anni, soprattutto da una che me che se n’è uscita di casa relativamente presto con tanto di madre che le preparava gli scatoloni e che ha cambiato l’arredamento della mia ex camera un mese dopo il mio trasloco.
“Torno a casa questo week-end, sai?” e poi mi sentivo rispondere “no, io e papà siamo via“. E poi mi chiedono da chi ho preso. Sono fiera di come sono cresciuta e, ora che ci penso è proprio così, non ho mai sognato una famiglia in stile Mulino Bianco, anche se ogni tanto avrei preferito tornare a casa da scuola e trovare la merenda pronta anziché prepararmela da me. Continuo a divagare, lo so, forse perché mi fa male scrivere che in questi giorni mi sento come l’ago della bussola quando impazzisce. Si muovo in modo frenetico in cerca di quel nord che non riesce a trovare. Ci sono tanti nord nella nostra vita ed è giusto che sia così: il primo nord dobbiamo sempre essere noi stessi e poi arriva tutto il resto. Non è un fatto di egoismo. E’ un fatto di coerenza, praticità e sopravvivenza.
Mi rendo conto solo ora quanto uno dei miei nord migliori sia sempre stata la mia mamma. Ed io mi chiedo di chi potrei essere il nord, verso chi lo sono stata, verso chi lo sarò. Essere il nord di qualcuno significa tante cose: in primis, vuol dire insegnare a quel qualcuno a fare affidamento solo sulla forza delle proprie gambe, anche quando non sembrano reggere e fanno male. Significa camminare da soli a testa alta, sempre consci che basterà aprire la nostra bussola (che in quel momento non impazzirà più) e ritroveremo la nostra direzione. Se c’è un regalo bello da poter fare a chi amiamo, qualsiasi sia la forma di amore che ci lega a qualcuno, è comportarsi come il migliore dei nord. Quello che ti insegna l’indipendenza proprio lasciandoti camminare da solo.
Grazie mamma, sei e sarai sempre uno dei miei nord. Anche ora che non ci sei più.
Quando l’ago della bussola impazzisce, basta solo fermarsi, fare un bel respiro e lasciare che il mondo scorra.
Come mi disse tempo fa una cara amica le risposte sono in noi stessi e che lasciare andare aiuta.
Direi che la direzione l’hai trovata cara Giovy. Un abbraccio e grazie per l’emozione nel leggerti! <3
Grazie Iolanda. Grazie davvero.
La soluzione e le risposte, alla fine, sono sempre dentro di noi. Ma scavare è faticoso, tanto. Un abbraccio!
Scavare è faticoso… ma vuoi mettere la soddisfazione!